Per chi ha maturata una qualche esperienza lavorativa in
una impresa privata o pubblica, sicuramente avrà avuto modo di ascoltare, almeno
una volta, il refrain “si è sempre fatto
così”.
Un ritornello che può assumere, a seconda dei casi, un carattere
di scusante o di rifiuto.
Nel primo caso, ad esempio, ci si appella al “si è sempre fatto così” quando si cerca di
giustificare l’esito non soddisfacente di un operato o di un comportamento.
Nel secondo caso, invece, il refrain, arricchito dalla
domanda “perché cambiare?”, tende a
motivare il rifiuto ad una proposta di cambiamento.
Il nostro Paese, secondo me, con il passare degli anni ha
persa molta della sua vivacità anche perché ci si è rimasti ancorati ad usi e costumi ereditati dal passato.
Il passato è certamente più rassicurante e meno faticoso, il cambiamento, invece,
richiede impegno e spesso stressa per l'incertezza dell'esito finale.
Ad esempio, nel nostro ordinamento giuridico resistono ancora
alcune norme che risalgono al ventennio fascista e non sono più confacenti
al mondo reale di oggi.
Così come il concetto di meritocrazia fatica ad affermarsi
perché il merito da sempre esce sconfitto da parametri diversi come il nepotismo,
il clientelismo, la spintarella.
Potrei continuare nell’esemplificare i molti freni che, con
la connivenza della politica, del sindacalismo e di una certa imprenditoria, hanno
costretta l’Italia al palo in ossequio alla cultura del “si è sempre fatto così”.
Una cultura del pensare e del fare che come una ragnatela intrappola
la nostra vita anche, e non solo, nel quotidiano.
Così, ad esempio, siccome ieri ho dovuto accendere un mutuo con la Banca per fare il pieno di benzina alla mia automobile, vorrei urlare a squarciagola ai nostri governanti ed al mondo intero che mi sono rotto di pagare, su ogni litro di carburante, le accise per:
1. la guerra in Abissinia del 1935
Così, ad esempio, siccome ieri ho dovuto accendere un mutuo con la Banca per fare il pieno di benzina alla mia automobile, vorrei urlare a squarciagola ai nostri governanti ed al mondo intero che mi sono rotto di pagare, su ogni litro di carburante, le accise per:
1. la guerra in Abissinia del 1935
2.
la crisi di Suez del 1956
3.
il disastro del Vajont del 1963
4.
la alluvione di Firenze del 1966
5.
il terremoto del Belice del 1968
6.
il terremoto in Irpinia del 1980
7.
la missione in Libano del 1983
8.
la missione in Bosnia del 1996
9.
il rinnovo del contratto 2004 degli autoferrotranvieri
… e via dicendo fino all’ultima accise “montiana” di 0,082
Euro al litro, per “la crescita, l'equità
e il consolidamento dei conti pubblici” !
Ora, non solo è vergognoso che le accise rappresentino il
52% del prezzo del carburante alla pompa, ma per di più è un autentico doppio ladrocinio
che lo Stato appioppi l’IVA anche sull’importo delle accise !
Ed anche se qualcuno mi ricorderà che “si è sempre fatto così”, da oggi me ne sbatto i santissimi e grido il mio
“bastaaaaaaa!” !
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