martedì 24 luglio 2012

La "disciplina di partito" è anticostituzionale !


Nelle ultime settimane assistiamo, forse più che in altri momenti, al venire a galla delle diversità culturali, ideologiche, politiche, a volte perfino incompatibili tra loro, che pur convivono per opportunismo all'interno dello stesso partito.
Penso, ad esempio, alla bagarre accesasi nel recente Congresso PD, a proposito dello status da riconoscere alle coppie omosessuali.
Oppure alle insofferenze palesatesi nel Pdl alla notizia della ricandidatura come premier di Berlusconi alle prossime elezioni politiche.
Per non dimenticare le difformità di valutazione sul sostegno al Governo Monti delineatesi con chiarezza, sia nel PdL che nel PD, attraverso le dichiarazioni di loro parlamentari.
Dopodiché, per ossequio alla cosiddetta "disciplina di partito", tutti allineati e coperti a votare compatti secondo le indicazioni della segreteria, anche quando si tratta di provvedimenti non condivisi.
E' pur vero che il parlamentare potrebbe sempre astenersi dal voto o votare contro, ma il gesto ne pregiudicherebbe la carriera politica se non anche la ricandidabilità, per cui sono pochi quelli che hanno il coraggio di ricorrervi... rischiando la poltrona.
C'è poi l'indecenza del "voto segreto", la forma più vile alla quale ricorrono i parlamentari per non rivelare, innanzitutto agli elettori, il loro convincimento in merito ad una scelta.
Per quel poco che ricordo dagli studi giovanili, la nostra Costituzione, all'art. 67, precisa che "ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato", vale a dire che è tenuto ad operare esclusivamente rappresentando gli elettori che lo hanno votato.
E qui nasce il primo imbroglio perché, con il "porcellum", l'elettore non dispone più del voto di preferenza e, perciò, di fatto non sceglie il proprio rappresentante ma vota una "lista bloccata", nella quale è stato il segretario di partito a decidere chi inserire e chi escludere.
Con quali criteri il segretario sceglie ?
In un Paese in cui la meritocrazia è latitante non si può certo sperare che sia proprio il merito a guidare la scelta dei candidati.
Così in Parlamento arrivano anche inquisiti e condannati, nani e ballerine, perdigiorno e  menefreghisti. 
Il risultato è che a decidere quello che i parlamentari devono fare e dire sono i soli "capi bastone" che perseguono, quasi sempre, meschini obiettivi di potere imponendo al loro gregge parlamentare di uniformarsi alle loro decisioni.
Perché lo Stato, cioè i cittadini, deve sobbarcarsi, quindi, l'onere di foraggiare greggi parlamentari tanto numerose quanto inutili ed incapaci ?
Da queste prime considerazioni scaturisce il dubbio che le sorti del popolo sovrano, troppo spesso citato a vanvera dai politici, siano affidate ad una orda di soggetti che, all'atto pratico, tradiscano ogni giorno la Costituzione.
Infatti, se, come recita la Costituzione italiana, "ogni membro del Parlamento" esercita le sue funzioni "senza vincolo di mandato", vuol dire che dovrebbe rispondere solo alla sua coscienza ed al suo elettorato dei comportamenti e delle scelte come parlamentare.
La Costituzione, infatti, non prevede, per il parlamentare, alcun dovere di disciplina né verso il partito né verso il segretario né verso gli organi direttivi.
Questa, secondo la nostra Carta, è la forma di democrazia ideata e voluta dai padri costituenti !
Un sistema democratico che non ha nulla a che vedere con l'oligarchia (costituita dai segretari di partito) dalla quale, in realtà, il popolo italiano è governato. 

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