Sarà pure colpa di “caronte” o “minosse” che hanno rovesciato
sull’Italia il caldo africano, sarà pure colpa di Monti che pretende di far
lavorare anche a ferragosto quei poveracci dei parlamentari, già stressati dal
dolce far niente, sarà pure che le beghe interne ai partiti creano nervosismo,
certo è che non era mai capitato di vedere tanti “onorevoli” dare fuori da matti.
Non mi riferisco al solito Cicchitto che, da tempo imprecisato,
si comporta come uno zitellone in andropausa, rilasciando dichiarazioni al
vetriolo su qualsiasi argomento.
E neppure a La Russa, le cui piazzate isteriche, accompagnate
da urla volutamente esagitate per soverchiare le voci degli interlocutori, sono
all’ordine del giorno, come si è ripetuto ancora poche sere fa nel salotto di “porta a porta”.
Mi riferisco, invece, ad Antonio Di Pietro che, da alcuni
mesi, sta facendosi notare per un crescendo di modi, gesti, parole, decisioni,
che appaiono come la spia di un profondo disagio interiore.
Ad onor del vero Di Pietro non è mai stato un personaggio sobrio
e moderato, ed il suo linguaggio di certo non si è mai rifatto ai dettami
dell’Accademia della Crusca.
Da mesi, però, c’è qualcosa che lo affligge al punto da
spingerlo, giorno dopo giorno, a comportarsi in modo sempre più irruente,
litigioso, tracotante, sfascista.
Antonio da Montenero di Bisaccia, con i suoi comportamenti
ha fatto terra bruciata intorno a sé.
L’unico a dargli ancora credito, per proprio tornaconto, è
Vendola.
Quali possono essere le cause di questo intimo malessere
che spinge Di Pietro a dar fuori di testa ?
Sicuramente è impensabile che tutto ciò sia scatenato da
una sola causa.
Alcune cause, però, sono intuibili.
Ad esempio, Di Pietro si deve essere reso conto che la
speranza di potersi presentare alleato del PD, alle prossime elezioni politiche,
si è ridotta al lumicino.
Dopo il rifiuto a fare cartello con il PD nell’appoggio al
Governo Monti, dopo le aspre e reiterate critiche rivolte al PD ed alle sue scelte
politiche, dopo gli insulti al Capo dello Stato, a Monti, alla coalizione PD –
PdL – UDC, il feeling con Bersani è progressivamente venuto meno.
Oltre a ciò, a Di Pietro, di destra e giustizialista, crea
di certo un insopportabile conflitto interiore aver deciso, per chiaro calcolo populistico,
di scendere in piazza con CGIL, di schierarsi
con i “no tav”, di fare comunella con Vendola, esponente della sinistra
massimalista.
Quello, però, che senz’altro lo angoscia maggiormente è il
successo di Beppe Grillo con il quale ha coabitato, fino a due anni fa, nella
scuderia Casaleggio Associati.
Dalla gara, sul terreno della demagogia più dozzinale, che
ha voluto ingaggiare con Grillo, Di Pietro si sta rendendo conto di uscirne
pesantemente sconfitto.
Una ricerca condotta da IPR Marketing ha evidenziato,
infatti, che il 46% dell’elettorato che nel 2008 aveva dato il voto a IdV, alle
recenti amministrative ha voltate le spalle a Di Pietro ed è saltato sul carro
di Grillo.
Ripudiato dal PD e sbaragliato da Grillo, allo sventurato Di Pietro non
resta che aggrapparsi disperatamente a Vendola, non certo per diventare forza
di governo, ma almeno per poter continuare a godere dei privilegi della “Casta”
anche dopo il 2013.
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