Vivendo in una città amministrata per anni da sindaci
leghisti e da giunte Lega-PdL, mi è capitato di chiacchierare con
concittadini imbevuti del verbo bossiano.
Per predisposizione e cultura non sono integralista, il
che mi invoglia ad ascoltare ed osservare i ragionamenti ed i comportamenti degli
altri.
Così ho cercato di cogliere le reali motivazioni che hanno
indotte tante persone, alcune anche raziocinanti ed acculturate, a portare il
loro cervello all’ammasso del pensiero leghista.
Così, giorno dopo giorno, ho scoperte almeno 7 buone
ragioni per le quali non potrò mai abbracciare il “credo leghista”.
1. I leghisti idolatrano il “totem della Padania”, un
feticcio astratto ed immaginario, nato dal mal riuscito tentativo di
scimmiottare realtà quali la “Catalunya”,
il “Pais Vasco”, le “Vlaanderen” (Fiandre), etc., territori contraddistinti
da propri confini geopolitici, da una propria lingua, da comuni tratti
antropologici della popolazione. La Padania
non ha nulla di tutto ciò. Innanzitutto non esistono confini geopolitici che
identifichino un improbabile “territorio
padano”. In secondo luogo Piemontesi, Lombardi, Veneti, Emiliani, etc.
hanno storie, culture, modi di vivere e di pensare molto diversi tra loro, e la
stessa morfologia delle popolazioni originarie è molto differente.
Mi rifiuto, perciò, di considerare anche solo come
probabile qualcosa che non esiste e non potrà mai esistere.
2. Oltre al “totem
della Padania” il credo leghista predica anche la velleitaria “secessione”, visione palesemente anacronistica
ed in deciso contrasto con l’orientamento più avanzato che guarda ad un futuro di
realtà economiche e politiche sovranazionali. Parlare oggi di “secessione” è,
perciò, da ricovero in ospedale
psichiatrico.
3. Le camice verdi credono alla favola di “Alberto da Giussano”, un personaggio di
pura fantasia inventato nel XIV secolo da un frate, Galvano Fiamma, per rappresentarlo
come condottiero della scontro papale contro l’impero. Oltre a diffidare fin da
bambino delle favole, mi verrebbe l’orticaria ad accettare come simbolo un immaginario
eroe, per di più di lotte pontificie.
4. Lo slogan “Roma
ladrona”, invettiva leghista contro lo Stato e le istituzioni, è maleodorante
della peggiore ipocrisia. Infatti, da quando nel 1992 sbarcarono a Roma i primi
80 parlamentari leghisti al grido “siamo
qui per moralizzare il Paese”, la combriccola si è gettata a
capofitto nella gestione del potere, per spartirsi le poltrone, per sistemare i
sodali in posti ben retribuiti, per foraggiare questo o quel compagno di
merende. La realtà è che i leghisti “vennero
per moralizzare ma divennero da moralizzare”.
5. Dopo vent’anni, finalmente, è stato scoperchiato il vero
obiettivo del “furore moralizzatore”
della Lega: l’accaparramento del denaro pubblico da finalizzare ai meschini
interessi privati di Bossi e dei suoi fedeli. Un “furore moralizzatore” che si è materializzato in lingotti d’oro,
diamanti, donazioni di denaro a familiari ed amici, acquisti di fasulle lauree
albanesi, ristrutturazioni domestiche, baccanali, etc.
6. Le decine di scope, apparse un bel giorno in quel di Bergamo
per bonificare la Lega dal diffuso putridume,
si sono rivelate solo fumo negli occhi dei leghisti più grulli.
La “scopata”, evidentemente, non ha
prodotto alcun effetto se il “grande
manigoldo” e la sua gang, domenica scorsa erano ancora tutti ad Assago con
le loro panzane a menare per il naso le camiciole verdi.
7. Infine, quando ripenso a quel Bossi che, tra il ’94 ed il ’99,
definiva Berlusconi “antidemocratico”, “mafioso”, “massone piduista”, “titolare
di una ricchezza ottenuta con oscuri finanziamenti”, ”uomo di Cosa nostra al nord”,
etc., non posso non domandarmi quale patto oscuro ed inconfessabile possa
aver trasformato, per oltre 10 anni, Bossi nel devoto staffiere di Berlusconi.
A fronte di queste 7 argomentazioni non ho trovato un motivo, un solo
motivo valido per diventare anch’io una camicia verde !
4 commenti:
Fantastico
Grazie Roby !!!
forte
forteeeeeeeeeee
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