Le punzecchiature a distanza, con Mario Monti che da
Corea, Giappone e Cina, mentre riceve l’apprezzamento internazionale per il
lavoro svolto, punta il dito contro la politica nostrana, e dall’altra parte Alfano,
Bersani e Casini che cercando di correre ai ripari si fanno scudo con accordi apparenti
su riforme e legge elettorale, potrebbero essere segnali premonitori di preoccupanti
incrinature tra il Governo e la scombinata maggioranza che lo sostiene.
Ad osservare bene, infatti, dietro l’angolo non ci sono
solo le barricate promesse da Bersani & Co. sull’art. 18, ma anche molte materie
che provocano considerevoli mal di pancia ad Alfano & Co.
Per questo, quando Monti, due giorni fa, ha affermato di
non essere disponibile a “tirare a
campare” sicuramente non pensava solo al possibile tiro mancino del PD
sulla riforma del mercato del lavoro.
Nel futuro prossimo dell’attività del Governo, ad esempio,
ci sono ben altri ostacoli da superare.
Ad esempio, ci saranno i provvedimenti anti corruzione che
sono sgradevoli per il PdL.
Il prolungamento dei termini di prescrizione con aggravamento
delle pene per i reati di corruzione, il riconoscimento della corruzione tra
privati come reato, rappresentano proposte del ministro Severino che sono intollerabili
per molti pidiellini, soprattutto per quelli sottoposti ad indagini in
corso da parte della magistratura.
Così come la volontà di non derubricare il reato di
concussione, del quale è accusato Berlusconi nel processo a Milano, è
un rospo indigesto per Alfano, Cicchitto & Co.
Senza dimenticare, poi, i provvedimenti sull’uso delle
intercettazioni o sulla responsabilità civile dei magistrati, temi cari
al PdL ma non graditi al PD.
Per questo, se Monti ha mandato un messaggio forte e
chiaro di non essere disposto a “tirare a
campare”, è perché teme che, secondo i consueti e riprovevoli usi e costumi
della politica italiana, Alfano e Bersani possano concertare intese sotto banco
per barattare appoggi di favore sull’art. 18, sulle norme anti corruzione,
sulla concussione e così via, svuotando di fatto quel processo di
cambiamento e modernizzazione del Paese che è l’obiettivo primo del Governo
Monti.
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