sabato 11 giugno 2016

Dopo il lanciafiamme … l’atomica

In questi giorni mi sembrano semplicemente patetiche le reazioni di Bersani e Cuperlo, solo per citarne due, alla minaccia del lanciafiamme che Renzi, questa volta in veste di segretario del PD, ha rivolta ai suoi compagni di partito.
Non è certamente questa la prima, e di certo non sarà l’ultima manifestazione di bullismo che Matteo Renzi esibisce tutte le volte che si trova di fronte a difficoltà e responsabilità che è incapace di affrontare e gestire con il confronto.
Eppure quei nobiluomini, rappresentanti della cosiddetta minoranza DEM, fino ad oggi hanno sempre fatto finta di nulla, sottomettendosi di continuo a votare anche provvedimenti insensati che facevano a pugni con la loro fede politica e con i loro principi.
Alcuni, molto pochi a dire il vero, si sono ribellati ai soprusi del segretario PD e, con risolutezza, hanno deciso di uscire da quel partito che non riuscivano più a vivere come loro.
Bersani, Cuperlo, Speranza & company, invece, hanno preferito continuare a subire ogni sopraffazione ed a prostituire il loro credo per disciplina di partito, così almeno hanno sempre giustificata la loro sottomissione.
La verità è che proprio sulla sottomissione degli inetti i dispotismi sono riusciti sempre a costruire il loro potere.
Oggi, però, se i ballottaggi amministrativi dovessero confermare la preannunciata batosta per il partito democratico, è prevedibile che in direzione del PD si giungerà ad una inevitabile resa dei conti, con o senza lanciafiamme.
La tracotante boria di Matteo Renzi non gli consentirà mai di ammettere le sue indubbie responsabilità per i deludenti risultati del partito di cui lui è il potente segretario.
Di certo non vorrà sentirsi responsabilizzare per l’innaturale lingua in bocca con Denis Verdini che ha schifati ed indisposti molti militanti, né per l’incomprensibile aiuto dato alle banche a scapito dei piccoli risparmiatori, né per i troppi roboanti annunci trasformatisi in bufale.
Non bisogna essere chiaroveggenti per immaginare che la tattica renziana, perciò, sarà quella di addossare la colpa del tracollo PD alla minoranza DEM.
Ed allora come si comporteranno i vari Bersani, Cuperlo, Speranza & company ?
Metteranno ancora una volta la coda tra le gambe per uscire dall’incontro becchi e bastonati, oppure dimostreranno un sussulto di orgoglio e si ribelleranno uscendo dal partito ?
D’altra parte essendo minoranza nella direzione PD non hanno alcuna speranza che una loro eventuale mozione di sfiducia nei confronti del segretario possa essere approvata con il voto.
Già, è tutto vero però a tormentarli permane un dubbio: se uscissero dal partito quale sarebbe il loro futuro di parlamentari lautamente rimunerati? 

mercoledì 8 giugno 2016

Di ventennio in ventennio

Se durante il fascismo l’EIAR, con la radio avesse avuta anche la televisione, gli italiani d’allora  avrebbero assistito a quanto più o meno sta accadendo oggi sotto l’egemonia del ducetto di Rignano sull’Arno.
Qualcuno potrebbe obiettare che già sotto la dominazione berlusconiana la RAI si era assoggettata senza fiatare all’editto bulgaro ed aveva epurati dagli schermi TV personaggi sgraditi al regime come Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi.
Osservazione inoppugnabile che non fa altro che confermare, però, come tra berlusconismo e renzismo non ci sia soluzione di continuità.
Anzi, parafrasando la celebre frase mussoliniana “è l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende”, oggi si potrebbe dire: è Berlusconi che ha tracciata la strada al totalitarismo ma è Renzi che la sta percorrendo.
Un regime renziano, in work in progress, che non tralascia nulla pur di non sfigurare di fronte agli autoritarismi più infidi ed odiosi.
Il lavoro sporco, ad esempio, viene portato avanti alla chetichella da individui subdoli e meschini per far sì che il ducetto non compaia mai come autore o mandante delle nefandezze.
Un caso ?
Nicola Porro, giornalista e conduttore televisivo licenziato dalla RAI perché inviso al regime, nell’ultima puntata del suo programma “Virus, il contagio delle idee”, dal 2013 in onda su RAI 2, ha ospitato, o ha dovuto ospitare, il premier Matteo Renzi che con la sua presenza voleva dare ad intendere, agli allocchi, di non essere lui il mandante della defenestrazione di Porro.
Non mi meraviglierei se, nelle settimane precedenti, Porro sia stato sommerso da tweet renziani con l’hashtag #Nicolastaisereno, come accadde ad Enrico Letta prima di essere pugnalato alla schiena.
Come in ogni regime dispotico anche in quello renziano non manca il guitto che, mandati in soffitta frizzi e lazzi, si dedica anima e core a far gioire il potente di turno.
Sta accadendo in questi giorni con Roberto Benigni da Castiglion Fiorentino.
Inaspettatamente voltagabbana ed opportunista, Benigni ha sotterrata la sua verve caustica ed irriverente per chinarsi alle fregole di Matteo Renzi e dei suoi reggicoda che vogliono sfregiare la Costituzione.
Era il 2012 quando Benigni, dagli schermi televisivi di RAI 1, con un monologo seguito da 12 milioni di italiani ricordava loro quanto fossero fortunati ad avere la Costituzione “La più bella del mondo”.
Quel monologo di successo, nuovamente mandato in onda dalla RAI lo scorso 2 giugno per i 70 anni della Carta Costituzionale, è stato preceduto questa volta da una intervista e da un costosissimo prologo di 6 minuti dello stesso Benigni (NdR: per il quale la RAI ha sborsati circa 200.000 euro !), utilizzati dal comico fiorentino per far sapere che lui voterà “SI” al referendum di ottobre per confermare la oscena riforma costituzionale del Senato.
Benigni, naturalmente, si è guardato bene dal motivare perché oggi sia passato dalla parte di chi intende stuprare “La più bella del mondo”.
Eppure ricordo bene che, quando furoreggiava Berlusconi, lui era tra i più implacabili ed instancabili nel tuonare contro possibili tentativi berlusconiani di cambiare la Costituzione.
Possibile che Benigni scopra improvvisamente che la Costituzione, da lui celebrata come “La più bella del mondo”, sia diventata così antiquata e malridotta da dover essere sottoposta ad un lifting che la sfiguri ?
E questo solo per far piacere a Matteo Renzi ?
Suvvia Benigni, anche se lei è solo un guitto dia prova di un po’ di coerenza e di onestà intellettuale !

giovedì 2 giugno 2016

A Napoli direbbero: cornuti e mazziati !

Ricordo che quando ero bambino mi attiravano molto quei personaggi che nei mercati rionali, issati su traballanti sgabelli ed armati di megafono, si sgolavano nel decantare i prodigiosi effetti di un intruglio contro la caduta dei capelli o di una pozione per assicurarsi l’eterna giovinezza.
Erano semplici venditori che con arguzie e storielle iperboliche si approfittavano della dabbenaggine degli astanti per rifilare, ai più creduloni, lozioni, creme ed unguenti assolutamente inefficaci.
Oggi li qualificheremmo pomposamente “marketing man” o “sales account”, allora li definivano più semplicemente imbonitori o ciarlatani.
Una volta scomparsi quei ruspanti, e tutto sommato innocui ciarlatani, abbiamo avuto modo, per alcuni decenni,  di incontrare nei mercatini un’altra genia di venditori di fumo, i politici che, alla vigilia delle elezioni, montati su palchi improvvisati tenevano i loro comizi per turlupinare gli astanti con roboanti ma inverosimili promesse.
Alle piazze reali, però, da anni sono subentrate le piazze virtuali, televisione, internet, social media, etc., ma gli imbonitori continuano ad imperversare in ogni dove, soprattutto nei palazzi del potere e nelle assemblee parlamentari.
Da bambino, assistendo alle performance di quei ciarlatani nel mercatino sotto casa, ero incantato da quelle facce di latta che si esibivano davanti alla gente.
Più tardi mi sono reso conto che, per infinocchiare con storielle e fregnacce i grulli che li stavano ad ascoltare, bisognava essere già nati con la faccia di latta e con la inclinazione ad abbindolare il prossimo.
Ecco perché ogniqualvolta un politico si esibisce con panzane, slogan e bla bla bla, per infinocchiare i cittadini io penso che sia già nato ciarlatano prima di diventare politico.
Me ne convinco sempre più da qualche tempo a questa parte, da quando, cioè, a Palazzo Chigi sono approdati premier che sembrano avere come principale loro intendimento quello di intorpidire i cervelli degli italiani mitragliando slogan a gogò.
Senza dubbio Berlusconi è stato per molti anni l’archetipo del premier ciarlatano, fino a lasciare Palazzo Chigi, nel 2011 con il Paese afflitto da una crisi lancinante, dopo aver pronunciato il famoso: “Crisi da noi? Ma se i ristoranti sono pieni e si fatica a prenotare un posto sugli aerei !”.
Matteo Renzi, che per molti versi scimmiotta il suo precettore Berlusconi, non vuole essergli da meno e, con un tweet dopo l’altro, spara slogan ad effetto che fanno presa anche e soprattutto sugli orfani berlusconiani.
Così, mentre in Italia la povertà dilaga e l’ISTAT indica nel 6% il peso delle famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta, e nel 10% quello delle famiglie in povertà relativa, Renzi lancia il suo slogan: “Anche i poveri devono sorridere !”.
Se questa non è una presa per i fondelli !
Ma la vera e propria presa per i fondelli la sta subendo, in questi giorni, quel 1.400.000 lavoratori dai quali una circolare ministeriale pretende la restituzione dei famosissimi 80 euro mensili che Renzi aveva dispensati come bonus propagandistico alla vigilia delle elezioni europee.
Incredibile ma vero !
Infatti coloro che avevano percepiti gli 80 euro perché percettori di un salario lordo inferiore ai 25.000 euro, avendo superata tale soglia, magari per aver prestata qualche ora di lavoro straordinario, dovranno restituire in una unica botta 960 euro.
Ma ancora più perfido è lo scherzo da prete che Renzi ha fatto a quei circa 400.000 lavoratori che, invece, avevano percepiti gli 80 euro perché il loro salario lordo superava la soglia di 8.000 euro.
In questo caso, infatti, se il loro salario lordo è risultato inferiore nei dodici mesi agli 8.000 euro dovranno restituire i 960 euro in una unica soluzione.
A Napoli direbbero: cornuti e mazziati.