mercoledì 31 luglio 2013

Riflettori e ... vodka parlando di Italia

Confesso che ieri mattina il vedere così tanti cronisti e telecamere, da tutto il mondo, accampati davanti alla Corte di Cassazione, mi ha un po' rattristato.
Erano lì, a grondare sudore sotto il caldo sole romano, nell'attesa che dal palazzo filtrassero indiscrezioni sull'andamento del processo Mediaset.
Sono vent'anni ormai che i riflettori si accendono sul nostro Paese, con ossessiva curiosità, ogniqualvolta siano in ballo le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi.
Possibile che l'Italia non abbia da proporre eventi culturali, occasioni museali, contesti ludici, scenografie naturali, etc. in grado di richiamare l'attenzione per distoglierla dalle aule dei tribunali nelle quali protagonista è Berlusconi ?
Neppure i processi sulle stragi, od il maxiprocesso contro la mafia, ad esempio, contavano su uno schieramento così massiccio di giornalisti e televisioni provenienti da ogni continente.
Eppure, una ragione ci dovrà pur essere !
Una risposta, forse la risposta, me l'ha data Andrei, un amico russo giornalista e fotoreporter che ama il nostro Paese ed appena può viene da queste parti a godersi qualche giorno di vacanza.
"Italia siete anomaly dentro occidente democrazie !"
Così, nel suo eloquio, misto di inglese, italiano e, per fortuna pochissimo russo, mi ha sciorinato i perché, ai suoi occhi, il nostro Paese costituirebbe una anomalia tra i paesi occidentali.
Andrei sostiene, ad esempio, che saremmo ottenebrati a tal punto dal clima, dal sole, dal mare e dai mille splendori artistici e paesaggistici, da non renderci conto di quello che accade intorno a noi.
Per questo, cullandoci nella "sweetness" (Andrei è innamorato di Fellini e de "La dolce vita"), non ci saremmo resi conto che negli ultimi venti anni, il mondo ha riso alle nostre spalle per le figuracce che Berlusconi andava facendo in giro per il pianeta.
Naturalmente non potevo tacere e, ribellandomi a questa sua affermazione, gli ho ricordato che noi viviamo in una democrazia e Berlusconi è stato eletto democraticamente dal popolo.
Non l'avessi mai detto !
Mi sarei reso conto ben presto che aggrapparmi alla democrazia era stato un errore.
Infatti, a sentire la parola democrazia Andrei è scoppiato in una fragorosa risata.
"Democracy ? Your democracy is a comic !"
E per dar forza a questa sua asserzione mi ha ricordato, ridacchiando, che Berlusconi ha privilegiati i suoi forti legami di amicizia proprio con i peggiori despoti, da Putin a Mubarak, da Gheddafi a Nazarbayev.
Per Andrei, Berlusconi si comporta esattamente come loro, da despota che non accetta di essere giudicato per i "wrongdoings" (malefatte) che commette, mentre gli italiani si godono la "sweetness", non si ribellano e non lo cacciano. 
Bell'amico Andrei, continuare a gettare sale sulle ferite !
"Your democracy is a comic !", ha ripetuto affermando che è ridicola, secondo lui, una democrazia in cui milioni di italiani eleggono per vent'anni un individuo che li ha "mocked" (presi per i fondelli) con promesse mai mantenute, tollerando che lui ed i suoi subalterni dettino legge dappertutto.
Corroborato dai bicchierini di vodka martini, Andrei avrebbe proseguito per ore a dimostrarmi che sono un illuso democratico, oramai irrecuperabile, ma ero allo stremo ed ho cercata una scusa per concludere la chiacchierata.
Ripensandoci, però, Andrei non aveva tutti i torti !

sabato 27 luglio 2013

Un Partito Democratico ... berlusconizzato

Come sembrano lontani i giorni in cui un Bersani, dopato dai sondaggi, si presentava in TV per affermare che lui avrebbe smacchiato il giaguaro.
La smacchiatura del giaguaro era diventato il tormentone della campagna elettorale ed aveva illusi oltre otto milioni e mezzo di elettori, convinti per davvero che Pier Luigi Bersani, con quel suo fare da curato di campagna più che da segretario di partito, sarebbe riuscito a vincere le elezioni. 
Poi è arrivato il 25 febbraio: doccia gelata del responso elettorale, molte settimane buttate via nel tragicomico tentativo bersaniano di civettare con i grillini, disfatte disastrose nel cercare di mandare al Quirinale Franco Marini, prima, e Romano Prodi, dopo.
Così alla fine il parroco di campagna è stato costretto a ritirarsi, con le pive nel sacco, in sagrestia, pardon in via del Nazareno.
La sfilza di brutte figure, inanellata da Bersani, ha finito per logorare il PD, che pure era stato il partito più votato alle elezioni politiche, al punto tale da farlo diventare ostaggio di Berlusconi e del PdL.
Infatti, è stato Berlusconi, con il beneplacito di Giorgio Napolitano, a decidere che a capo del governo ci fosse Enrico Letta, e non Matteo Renzi, con la condiscendenza del PD.
E' stato Berlusconi ad imporre come vicepremier Angelino Alfano ed a pretendere per lui il ministero dell'interno, con il silenzio assenso del PD.
Enrico Letta ed Angelino Alfano, una coppia di ex rampolli democristiani, nati e cresciuti politicamente all'ombra dello scudo crociato.  
Scelte che il PD non ha avuta la forza di contrastare, senza comprendere che, da quel momento, sarebbe iniziata la berlusconizzazione del governo e, di riflesso, del PD.
La calata di braghe, del PD, con il voto a favore della sospensione dei lavori parlamentari, voluta dal PdL in segno di protesta contro la Corte di Cassazione, è stata la più cristallina evidenza della berlusconizzazione del PD.
Come è innegabile che a dettare l'agenda di governo e ad imporre la linea politica sia il PdL, mentre il PD assiste inerme, lacerato da contrasti interni e sempre più lontano dagli umori della sua base di militanti ed elettori.
Lo stesso Enrico Letta sta reggendo il gioco al PdL.
Far trascorrere giorni e settimane in attesa che la Corte di Cassazione, il 30 luglio, si pronunci sul destino di Berlusconi.
Eppure il Governo Letta, almeno nelle attese degli italiani, avrebbe dovuto partire lancia in resta per affrontare le emergenze della crisi economica.
Invece, dopo tre mesi dal suo insediamento, il governo continua a dimostrarsi distratto ed inconcludente nei riguardi dei problemi reali del Paese.
Ma non è solo il governo a sembrare indifferente alle difficoltà del Paese, anche il PD si mostra assente ed impotente, incapace di puntare i piedi perché almeno uno dei temi economici del suo programma, enunciato in campagna elettorale, finisca sul tavolo del governo.
La subordinazione del PD al PdL assomiglia, ogni giorno di più, ad una omologazione.
Per questo non c'è da sorprendersi se perfino Stefano Fassina, viceministro dell'economia ed esponente di primo piano della segreteria nazionale PD, si avventura nell'imitare Berlusconi giustificando l'evasione fiscale che etichetta come ineluttabile per la "sopravvivenza".
Per lui non sono mancati, ovvio, gli applausi di Brunetta & Co.
Si accettano scommesse, a questo punto, su quella che sarà la prossima berlusconata del PD.

venerdì 26 luglio 2013

Quante balle sull'IMU

A proposito di "imbarbarimento della vita politica", denunciato giorni fa da Giorgio Napolitano, vorrei iniziare questo post gridando, con quanto fiato ho in gola, VERGOGNA in faccia a quei parlamentari che ieri notte, nel corso della seduta maratona alla Camera, hanno deriso il deputato di M5S, Matteo Dall'Osso che, durante il suo intervento si è impappinato nel leggere alcuni passaggi.
Vergognoso ed ignobile il comportamento dei parlamentari che hanno dileggiato, per quei momenti di défaillance, il loro collega malato di sclerosi multipla.
Anche se, in seguito, alcuni di loro si sono ravveduti e scusati con Dall'Osso, l'aula parlamentare è stata ancora una volta oltraggiata da atteggiamenti inqualificabili.
Personalmente me ne infischio di conoscere a quale forza politica appartenessero questi spregevoli rappresentanti del popolo italiano.
Per me sono individui rozzi ed insensibili che meriterebbero quanto meno di essere radiati da ogni sede istituzionale.

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Voltiamo questa indegna pagina di vita parlamentare, e dedichiamoci alle fandonie che si continuano a raccontare sull'IMU, un tema sul quale il Governo Letta è impantanato da mesi.
In realtà, è Renato Brunetta a condurre la crociata, favoleggiando che la cancellazione dell'IMU sarebbe fondamentale per il rilancio dei consumi e, quindi, per il superamento della crisi economica.
Non sono un cattedratico di economia e finanza, per cui non posso competere con l'esimio professor Brunetta, ma da normale cittadino, dotato di medie capacità intellettive, riesco a leggere ed interpretare dati ed indicatori che chiunque, anche Brunetta, può rilevare dal sito ISTAT.
Ho imparato la lezione dalla "massaia di Voghera", l'archetipo del cittadino comune, citato a ogni piè sospinto dai soloni del marketing.
Or dunque, l'ISTAT indica in circa 17,8 milioni i contribuenti che nel 2012 hanno pagata l'IMU, sull'abitazione principale, facendo confluire, nelle casse dello Stato, 4 miliardi di euro, comprensivi delle manovre comunali.
Fin qui nulla di particolarmente nuovo.
Se però, ci soffermiamo sui dati ISTAT che prendono in esame i versamenti IMU in funzione dell'ammontare degli importi versati, ecco che la correlazione tra cancellazione dell'IMU, sull'abitazione principale, e ripresa dei consumi, cioè la favola che il "puffo economicus" continua a propinarci, vacilla fino ad apparire ridicola.
Difatti, secondo l'ISTAT sarebbero 3,2 milioni i contribuenti che hanno pagato meno di € 50, altri 3,2 milioni i contribuenti che hanno corrisposto tra € 50 e € 100, ulteriori 2,6 milioni con versamenti tra € 100 ed € 150, ed infine 4,6 milioni che hanno pagato tra € 150 e € 300.
Supportato da una piccola calcolatrice ho calcolato che sarebbero ben 13,6 milioni su 17,8, i contribuenti che, con la cancellazione dell'IMU, risparmierebbero meno di € 300.
Forse pecco di fantasia ma trovo strampalato immaginare come 13,6 milioni di nuclei familiari, per il solo fatto di aver risparmiati gruzzoletti così esigui, possano precipitarsi in negozi e supermercati per gasare i loro acquisti e diventare artefici del "brunettiano" rilancio dei consumi.
Già, mi si potrà obiettare, ma c'è anche chi risparmierebbe di più, e potrebbero essere proprio loro ad affollare negozi e supermercati.
Touchè !
Riprendo, perciò, la posizione di "in guardia" e ricomincio a navigare nel sito ISTAT.
Clic dopo clic finisco per imbattermi nella suddivisione dei versamenti IMU per classi di reddito dei contribuenti.
Scopro, così, che, tra i contribuenti che hanno pagata l'IMU, solo 570.000 soggetti nel 2012 avevano un reddito "dichiarato" superiore a € 75.000 !
Penso: almeno loro saranno stati così vessati dall'IMU da poter trarre vantaggi enormi, dalla sua cancellazione.
Invece no !
Questi 570.000 contribuenti hanno pagato, sull'abitazione principale, importi medi compresi tra € 455 ed € 629 !
A questo punto mi chiedo: è credibile che soggetti con un reddito "dichiarato" superiore a € 75.000 siano stati costretti a modificare e frenare i loro consumi solo per aver pagata l'IMU ?
Evidentemente no !
Quindi è una balla colossale sbraitare ai quattro venti che cancellando l'IMU si rilancino i consumi.  
Sarebbe più sensato pensare di rilanciare i consumi utilizzando i 4 miliardi dell'IMU per ridurre il carico fiscale sulle buste paga di operai, impiegati e sulle pensioni da fame.
Sull'IMU, però, è in corso una meschina speculazione del PdL e, purtroppo, Enrico Letta, ostaggio da mesi della brigata berlusconiana, non sa che pesci pigliare.

martedì 23 luglio 2013

Immorale non è solo il finanziamento pubblico

Sarà effetto dell’anticiclone delle Azzorre, arrivato all'improvviso, a rendermi così irritabile, oppure la crisi congiunturale, che da troppi mesi mette a dura prova la nostra esistenza, certo è che sono incapace di tollerare gli indegni rigurgiti con cui, in queste ore, parlamentari di PD e PdL, vorrebbero mettere i bastoni tra le ruote del DDL per l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti.
Sarà forse perché sono uno dei 32.301.556 italiani che il 18 aprile 1993 aveva deposto nell’urna il proprio voto per abolire il finanziamento pubblico.
O forse perché, da vent’anni, come gli altri 32 milioni di italiani, mi sento preso per i fondelli e truffato dall’accozzaglia di politici cialtroni e disonesti.
Una presa per i fondelli che prosegue, anche oggi, dopo l’ultima campagna elettorale nella quale, ad esempio, Berlusconi, partecipando alla trasmissione Iceberg di Telelombardia, aveva asserito: “Abbiamo preparato un patto che tutti i nostri candidati firmeranno: in primo luogo dovranno impegnarsi a votare l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti”.
Che fine ha fatto il patto se tra i più accaniti oppositori della abrogazione ci sono proprio parlamentari del PdL ?
Era la solita balla preelettorale di Berlusconi ?
Comunque, non voglio avvelenarmi la giornata, per cui non rifarò la storia di come la cricca di politici truffatori sia riuscita ad aumentare da 47 milioni di euro, del 1994, a 502 milioni, del 2008, il denaro arraffato dalle casse dello Stato, e quindi dalle tasche di tutti noi.
Sull’onda dell’indignazione di queste ore, però, vorrei soffermarmi, invece, su un’altra oscenità che conferma immoralità ed indecenza di questa casta politica.
Un lavoratore dipendente, sia esso un operaio, un impiegato od un dirigente, percepisce un salario, od uno stipendio, in cambio di una prestazione che lo impegna a dedicare il suo tempo lavorativo all’impresa dalla quale dipende.
Può assentarsi dal posto di lavoro per ferie, malattia, permesso o missione, ma deve sempre renderne conto al datore di lavoro per non incorrere in provvedimenti disciplinari od in decurtazioni della retribuzione.
Ora ritengo che anche il parlamentare, nel momento in cui è eletto, diventi di fatto “dipendente”, in primis dei suoi elettori, e poi dello Stato che gli corrisponde compensi, diarie ed ammennicoli vari.
Sarebbe logico attendersi, perciò, dal parlamentare un’assidua presenza e partecipazione ai lavori delle Camere, delle Commissioni, ai dibattiti, alle votazioni, e così via.
Già … sarebbe logico, ma purtroppo le cose vanno diversamente !
Curiosando, ad esempio, tra i fatti della XVI legislatura, iniziata il 29 aprile 2008 e conclusasi il 22 dicembre 2012, c’è da rodersi il fegato.
Ricordo che si tratta di individui che, nei 56 mesi della legislatura, hanno percepito dallo Stato:
  1. Indennità parlamentare: € 5.486,58 netti mensili;
  2. Diaria: € 3.503,11 mensili;
  3. Rimborso spese per il rapporto eletto-elettori: € 3.690 mensili;
  4. Tessera libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea sul territorio nazionale;
  5. Spese telefoniche: € 3.098,74 annui.
Ebbene, per non soffrire da solo cercherò di rovinare la giornata anche a chi legge, riportando alcuni casi di assenteismo registrati nella XVI legislatura.
 
Antonio Gaglione (deputato PD) – assenteista al 91,7% (*), si è giustificato sostenendo che l’attività parlamentare è “una violenza contro la persona, lesiva della dignità personale, stare in Parlamento è un lavoro frustrante, una perdita di tempo”.
Niccolò Ghedini (deputato PdL) – assenteista al 81,2% (*).
Denis Verdini (deputato PdL) – assenteista al 75,9% (*).
PierLuigi Bersani (deputato PD) – assenteista al 72,3% (*).
Maria Grazia Siliquini (deputato PdL) – assenteista al 67,3% (*).
Giovanni Pistorio (senatore MpA) – assenteista al 65,3% (*).
Domenico Nania (senatore PdL) – assenteista al 64,5% (*).
Emma Bonino (senatrice PD) – assenteista al 60,8% (*).
Sergio Zavoli (senatore PD) – assenteista al 56,2% (*)
Massimo D’Alema (deputato PD) – assenteista al 40,1% (*).
 
Che ne sarebbe, in una azienda, di un operaio, un impiegato od anche un dirigente con questo livello di assenteismo ?
Potrei proseguire, ma sono colto da un senso di disgusto.
Credo, però, che siano sufficienti già questi dieci esempi per dare un’idea di quanto diffusa sia la mancanza di rispetto per il mandato che noi elettori affidiamo loro.
Possibile che, di fronte a questo scempio, ci sia ancora chi, a cominciare da Giorgio Napolitano, non comprenda perché gli italiani nutrano convinti sentimenti di antipolitica?
(*) Dati di assenteismo misurati e resi pubblici da Openpolis.

lunedì 22 luglio 2013

Brunetta non sa far di conto

Perplessità sulle competenze economiche e finanziarie dell’esimio cattedratico, Renato Brunetta, già si erano fatta strada ascoltando alcune sue balzane teorie sul come uscire dalla attuale crisi congiunturale.
L’attendibilità di questo eminente cattedratico, proclamato “puffo economicus” del PdL, lascia molto a desiderare, anche perché è sua abitudine sparare dichiarazioni ad effetto, prontamente smentite dai fatti.
Ad esempio, in campagna elettorale buttò là che la restituzione dell’IMU 2012 sarebbe stata realizzata, in poche settimane, con il denaro ricavato dalla tassazione dei capitali italiani esportati in Svizzera, ma subito fu smentito dalle autorità elvetiche che negarono, perfino, che tra Svizzera ed Italia ci fosse un accordo in materia.
È noto, però, che in campagna elettorale i politici fanno a gara per promettere la luna nel pozzo, ed il “puffo economicus” con il suo padrone Berlusconi si esaltano nel fare i cacciaballe, convinti come sono che gli italiani siano tutti grulli e dimentichino ogni cosa.
Sull’attendibilità, però, dell’illustre cattedratico da ieri incombe anche il dubbio che non sappia neppure far di conto.
Difatti, in un’intervista rilasciata al quotidiano Avvenire, Brunetta ha dichiarato: “Tra il PD ed il PdL c’è stato uno scarto di voti pari allo 0,3%. Invece il PD ha quasi il doppio di ministri rispetto a noi. Serve un riequilibrio.”
Auguriamoci che, ad indurre il “puffo economicus” a dire questa stupidaggine, sia stato il suo maldestro uso di un antico abaco a manovella di fine ‘700.
Considerando una corbelleria quell’asserzione, e poiché a scuola mi hanno insegnato che la matematica non è una opinione, sono corso al pallottoliere ed ho avuta conferma che tra 8.644.523 (voti del PD) e 7.332.972 (voti del PdL) c’è una differenza di 1.311.551, con  uno scarto, cioè, del 15,2% e non dello 0,3% di cui farnetica il cattedratico Brunetta.
Perciò, poiché della compagine governativa fanno parte PD, PdL e Scelta Civica (con i suoi 3.591.607 voti) il supposto “riequilibrio”, preteso dall’esimio professor Brunetta, sarebbe un’altra balla.
Qualora poi, dopo essersi fatto passare per economista di chiara fama, il “puffo economicus” voglia candidarsi anche come distributore automatico di ministeri, allora, indossi i panni del meticoloso computista ed attribuisca il 45% dei dicasteri al PD, il 37% al PdL ed il 18% a Scelta Civica.
Potrebbe darsi, però, che nella spartizione un ministro-donna valga come 1,5 ministro-uomo, e che Alfano, invece, conti solo mezzo ministro per le fandonie che ha propinato sul “pasticciaccio kazako”.
Sarebbero cavolacci di Brunetta, comunque, dispensare ministri e sottosegretari con il bilancino.  
A questo punto, però, smetto di scherzare e m’incazzo.
Porcaccia miseria! Mentre il Paese è alla deriva e gli italiani sono in ginocchio, è mai possibile che questi politici cialtroni si preoccupino sempre e solo di spartirsi le poltrone ?

domenica 21 luglio 2013

Oltre le ideologie per innovare il lavoro

Febbraio 1984, nel corso di un animato consiglio di amministrazione di un’azienda produttrice di componentistica elettronica, fu decisa la chiusura di uno stabilimento produttivo, in provincia di Pavia, al fine di trasferire impianti e produzioni a Milano.
L’unico voto contrario fu quello dell’amministratore delegato che chiese ed ottenne, tuttavia, il rinvio di un mese della decisione definitiva per poter prima esplorare eventuali altre soluzioni.
L’unità produttiva pavese occupava solo 54 operatrici, tutte persone del posto con buona e pluriennale esperienza.
L’unità era localizzata, però, in una zona che non offriva alternative occupazionali, per cui le lettere di licenziamento avrebbero inciso su un tessuto sociale difficile, provocando tensioni in quel paesino di circa 1.000 abitanti.
L’intento, dunque, doveva essere salvare sì i 54 posti di lavoro, ma ottenere anche la significativa riduzione di costo, per unità di prodotto, richiesta dal consiglio di amministrazione.
Entrambi gli obiettivi furono conseguiti con successo, grazie ad un accordo siglato da un sindacalista locale, dell’allora FLM, contro il parere del sindacato provinciale e regionale.
L’accordo, ispirato al principio del “lavorare meno lavorare tutti”, tra le altre pattuizioni, prevedeva il ricorso al part time per la prima volta in Italia .
Infatti, solo dopo dieci mesi sarebbe entrata in vigore la legge 863, del 19 dicembre 1984, che introduceva e disciplinava il lavoro part time.
Creò sconcerto constatare che ad  opporre resistenze e critiche all’accordo non furono  le lavoratrici, che anzi lo condivisero senza un’ora di sciopero e senza occupazione della fabbrica, bensì le associazioni industriali ed i sindacati, ostinatamente arroccati sui loro tabù ideologici e contrapposti.
Alla fine, comunque, l’accordo divenne operativo, le 54 lavoratrici conservarono il loro posto di lavoro e l’azienda ottenne benefici economici superiori alle attese.
Dopo trenta anni il ricordo di questa esperienza è riaffiorato nel venire a conoscenza di quanto accade a Marghera, in Fincantieri, ed a Sedico, Belluno, in Joint & Welding.
A Marghera, dopo sette mesi ininterrotti di cassa integrazione, Fincantieri ha ottenuta la commessa di una nave che, però, dovrà essere ultimata e consegnata inderogabilmente entro il 2015 alla società armatrice finlandese, Viking Line.
Poiché il mancato rispetto dei tempi di consegna, oltre alle penali, comporterebbe il rischio di perdere  una successiva commessa di altre due navi, Fincantieri ha dovuto richiedere ai sindacati di rinegoziare gli orari di lavoro, ad esempio per posticipare a fine turno la pausa mensa e per ricorrere, nei momenti di picco, a turni di lavoro ordinario anche nelle giornate di sabato.
I tre sindacati confederali, rifiutata la proposta aziendale, hanno proclamato lo stato di agitazione, entrando così in rotta di collisione con i lavoratori che, temendo il ritorno in cassa integrazione, hanno formalizzata in un documento la loro volontà di aderire alle richieste dell’azienda.
Poiché da anni il settore della cantieristica navale, non solo europea, attraversa uno stato di grave sofferenza, appare anacronistico e stolto che i sindacati si trincerino dietro preclusioni ideologiche, correndo il rischio di sottrarre opportunità occupazionali a quei lavoratori che hanno già pagati, a caro prezzo, gli effetti della crisi.
È probabile, perciò, che, da questo braccio di ferro i sindacati non solo ne escano perdenti, ma finiscano per minare la loro rappresentatività ed autorevolezza nel caso di future negoziazioni.
Presso la Joint & Welding, invece, la spaccatura tra lavoratori e sindacato è già un dato di fatto.
I dipendenti della Joint & Welding, infatti, per evitare che la difficile situazione economica dell’azienda si traducesse per loro in cassa integrazione, prima, ed in eventuale perdita del posto di lavoro, poi, hanno deciso, contro il parere del sindacato,  di accettare, a parità di salario, il prolungamento di mezz’ora del loro orario di lavoro.
È sconsolante dover prendere atto che, dopo trent’anni, il tema del lavoro rimane ancora terreno impregnato di ideologie, sospetti e rancori.
La strada della modernizzazione e della innovazione, quindi, si presenta ancora lunga e disseminata di ostacoli, sempre ammesso che sia tuttora possibile percorrerla.

sabato 20 luglio 2013

Italia ed italiani presi a paccheri

Nella cucina partenopea i paccheri sono un tipo di pasta, con la forma di maccheroni giganti, che viene usato per preparare piatti sostanziosi e molto appetitosi.
Nel dialetto napoletano, però, pacchèro è anche lo schiaffo assestato con la mano aperta che, oltre a lasciare l’impronta sulla parte percossa, produce un suono acuto.
Ebbene, di pacchèri, in senso figurato ma non per questo meno sgradevoli, l’Italia e gli italiani continuano a subirne in serie, per colpa di una classe politica che scredita il nostro Paese, con i suoi comportamenti scriteriati e disdicevoli.
Ad esempio, non soddisfatto dell’ignominioso “pasticciaccio kazako”, che ha provocato sdegno e biasimo nell’opinione pubblica italiana ed internazionale, ieri mattina il Senato della Repubblica ha voluto metterci sopra il carico da 11.
In quelle stesse ore, con un editoriale dal titolo significativo “Rome’s imbroglio”, il Financial Times, e non il giornalino della parrocchia, richiamandosi al caso della signora Shalabayeva e della sua figlioletta, ridicolizzava le nostre forze dell’ordine scrivendo: “non sono famose per la loro efficienza ma a maggio la polizia è stata sorprendentemente veloce nel deportare la moglie e la figlia di un dissidente kazako”.
L'editorialista inglese proseguiva, poi, analizzando contraddizioni ed ombre della relazione, confezionata dal capo della Polizia Alessandro Pansa, per notare come nessuno si fosse assunta la responsabilità politica del caso e, quindi, per suggerire ad Alfano di rassegnare le dimissioni allo scopo di non minare la credibilità dell’intero governo.    
Mentre questo numero del Financial Times era diffuso nelle edicole di mezzo mondo, a Roma 226 senatori, del PD, PdL e Scelta Civica, agli ordini dei  rispettivi capibastone, facevano finta di essersi bevuta la ricostruzione manipolata del “pasticciaccio kazako”, respingendo, con il loro voto, la mozione di sfiducia presentata contro il ministro dell’interno.
Di fatto, i 226 senatori belanti oltre ad aver sputtanate le nostre forze dell’ordine, avallando, con il loro voto, il pesante giudizio espresso dall’editorialista del Financial Times, hanno finito per gettare ulteriore discredito sulle istituzioni parlamentari.
Si è replicata, cioè, nel Parlamento italiano, il mortificante spettacolo che aveva già visti belanti pecoroni credere che Ruby fosse nipote di Mubarak.
Chi, come me, s’illudeva che spettacoli così umilianti e dis“onorevoli” appartenessero al passato, evidentemente si sbagliava!
Nella giornata di ieri, però, ad assestare pacchèri al prestigio del nostro Paese non ci hanno pensato solo i 226 senatori.
Da ventiquattro ore, infatti, si era diffusa una palese soddisfazione nel governo alla notizia che Robert Lady, ex capo della CIA in Italia, già condannato a nove anni per il rapimento e la deportazione in Egitto dell’Imam di Milano, Abu Omar, fosse stato fermato dalla polizia panamense.
Immediatamente sia il ministro della giustizia che quello degli esteri si erano attivati con le autorità panamensi per ottenere l’estradizione di Robert Lady.
Evidentemente, però, l’Italia gode di così scarso credito, a livello internazionale, che dopo poche ore da Panama giungeva notizia che Robert Lady era stato rilasciato e stava rientrando in volo negli Stati Uniti.
Il commento amareggiato di Anna Maria Cancellieri, ministro della giustizia: “La nostra richiesta è stata disattesa senza plausibili motivazioni”.
Chissà perché !!!

venerdì 19 luglio 2013

Gli assordanti silenzi di Napolitano

Capita, di tanto in tanto, che il nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, esterni il suo disappunto su episodi e situazioni che lo inquietano.
Nei giorni scorsi, ad esempio, ha parlato di "imbarbarimento della politica" a proposito del volgare razzismo con cui Calderoli ha insultato il ministro Cecile Kyenge.
Un'amarezza, quella di Napolitano, sicuramente condivisa da molti milioni di italiani.
Meno condivisibili, invece, considero i silenzi con i quali, il Presidente della Repubblica, è indotto a sotterrare avvenimenti, anche molto gravi, che sconcertano ed inquietano milioni di comuni cittadini.
Mi rendo conto che, per il suo ruolo istituzionale, si possa trattenere, in molti casi, dall'esprimere quello che pensi ma, a volte, anche una sola sua parola aiuterebbe gli italiani a comprendere che esista ancora qualcuno attento, in questo Paese, a contenere e fustigare l'"imbarbarimento della politica" che non è fatto solo di frasi ma anche di comportamenti.
Due episodi, ad esempio, sui quali il silenzio di Napolitano mi è apparso inopportuno, nelle ultime ore.
Il primo è l'indegno scaricabarile con cui il ministro dell'interno e vicepremier, Alfano, ha rovesciato sugli apparati del ministero e delle forze dell'ordine ogni responsabilità del "pasticciaccio kazako", confidando che mai e poi mai questi funzionari dello Stato avrebbero rivelato da chi avessero ricevuti gli ordini per eseguire quella nefandezza.
Così, come sempre, i veri responsabili la passeranno liscia mentre ad essere sputtanati e castigati saranno solo coloro che hanno eseguiti i loro ordini.
Mi sarei aspettata, da Giorgio Napolitano, almeno una parola in difesa e soccorso di questi servitori dello Stato.
Invece, i giorni sono trascorsi nell'assordante silenzio del Presidente della Repubblica.
Purtroppo, però, Giorgio Napolitano non ha commentato, neppure velatamente, l'ignobile voto con cui i parlamentari del PD, del PdL e di Scelta Civica hanno respinta la mozione che proponeva la "sospensione della rata di luglio dei rimorsi elettorali ai partiti".
Eppure, proprio il Presidente della Repubblica, che ostenta sentimenti di afflizione e di solidarietà per le sofferenze dei milioni di italiani, afflitti dalla crisi, avrebbe avuto il dovere, secondo me, di richiamare la classe politica ad un maggiore senso di responsabilità.
Invece, anche in questa occasione è stato il silenzio a farla da padrone!
Sconcertante che nelle stesse ore in cui rimbombava il silenzio del Capo dello Stato, l'ISTAT rendeva noto che, a fine 2012, il 15,8% della popolazione italiana viveva in stato di povertà, e che di questi 10 milioni di cittadini il 50% pativa una condizione di assoluta indigenza.
Signor Presidente, mi scusi, ma quali sentimenti potranno ribollire nell'animo di questi 10 milioni di nostri sventurati concittadini nell'apprendere che PD, PdL e Scelta Civica non hanno voluto rinunciare a quei 91 milioni di euro?
Mi scusi, Presidente, ma non crede che a forza di incaponirsi in questo "imbarbarimento della politica" si possa spezzare la corda della tolleranza e della rassegnazione?

giovedì 18 luglio 2013

Parlamentari ed onestà intellettuale

Basta !
Sono indignato come italiano, innanzitutto perché, ancora una volta, il mio Paese è sbeffeggiato, dall'opinione pubblica internazionale, per la dappocaggine e la spregevolezza di coloro che governano e della classe politica, in generale.
Ma sono anche indignato perché questa genia, di individui indegni ed incapaci, si comporta come se gli italiani fossero tutti così rincitrulliti da credere alle loro menzogne.
Sono giorni che i media di tutto il mondo riferiscono sbigottiti della scellerata espulsione dall'Italia della moglie e della figlia di Mukhtar Ablyazov e della accondiscendenza italiana verso il regime kazako.
La vergogna, che sta infangando il nostro Paese, con l'aberrante vicenda della signora Alma Shalabeyeva e della sua figlioletta di sei anni, si è acuita, nelle ultime ore, con le dichiarazioni, palesemente manipolate, che il vicepremier e ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha avuta la sfrontatezza di riferire in Parlamento.
Si è limitato a leggere la relazione, impacchettata su misura, del neo capo della polizia, Alessandro Pansa che ha svolto un buon compitino, sotto il profilo formale, ma ha lasciati irrisolti i mille ed uno dubbi che incombono sulla vicenda.
Perché Alfano, invitando il suo Capo di Gabinetto, Giuseppe Procaccini, ad incontrare l'ambasciatore kazako, gli ha detto che si trattava di una "questione molto delicata", come ha riferito lo stesso Procaccini ?
Per definirla "una questione molto delicata", Alfano conosceva quale era la ragione che aveva spinto l'ambasciatore kazako a sollecitare un incontro con il ministro dell'interno ?
E' prassi corrente che l'ambasciatore di uno stato estero con tanta invasività acceda alle stanze dei responsabili dell'ordine pubblico per concordare azioni di polizia ?
Se un pericoloso ricercato, il "terrorista armato" Ablyazov, si trovava in Italia in una villa di Casal Palocco, è credibile che i servizi segreti italiani non ne sapessero nulla ?
E' possibile che, prima di avviare un'operazione, che avrebbe viste impegnate decine di poliziotti ed agenti della Digos, i vertici della polizia non abbiano ritenuto loro dovere compiere qualche riscontro per scoprire, magari in internet, chi era Ablyazov ?
Comunque, una volta fatta irruzione nella villa di Castel Palocco e verificato che il pericoloso "terrorista armato" non c'era, perché prelevare la signora Shalabeyeva, ma soprattutto una bambina di sei anni ?
Dopo che, come è immaginabile, i vertici della polizia avranno informato l'ambasciatore kazako che, nel corso dell'irruzione, non era stato scoperto il pericoloso "terrorista armato", nessuno dei geni, che erano al comando dell'operazione, si è chiesto come mai l'ambasciatore kazaco noleggiasse addirittura un aereo privato per rimpatriare una semplice clandestina con la sua bambina ?
E' evidente che la relazione, premeditatamente non fedele e lacunosa di Pansa, letta in Parlamento da Alfano, getti discredito sulle forze di polizia, che sembrerebbero predisposte a soddisfare le richieste di un qualsiasi ambasciatore estero, sui sevizi segreti, apparsi inadeguati per sapere se sul territorio nazionale fosse presente, o no, un pericoloso "terrorista armato", sull'Interpol che avrebbe ignorato che Ablyazov fosse un rifugiato politico, e così via.
Come è già accaduto per i fatti del G8 di Genova, anche in questo caso a pagare saranno i soliti pesci piccoli, mentre i politici ne usciranno indenni ancora una volta, sotto gli sguardi sconcertati ed increduli delle cancellerie e dei media internazionali.
A farmi indignare, però, è anche la irresponsabilità di un Parlamento che, dopo essersi bevuta la fandonia di Ruby nipote di Mubarak, oggi si appresta a credere alle fandonie raccontate da Alfano e, venerdì, respingerà la mozione di sfiducia nei suoi confronti.
Ma ancor più indegno e sconcertante è che il primo a fare la figura del credulone sia proprio il Capo del Governo, Enrico Letta.
Sono curioso di vedere quali e quanti saranno i parlamentari che, per dignità ed onestà intellettuale, si rifiuteranno venerdì di aggregarsi al gregge dell'ipocrisia.

domenica 14 luglio 2013

Napolitano … ma cosa aspetta?


Caro Presidente Napolitano,
approfitto di essere quasi Suo coetaneo per usare un tono informale del quale, sono certo, Lei vorrà scusarmi.
Oltre all’età, in comune abbiamo anche la condizione di pensionati, solo che, mentre Lei è un agiato pensionato ancora in intensa attività, io sono uno di quei pensionati che arrancano per arrivare a fine mese.
Ma non è dei miei problemi che Le voglio parlare, bensì dei suoi che, sicuramente, sono più gravi ed interessano il nostro Paese.
Avevo apprezzato molto il suo “primo” settennato, rigoroso ma ricco di umanità, discreto ma determinato ogniqualvolta le contingenze Le abbiano suggerito di intervenire con la Sua intelligenza ed esperienza politica.
Ecco, proprio perché avevo ammirate, di Lei, intelligenza ed esperienza politica, sono rimasto sorpreso, ed anche un po’ deluso, quando, cedendo alle pressioni di PD e PdL, ha deciso di rimanere al Quirinale.
Per carità, non vorrei essere frainteso!
La delusione non era causata dal fatto che Lei rimanesse ancora sul Colle, anzi, ma dal perché Lei avesse accettato di essere rieletto.
Cioè, quella pulsione a dar vita al cosiddetto “governo delle larghe intese”.
Eppure, perbacco, da una poltronissima di prima fila Lei aveva già assistito alle fatiche ed alle alterne fortune di Mario Monti, che aveva cercato di governare il Paese, confidando nel malfermo sostegno di centrodestra e centrosinistra.
Ciò nonostante Lei ha voluto riprovarci con il governo Letta.
Comprendo che, ad una certa età, diventiamo tutti un po’ più testardi, però abbiamo dalla nostra esperienza e buon senso per evitare di ripetere gli errori.
Invece, Lei, ha voluto, ancora una volta, mettere insieme il diavolo e l’acqua santa, senza tener conto che, questa volta, l’impresa sarebbe stata molto più complessa per cause endogene ed esogene.
Infatti, non solo il PD avrebbe dovuto fronteggiare i contrasti intestini, conseguenti alla segreteria fallimentare di Bersani, ma anche il PdL avrebbe vissuto in permanente stato di fibrillazione per i guai giudiziari di Berlusconi, prossimi alla resa dei conti.
Il risultato, ahimè, è che, dopo quasi tre mesi, il governo Letta non ha ancora fatto nulla per affrontare la drammaticità congiunturale della crisi.
Troppe aziende continuano a tirare giù la clèr per colpa della crisi o strangolate dalla morosità della pubblica amministrazione, la disoccupazione, specialmente giovanile, continua a crescere toccando livelli inquietanti, il disagio sociale rischia di esplodere con imprevedibili conseguenze, sempre più italiani vivono tra gli stenti.
L’azione del governo Letta, soprannominato “governo camomilla”, o “governo della morfina”, od ancora “governo dilatorio”, è neutralizzato dagli interessi contrastanti di PD e PdL.
Si sono persi giorni, e continuano a perdersi, per parlare di IMU ed IVA, senza concentrarsi sulle tre o quattro vere priorità su cui impegnare le scarse risorse disponibili.
Il discorso programmatico che Letta ha pronunciato in Parlamento, all’atto del suo insediamento, oggi appare una velleitaria valigia dei sogni.
Non s’intravede neppure la volontà di mettere mano al “porcellum”, cosa che Lei aveva già sollecitato ai partiti, durante il governo Monti.
Mi scusi, ma il Suo buon senso La induce a credere che PD e PdL possano mettersi d’accordo, ad esempio, su riforme istituzionali, riduzione dei costi della politica, moralizzazione della vita pubblica, lotta alla corruzione, spending review?
Signor Presidente, Lei ha infilato il Paese in un cul-de-sac dal quale ha il dovere di tirarlo fuori al più presto, prima che sia troppo tardi.
L’Italia è precipitata troppo vicina a quella soglia di rating che etichetterebbe come titoli spazzatura i titoli di Stato.
Le cancellerie europee e l’Alto commissariato ONU per i rifugiati sono sconcertati dalla superficialità con cui sono stati violati i diritti della moglie e della figlia del dissidente Ablyazov, espellendole in gran fretta per compiacere il presidente autocrate del Kazakistan.
Signor Presidente La prego, abbia il coraggio di riconoscere che il governo “delle larghe intese” è un fallimento e corra ai ripari.
Formuli, Lei, un programma di sette, otto, dieci priorità da realizzare in un lasso di tempo ragionevole, ed affidi l’incarico ad un governo formato da quelle forze politiche che ci stanno senza se e senza ma.
Per favore, compia questo gesto d’amore verso l’Italia e gli italiani, prima che la situazione precipiti irrimediabilmente.
Buon lavoro, signor Presidente, da parte di un italiano esasperato da politicanti incapaci e disonesti.