Al turista straniero, poco addentro ai fatti della politica italiana, basterebbero le prime ore di vacanza sul suolo italico ed una incuriosita sosta davanti ad una qualsiasi edicola, per domandarsi, a ragione: “ma chi è al governo in Italia e chi è all’opposizione?”.
È la stessa domanda che, più volte, mi pongo ascoltando i telegiornali o sbirciando i titoli dei giornali.
Il nostro Paese, oramai da due mesi sta vivendo, infatti, una delle fasi politiche più ambigua ed incerta della storia repubblicana.
Il governo “delle larghe intese”, come poteva prevedere chiunque fosse dotato di un po’ di buon senso, si sta confermando un colossale pastrocchio, che eccelle in irresolutezza ed inefficienza.
Di fronte alla drammatica congiuntura che rischia di acutizzare, giorno dopo giorno, pericolose tensioni sociali, le settimane passano senza che il governo assuma, con fermezza, nessuno di quei provvedimenti urgenti che sarebbero indispensabili.
D’altra parte, come può cavarsela una compagine governativa in cui, fianco a fianco siedono guelfi e ghibellini, gli uni contro gli altri armati?
C’è poco da essere ottimisti quando il vicepremier si esibisce in diktat nei confronti dello stesso esecutivo di cui fa parte, o i rappresentanti di un partito, della maggioranza, persistono nel “dare i sette giorni” al governo come se fosse il loro cameriere, ed altri vogliono imporre questa o quella scelta esclusivamente di parte.
La situazione è ormai così preoccupante per la sua apoplessia, che ha risvegliato dal letargo, in cui era caduto dal 25 febbraio, perfino Mario Monti.
Così, ricalcando le critiche che Matteo Renzi esprime da tempo, in un’intervista rilasciata al Corsera il Professor Monti ha dichiarato: “… senza un cambio di marcia, non riteniamo di poter contribuire a lungo a sostenere una coalizione affetta da crescente ambiguità”.
Dopo poche ore, i capigruppo parlamentari di Scelta Civica si sono precipitati ad inviare una lettera al Presidente del Consiglio, Letta, sollecitando un momento di verifica in cui, i partiti della maggioranza possano condividere un “patto di governo”.
Non so con quanta convinzione Enrico Letta si cimenterà nell’impresa ciclopica di mettere insieme diavolo ed acqua santa.
Possibile, però, che a Monti sia occorso tutto questo tempo per rendersi conto che Letta, palesemente ostaggio degli umori berlusconiani, non abbia aggredita nessuna delle criticità congiunturali da lui indicate, invece, come priorità nel discorso d’insediamento?
Purtroppo, la sortita di Monti, accolta con applausi proprio da coloro che, più di tutti, si accaniscano nel condizionare l’azione del governo per meschini fini propagandistici, produrrà un buco nell’acqua.
Tutto finirà a tarallucci e vino, mettendo in secondo piano la soluzione dei veri problemi del Paese.
Innanzitutto perché nessun partito della maggioranza intende dare un vantaggio agli altri, approvando scelte che li possano favorire in campagna elettorale.
Poi, perché i partiti, che sostengono il governo, sono turbati tutti da fibrillazioni interne, più o meno rissose, la cui ricomposizione, come da migliore tradizione della politica italiana, è più importante dei bisogni dei cittadini.
Inoltre, perché, una crisi di governo, in questo momento, potrebbe sfociare in un ritorno alle urne e nessuna delle forze di maggioranza sarebbe pronta ad affrontare il giudizio degli elettori, senza correre il rischio di fare progredire il M5S.
Sicuramente, ad aver meno interesse a staccare la spina, sarebbe Scelta Civica, per le rovinose indicazioni dei sondaggi.
Infine, perché nessuno è in grado, oggi, di prevedere come Giorgio Napolitano potrebbe reagire ad una crisi del governo da lui, a dispetto del comune buon senso, fortemente voluto .
Così, con molti bla bla bla i partiti della maggioranza si riuniranno per raccontarci, alla fine, che tutto va bene ed il governo è sulla strada giusta, anche se proprio ieri l’ISTAT ha reso noto che il numero dei disoccupati, a fine maggio, ha toccato il massimo storico di 3.140.000.
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