mercoledì 31 ottobre 2012

Camusso, Landini e la vittoria di Pirro

 
Il Lingotto, con un suo comunicato, conferma che Fabbrica Italia, di Pomigliano d’Arco, provvederà a dare attuazione all’ordinanza della Corte d’Appello di Roma, assumendo i 19 ex dipendenti di “Fiat Group Automobiles”, che avevano presentato ricorso per “presunta discriminazione”.
Dallo stesso comunicato si apprende, anche, che Fabbrica Italia, non potendosi esimere dall’eseguire quanto disposto dall’ordinanza, sarà costretta ad avviare la procedura per la messa in mobilità di 19 lavoratori attualmente occupati presso lo stabilimento che dispone già di un organico completo in ogni postazione di lavoro,.
Camusso e Landini che, quando la Corte d’Appello emise l’ordinanza, si lasciarono andare a festeggiamenti ed a dichiarazioni raggianti, con altrettanto entusiasmo dovranno ora spiegare, ai 19 lavoratori messi in mobilità, i motivi della loro eccitazione.
Infatti, era evidente a tutti, tranne che a Camusso e Landini, quali sarebbero state le inevitabili conseguenze della tanto festeggiata ordinanza, dal momento che FIP, fin dalle prime ore, aveva ribadita la completezza dell'organico presso lo stabilimento di Pomigliano.
Se compito del sindacato FIOM CGIL è quello di mettere i lavoratori, gli uni contro gli altri, l’obiettivo è stato raggiunto !   


martedì 30 ottobre 2012

Chi ha vinto in Sicilia ?


La liturgia degli enfatici commenti, dopo una tornata elettorale, da parte delle segreterie dei partiti, non può sorprendere !
Sorprende, invece, che nessun commentatore politico abbia rilevato come i partiti tradizionali siano usciti tutti, con le ossa rotte, dalle elezioni regionali in Sicilia.
Una disfatta che non è solo conseguenza del disgusto, e forse del rancore, sempre più manifesto, verso il riprovevole modo di interpretare la politica, da parte dei partiti tradizionali, che ha indotto oltre un siciliano su due a disertare le urne, ma soprattutto, del vero inimmaginabile successo che ha premiato il M5S che è assurto a primo partito della trinacria, facendo della contrapposizione al sistema partitico la propria bandiera.
Nondimeno, ascoltando le incredibili dichiarazioni rilasciate, in queste ore, da Alfano, Bersani e Casini, a commento dei risultati elettorali, si avverte quanto sia predominante l’ottusità che impedisce loro di prendere atto della realtà.
Se avessero avuto, infatti, il buon senso di valutare i risultati, con la dovuta obiettività, non avrebbero pronunciate parole così grottesche.
Bersani ha ardito definire nientemeno che “storico” il successo del PD!
Ma di quale successo parla ?
Bersani li avrà letti e capiti i numeri del presunto successo ?
Già, i numeri !
La realtà dei numeri dimostra che i risultati ottenuti da PdL, PD ed UDC, si rivelano disastrosi se confrontati con i risultati delle elezioni regionali siciliane del 2008.
Qualche esempio:
1.     Il maggiore astensionismo, registrato nel 2012, si è tradotto, di fatto, in soli 895.000 votanti in meno, rispetto alle regionali 2008.
2.     Il PdL che, nel 2008, aveva conquistati 900.000 voti, nel 2012 ne ha ottenuti 261.000 (639.000 voti in meno = -71%).
3.     Il PD che, nel 2008, aveva conquistati 505.000 voti, nel 2012 ne ha ottenuti 271.000 (234.000 voti in meno = - 46%).
4.     L’UDC che, nel 2008, aveva conquistati 337.000 voti, nel 2012 ne ha ottenuti 218.000 (119.000 voti in meno = - 35%).
5.     Il M5S che, nel 2008, aveva ottenuti 46.000 voti, nel 2012 ne ha conquistati 368.000 (+ 322.000 !!!).
Anche il più sprovveduto commentatore politico, osservando questi semplici numeri, potrebbe rendersi conto che:
a.     la debacle dei partiti tradizionali non è imputabile, semplicisticamente, al maggiore astensionismo;
b.     i partiti tradizionali hanno ceduta, chi più e chi meno, parte dei loro voti al M5S;
c.      almeno il 50% dei voti conquistati dal M5S è presumibile che provenga da elettori che nel 2008 avevano votato per i partiti tradizionali.
Perciò, mi sfugge davvero per che cosa abbiano da rallegrarsi, in queste ore, le segreterie dei partiti.

lunedì 29 ottobre 2012

Rintocchi di campane a morto per i partiti …


Il dato più eloquente che ci propongono le urne siciliane è che più di 1 elettore su 2 ha scelto l’astensionismo !
Il 52,58% degli elettori siciliani, infatti, ha disertate le urne !
Questo non è un semplice campanello d’allarme, ma sono veri e propri rintocchi di campane a morto per i partiti, ai quali giunge il segnale inequivocabile di non essere più accettati e tollerati dagli elettori.
E qui non c’è da questionare se la disfatta penalizzi più la destra o la sinistra.
Il fallimento coinvolge tutti i partiti, ed il loro insopportabile modo di vivere la politica solo come occupazione del potere ed arricchimento personale.
Se il voto siciliano doveva essere un test utile, in vista delle elezioni politiche, ebbene si è avuta conferma di quello che i sondaggi evidenziano oramai da mesi: gli italiani sono schifati dei partiti e della politica.
A rendere ancora più forte e chiaro il segnale del disgusto per la maleodorante politica, quel 47% di elettori siciliani, che si sono recati a votare, hanno attribuito un innegabile sostanzioso successo al movimento di Grillo, i cui rappresentanti entreranno nel Palazzo dei Normanni dal portone principale e con la fanfara.
Non bisogna essere degli scienziati per determinare che, se al 53% di astensionismo si sommassero anche i voti ricevuti dai “grillini”, autentici vessilliferi dell’antipolitica, salirebbe a 2 siciliani su 3 il numero di coloro che hanno manifestato il loro disgusto per i partiti.
Così come non bisogna essere dei chiaroveggenti per prevedere quali saranno le arzigogolate spiegazioni con le quali, le ottuse segreterie dei partiti, riusciranno a commentare i risultati di queste elezioni, pur di non ammettere la loro spaventosa disfatta.
E’ certo che chiunque governerà, da domani, la Sicilia, lo farà grazie ad uno striminzito mandato, ricevuto da non più del 12/13% dei siciliani.
Se la Sicilia, perciò, è il laboratorio politico dal quale trarre possibili indicazioni sulle elezioni politiche del 2013, non ci resta altro da fare che incominciare, fin da ora, a recitare il “de profundis” per la democrazia italiana.

domenica 28 ottobre 2012

Berlusconi è più sconclusionato o più cacciaballe ?


“Intendo dedicare la massima parte del mio tempo al mio paese e continuare nell'opera di modernizzazione e cambiamento con cui mi sono presentato agli italiani nel 1994”.
Dopo aver governato quasi ininterrottamente per 18 anni, senza avere modernizzato né cambiato il Paese, Berlusconi, con queste parole ripropone le stesse favole con le quali già ha imbrogliati gli italiani nel 1994 !
È bastato, cioè, che la complessa gabbia di protezione, fatta di ben 38 “leggi ad personam” e costruita da Berlusconi con la correità delle sue marionette, non impedisse al Tribunale di Milano di condannarlo, per frode fiscale, a 4 anni di reclusione (di cui 3 condonati per una “legge ad personam” del 2006), perché nel giro di sole 48 ore l’ex premier sconfessasse le stesse sue parole “non mi candiderò”, declamate il 24 ottobre, con un nuovo “resterò in campo”, dichiarato il 27 ottobre.
Una marcia indietro che mette ancora più in evidenza quanto fossero false le parole “per amore dell’Italia”, con cui Berlusconi aveva motivato, nel 1994, la sua discesa in campo, e tre giorni fa abbia proclamato, e poi sconfessato, il passo indietro.
Ora, avendo deciso di rimanere in campo, Berlusconi ha voluto anticipare anche il suo manifesto politico, le cui perle si possono sintetizzare in pochi ma eloquenti punti.
1.     Guerra ad Angela Merkel colpevole, con Nicolas Sarkozy, di aver “assassinata” la sua credibilità internazionale, certificata dalle straordinarie relazioni intrecciate con Gheddafi, Mubarak, e Putin, campioni di democrazia.
2.     Smantellamento della giustizia, per punire la magistratura che ardisce non farsi condizionare neppure dalle molte “leggi ad personam”, escogitate, con paziente lavorio, dallo staff legale guidato dall’onnipresente Ghedini.
3.     Consegna nelle caserme, a tempo indeterminato, di tutti i militi della Guardia di Finanza, per impedire che compiano i blitz con cui smascherare gli evasori e quei negozianti che non emettono gli scontrini fiscali. (Da insigne economista, infatti, Berlusconi ha sentenziato che i consumi sono crollati non per effetto della crisi che ha resi gli italiani più poveri, ma perché la gente ha paura dei blitz e si reca in Svizzera per fare i suoi acquisti ! (*)).
4.     Rifacimento della Carta Costituzionale per recepire i dettami di quelle costituzioni, in uso nei regimi totalitari, che conferiscono al capo del governo poteri assoluti, compreso lo “jus primae noctis”.
5.     Nuova richiesta, all’Unione Europea, di calcolare il PIL dell’Italia includendo il valore sia dell’economia sommersa, quella che viola le leggi, sia delle attività svolte dalla criminalità organizzata, mafia, ‘ndrangheta e camorra (Di conseguenza, poiché contribuirebbero alla formazione del PIL non dovrebbero essere più perseguiti né gli evasori, né i mafiosi).
Mentre in Italia c’è ancora chi continua a prendere sul serio il guitto di Arcore, nel mondo, le parole di Berlusconi stanno suscitando incontenibili sghignazzate.
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(*) Dichiarazione in linea con quella rilasciata a Cannes, nel luglio 2011, quando affermò: “in Italia non c’è la crisi perché i ristoranti sono pieni !”.


venerdì 26 ottobre 2012

Dov'è la celebrata “generosità” di Berlusconi ?


Dato che da molte ore, a commento  della decisione di Berlusconi di fare un passo indietro, i rappresentanti del PdL usano con insistenza la parola “generosità”, mi è venuto il dubbio di non conoscere più la lingua italiana.
Con questo timore mi sono affrettato a consultare il dizionario “Le Monnier” dove, a pag. 841, ho trovata questa definizione:
“Generosità s.f. - 1. Nobiltà d’animo che comporta il sacrificio dell’interesse o della soddisfazione personale di fronte al bene altrui – 2. Larghezza nel ricompensare, o nel donare”.
Rassicurato sulla mia conoscenza della lingua italiana, non ho potuto fare a meno di sorridere.
Infatti, se riferita al "Berlusconi Papi” (come si faceva chiamare nell’intimità), mi sembra che sia del tutto azzeccata la parola “generosità” se in bocca a Noemi, a Ruby, a Nicole Minetti ed alle innumerevoli “olgettine”, che hanno goduto, loro si, di munifiche ricompense e donazioni.
Se, invece, la parola “generosità” la si usa con riferimento al “Berlusconi politico”, beh... mi sembra che sia pronunciata davvero fuori posto.
Non nego che, nel 1994, Berlusconi sia sceso in campo “per amore”, solo dopo, però, che il suo padrino politico, Bettino Craxi, era stato messo fuori gioco da "mani pulite".
Per questo è  forte il dubbio che a spronarlo non sia stato l’amore per l’Italia, come lui ci propina da anni, bensì l’amore per le sue aziende e, soprattutto, per se stesso.
Alla prova dei fatti l’ha dimostrato, non solo con le numerose “leggi ad personam” e “ad usum Mediaset”, ma anche servendosi dell’immunità parlamentare tutte le volte che, dai suoi armadi, saltava fuori qualche scheletro.
Peraltro, neppure oggi Berlusconi intende rinunziare all’immunità, pur facendo il proclamato passo indietro.
Ed allora, perché ha atteso così tanto tempo prima di scrivere (o far scrivere da altri) la lettera testamento con la quale rinuncia a candidarsi ancora una volta come premier ?
Sono convinto che la chiave di lettura vada ricercata proprio in questi interminabili mesi di suspense, durante i quali ha tenuto con il fiato in sospeso Alfano e tutti i maggiorenti del PdL.
Il fatto è che Berlusconi, ha dovuto assistere impotente al tracollo del PdL, al susseguirsi di vergognosi scandali commessi dai pidiellini, al collasso delle regioni Lazio e Lombardia, al declino della sua personale popolarità.
Ha anche assistito a come il suo fedele alleato e compagno di merende, Umberto Bossi, sia stato sfrattato, in malo modo, dalla scena politica.
Da vero combattente, prima di dare forfait, Berlusconi si è preso un po’ di tempo per cercare il modo di risorgere.
In un primo momento, ha ipotizzato di sostituire il PdL con una federazione di liste civiche, poi ha immaginato di riesumare “Forza Italia” per buttare fuori gli ex AN, infine ha valutata l’ipotesi di una “lista di imprenditori”, che però i sondaggisti gli avrebbero accreditato solo del 5/6%.
Nel prendere atto, quindi, che tutte le ipotesi sul tappeto sarebbero state inutili per ottenere il successo, Berlusconi si è reso conto che, con la candidatura a premier, avrebbe corso il serio rischio di giocarsi la faccia con una clamorosa debacle elettorale, e questo, per lui, era inaccettabile; uscire sconfitto dalle urne avrebbe significato azzerare la sua patina di “uomo di successo”.
Ed allora che ti fa Berlusconi, con maliziosa furberia ?
Mette mano alla lettera testamento e, tra le righe, ci infila il tacito invito ad Angelino Alfano di prendere in mano il PdL; un invito che, sotto sotto, assomiglia molto al titolo di un vecchio film di Giorgio Capitani: “vai avanti tu che a me vien da ridere” !
Per prima cosa è lecito domandarsi: dove sta la “generosità” se la scelta è stata quella di mollare, nelle mani di Alfano, la patata bollente di una disfatta preannunciata ?
E poi, non sarà che Berlusconi sia certo, in cuor suo, di poter continuare, comunque,  a fare il burattinaio per manovrare, a suo piacimento, le marionette del PdL, senza correre alcun rischio ?

giovedì 25 ottobre 2012

Imbarazzo quando parlano i ministri

 
Se un comune cittadino avesse sostenuto, in pubblico, che la “legge di stabilità produce vantaggi al 99% dei contribuenti”, i presenti avrebbero richiesto, di certo, l’immediato intervento di un’ambulanza del “118”.
Se poi, lo stesso cittadino avesse anche affermato che milioni di giovani italiani, disoccupati o precari, dovrebbero recitare il “mea culpa” perché sono “schizzinosi” davanti alle opportunità di lavoro, senza dubbio sarebbero dovute intervenire le “unità speciali” della polizia, in tenuta antisommossa, per sottrarre il malcapitato al linciaggio.
Il problema è che, nel giro di poche ore, non sono stati comuni cittadini a dire queste cose, bensì due ministri del governo Monti.
Non è la prima volta, in questi undici mesi, che il premier Monti ed i suoi ministri si siano lasciati andare ad affermazioni che si potrebbero definire, con eufemismo, a volte imbarazzanti, a volte ingannevoli, a volte stravaganti.
C’è da augurarsi solo che questi signori e signore non pensino per davvero quello che dicono.
Può darsi, però, che, a giocare loro brutti scherzi, sia la non abitudine ad affrontare decine di microfoni ed a dover improvvisare risposte alle domande incalzanti e, talvolta, maliziose dei giornalisti.
D’altra parte, dove è scritto che ai professori universitari, anche se ministri, sia richiesta capacità ed efficacia comunicativa ?
È di dominio pubblico, infatti, che in Italia le cattedre universitarie non sono assegnate in base alla capacità del docente di “comunicare il sapere”.
Comunque è certo che nessuno, degli attuali ministri, sia andato a scuola dal grande comunicatore, Berlusconi, che non solo decideva quali fossero i giornalisti legittimati ad intervistarlo, ma dettava loro anche le domande che avrebbero dovuto rivolgergli.
Sarebbe opportuno,  in ogni caso, che i ministri nel parlare tenessero presente che i cittadini, non solo li ascoltano, ma ogni volta giudicano quello che loro dicono, raramente con compiacimento, più spesso con angoscia, talora incazzandosi quando si sentono presi in giro.
Ora, il ministro Vittorio Grilli dovrebbe sapere che il 99% dei contribuenti ha già fatti i conti di quanto gli costerà concretamente la “legge di stabilità”, per cui raccontare la favola che otterrà “vantaggi”, non può che fare incazzare quel 99%.
Così come, prima di emettere giudizi, il ministro Elsa Fornero dovrebbe lavorare come precaria, ad esempio, in un “call center”, per 400 euro al mese, con la certezza di trovarsi disoccupata dopo uno o due mesi e senza alcuna prospettiva.
Accipicchia come sarebbe importante ricordarsi, ogni tanto, del vecchio adagio “un bel tacer non fu mai scritto”.

mercoledì 24 ottobre 2012

Una spacconata di Matteo Renzi


Certamente, Matteo Renzi, come si direbbe a Milano ha fatto “il ganassa”, affermando che con lui il PD sarebbe al 40% mentre, con Bersani, non potrebbe andare oltre il 25%.
Una smargiassata puerile e campata in aria, che il “rottamatore” fiorentino non è stato in grado di suffragare, neppure con un sondaggino fatto tra amici.
Messa da parte la spacconata di Renzi, però, i sondaggi, diffusi in queste ultimi giorni, suggeriscono qualche riflessione.
Anche se mancano ancora 5 o 6 mesi alla “chiamata alle urne” degli italiani, e le nebbie avvolgono, a tutt'oggi, molti partiti, tuttavia si confermano alcuni elementi significativi.
Ad esempio, il peso attribuito agli astensionisti ed agli indecisi continua a mantenersi intorno al 50%, ridimensionando così, di fatto, il significato delle performance delle formazioni politiche, riconosciute loro solo da metà dell'elettorato.
Il successo del M5S, accreditato oramai come secondo partito con il 16%, conferma che Grillo ha fatto il pieno di tutti i voti di protesta, provenienti dalle aree politiche di ogni colore, perché schifati dall’indecente spettacolo che la classe politica si affanna di offrire, giorno dopo giorno.
Tuttavia, il crescente successo ottenuto, fin qui, dal “grillismo”, sembra non aver intaccato il valore costante, del più o meno 50%, che i sondaggisti, da tempo, attribuiscono all’area degli astensionisti e degli indecisi.
È un dato, questo, che potrebbe voler dire, ad esempio, che molti elettori moderati abbiano scelto di posteggiarsi, in stand-by, nel box dell’astensionismo, in attesa di conoscere programmi ed alleanze.
Se, il giorno delle elezioni, questa ipotesi si dimostrasse fondata, i voti moderati, usciti dal garage, potrebbero sconvolgere del tutto ciò che indicano i sondaggi di questi giorni.
Infatti, ad esempio:
1.     i movimenti di centrodestra, potrebbero riprendere fiato e recuperare influenza nel panorama politico;
2.     il movimento M5S, potrebbe uscirne ridimensionato, assestandosi comunque su un apprezzabile 9/11%;
3.     il PD, infine, potrebbe pagare a caro prezzo l'abbraccio troppo frettoloso con la sinistra radicale di Vendola.
Certo, è solo un’ipotesi di fantapolitica, però non è neppure credibile che il 50% degli elettori italiani possa decidere di stare alla finestra e non partecipare con il proprio voto alla scelta del nuovo governo.
Non resta, perciò, che far trascorrere i giorni seguendo, con curiosità, le metamorfosi, ammesso che si verifichino, nello scenario politico.

martedì 23 ottobre 2012

È ora di rottamare arroganza e razzismo


Spero che Matteo Renzi non si adombri se prendo in prestito il suo leitmotiv, ma, oggi, non posso fare a meno di riflettere su quanto bisogno ci sia, nel nostro Paese, di rottamare l’arroganza spocchiosa di certi personaggi, e il rozzo razzismo di altri.
Mi riferisco ai protagonisti di due episodi di cui hanno dato notizia tutti i principali media.
Il primo fatto è accaduto in Campania.
Nel corso di una riunione pubblica, presenti i prefetti di Napoli e Caserta, sindaci, funzionari ASL ed alti ufficiali dell’Arma, Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, noto per la sua lotta alla camorra, ha chiesta la parola per esporre i disagi, provocati alla popolazione del suo comune, dai fumi dei continui roghi di rifiuti.
Prima ancora di riuscire ad esporre i motivi del suo intervento, Don Maurizio è stato stizzosamente redarguito dal prefetto di Napoli, Andrea De Martino, per aver ringraziato il prefetto di Caserta, Carmela Pagano, chiamandola “signora” !
Incredibile ma vero !
Il povero parroco di Caivano aveva osato rivolgersi al prefetto di Caserta chiamandola “signora”, invece di “Eccellenza Illustrissima Signor Prefetto”, come magari avrebbe pretesa la boriosa e borbonica arroganza del prefetto Andrea De Martino.
Per completare il quadro, sull'episodio si registra l’assordante silenzio di Giorgio Napolitano e Mario Monti, non sono intervenuti sul prefetto Andrea De Martino, che è pur sempre il rappresentante loro e dello Stato, a Napoli.
Cosa si aspetta, in Italia, a rottamare il burocratico e barocco uso dei titoli, prendendo esempio dai paesi dove il premier italiano è semplicemente Mister Monti, ed all’inquilino della Casa Bianca ci si rivolge unicamente con Mister Obama ?
Il secondo fatto, invece, è accaduto in quel di Torino.
Un sedicente giornalista del TG regionale del Piemonte, Gian Piero Amandola, nel corso di un’intervista per introdurre l’incontro di calcio Juventus – Napoli, all'interlocutore, che affermava come cinesi e napoletani fossero dappertutto, ha pensato bene di suggerire se li avrebbe potuti riconoscere “dalla puzza”.
Straordinaria dimostrazione di pregiudizio zotico e razzista, ancora più intollerabile in bocca ad un dipendente della RAI, servizio pubblico.
Non meno responsabile e deprecabile, di certo, il comportamento di chi avrebbe dovuto bloccare il servizio ed, invece, lo ha mandato in onda.
Non sarebbe ora di rottamare, in questo nostro Paese, atteggiamenti ed espressioni che alimentano la volgare ed incivile discriminazione degli italiani in funzione del loro luogo di nascita ?

domenica 21 ottobre 2012

Ancora eccessi d’imbecillità delle tifoserie.


I quotidiani di oggi, non solo quelli sportivi, riferiscono di alcuni episodi, di autentica demenza, messi in atto da frange delle tifoserie calcistiche di Verona e Napoli.
Allo Stadio Armando Picchi di Livorno, durante l’intervallo della partita Livorno – Verona, una squadraccia di deliranti veronesi ha intonato cori ingiuriosi nei confronti di Piermario Morosini, il venticinquenne calciatore del Livorno morto tragicamente un anno fa, a Pescara, durante l’incontro Pescara – Livorno.
Non ancora soddisfatti di aver data prova della loro odiosa imbecillità, offendendo una persona morta, gli stessi idioti hanno voluto darne conferma concludendo i cori con il saluto romano e slogan fascisti.
Le riprese delle telecamere di sorveglianza, sono state acquisite dalla Digos che procederà all’identificazione di questi inqualificabili individui, sperando che, una volta identificati e rinviati a giudizio, non incontrino il solito magistrato accondiscendente che sentenzi “… ma si è trattato solo di una ragazzata”.
Poche ore dopo, a Torino, allo Juventus Stadium era in programma l’incontro Juventus – Napoli.
Ebbene, a conferma che la madre degli imbecilli è sempre incinta, nel settore dello stadio, riservato ai tifosi napoletani, un’altra banda di imbecilli ha pensato bene di divellere i seggiolini delle gradinate e di devastare, arrecando notevoli danni, i servizi igienici installati nel settore. 
Non so chi pagherà i danni, e sinceramente la cosa non mi interessa.
So di certo, però, che nei prossimi giorni l’insulsa “giustizia sportiva” se la caverà comminando multe, di qualche migliaia di euro, alle società calcistiche del Verona e del Napoli.
Poiché, però, da sempre ed ogni anno, in occasione di partite di calcio, fuori e dentro gli stadi, si ripetono troppi intollerabili episodi, sarebbe giunto il momento che il Ministro degli Interni sentisse il dovere di intervenire, finalmente, in modo intransigente, senza aspettare che “ci caschi il morto”.
Evidentemente, non è sufficiente presidiare gli stadi, a spese dei contribuenti, con migliaia di addetti delle forze dell’ordine.
Evidentemente, è inutile sperare che siano le autorità calcistiche ed i dirigenti delle società, troppo incapaci, faziosi e compromessi per affrontare e risolvere il problema.
Né, d’altra parte, sarebbe logico penalizzare il tifoso perbene, negandogli la soddisfazione di assistere allo spettacolo calcistico, ricorrendo all’espediente delle “partite a porte chiuse”.
Sarebbe più logico, invece, penalizzare solo quelle tifoserie, note a tutti per le infiltrazioni di masnade di violenti, vietando solo a loro di seguire le trasferte della loro squadra.
Probabilmente, sentendosi ingiustamente penalizzati i tifosi corretti potrebbero trovare il coraggio di emarginare e denunziare le frange turbolenti.

sabato 20 ottobre 2012

Mario Monti, una presenza imbarazzante


Mancano più o meno otto mesi al momento in cui si apriranno i seggi elettorali e gli italiani decideranno a chi toccherà ricevere il testimone del governo tecnico.
Osservando i sondaggi, che quotidianamente ci vengono propinati, si ha la percezione di un quadro elettorale ancora troppo fluido ed incerto per prevedere quale potrà essere il responso delle urne.
Si ha l’impressione che le intenzioni di voto ondeggino, da un giorno all’altro, suggestionate dagli avvenimenti, sempre sgradevoli, che i media echeggiano.
Se questa è la sensazione, ne consegue che saranno ancora gli accadimenti dei prossimi mesi ad incidere sulle scelte degli elettori, fino a ribaltare, probabilmente, le ipotesi che, oggi, ci sono proposte, dai sondaggisti, come intenzioni di voto.
Come potranno incidere sugli orientamenti degli elettori, ad esempio, le elezioni regionali in Sicilia di fine ottobre, o la difficile prova delle primarie cui si sottoporrà il PD a novembre, oppure la scelta del PdL di rispondere alle istanze di rinnovamento, od anche Berlusconi che svelerà finalmente il suo futuro politico, o la decisione della Lega di riesumare, o no, il concubinaggio con il PdL, e sicuramente la legge elettorale con la quale si andrà a votare, e poi … e poi che ne sarà di Mario Monti.
Già, perché nello scenario politico Mario Monti è diventato, di fatto, una presenza imbarazzante.
Infatti, nonostante abbia massacrata l’economia reale e resi più poveri gli italiani, soprattutto quelli delle classi più perseguitate, Mario Monti ancora oggi continuerebbe a godere, secondo i sondaggi, di un consenso oscillante intorno al 50%.
Sarà l’effetto di uno scriteriato masochismo degli italiani oppure l'evidenza di un apprezzamento per aver cestinato lo stile disdicevole di Berlusconi e per aver recuperato un po' di prestigio internazionale all’Italia ?
Eppure, in questi 11 mesi di presenza a Palazzo Chigi, si è avuta l’impressione che ogni scelta fatta da Monti fosse finalizzata più a compiacere alla Merkel ed agli altri partner internazionali che non a garantire la sopravvivenza degli italiani.
Ora, sarà pur vero che, al momento del suo insediamento, si è trovata sulla scrivania la “lettera diktat” che l’Unione Europea aveva indirizzata al suo predecessore, Berlusconi, ma è altrettanto vero che Monti, con il pretesto di dare attuazione ai contenuti di quella lettera, ne abbia approfittato per imporre tasse e balzelli a gogò, che hanno messi in ginocchio specialmente gli italiani meno fortunati.
Nel contempo, però, Monti ed il suo governo hanno dimostrata tutta la loro debolezza ed inefficacia ogniqualvolta si siano trovati a scontrarsi con le opposizioni di lobbies, banche, corporazioni, etc.
Ciò nonostante, o forse proprio per questo suo modo contradditorio di gestire i problemi, in funzione dei soggetti destinatari, Monti ha raccolto un certo seguito tra i politici, al punto da far nascere, negli stessi partiti, correnti “montiane” ed “antimontiane”.
Una delle incognite fondamentali, perciò, che rendono incerto il quadro politico in vista delle elezioni 2013, è rappresentata dal come queste correnti antitetiche si affronteranno nei prossimi mesi.
Infatti, c’è da chiedersi come potranno conciliarsi, nel centrosinistra, le posizioni di Enrico Letta con quelle di Fassino e Vendola, o come, nel centrodestra, i punti di vista di Franco Frattini potranno armonizzarsi con quelli di Guido Crosetto, un “antimontiano” della prima ora.

giovedì 18 ottobre 2012

Analfabetismo o corporativismo dei giornalisti italiani ?


Ieri, Alessandro Sallusti, il direttore di “Il Giornale” (NdR: per l’extraterrestre paracadutato solo ora in Italia, si tratta del quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi), ha tacciati i politici di essere “cialtroni, ipocriti e codardi” solo perché non sono riusciti ad approvare una “lex ad usum Sallusti”,  per evitargli di finire nelle patrie galere.
Infatti, questo individuo, anche lui vittima delle “toghe rosse”, è stato condannato, con sentenza definitiva della Corte di Cassazione, alla pena di 14 mesi di detenzione per il reato di “diffamazione a mezzo stampa”.
Vale la pena soffermarsi qualche istante sulla parola “diffamazione”, richiamata nella sentenza della Corte Suprema, e sul suo concreto significato nella lingua italiana.
Per fare questo basta consultare un qualsiasi dizionario della nostra lingua, e chiunque sarebbe in grado di comprendere che per “diffamazione” vada inteso l’atto del “danneggiare gravemente una persona od una istituzione, ledendone l’onore, la reputazione od il prestigio, con notizie vere o false, a voce o per iscritto”.
Il Codice Penale, art. 596-bis”, a proposito della “diffamazione col mezzo della stampa” prevede che le pene previste si applichino anche “al direttore o vice-direttore responsabile, all’editore ed allo stampatore”.
Perché era necessaria questa premessa filologica ?
Semplicemente perché, la crassa ignoranza che imperversa nel bagaglio culturale del giornalismo italiano, di destra e di sinistra, della TV e della carta stampata, ha indotta larga parte degli appartenenti a questa corporazione ad insorgere, in difesa di Sallusti, contro la sentenza che, a loro avviso, lederebbe la “libertà di opinione”.
Ma che cavolo c’entra la libertà di esprimere la propria opinione con la “diffamazione” di una o più persone, utilizzando per di più falsità ?
Ora, non è un mistero per nessuno, che anche nel giornalismo si faccia carriera solo grazie a spintarelle e/o ad atteggiamenti servili, ma almeno una minima conoscenza della lingua italiana dovrebbe essere richiesta a chi imbratta i giornali o pontifica attraverso l’etere.
Ancora più inaspettato, però, il fatto che a manifestare il loro cruccio per questa sentenza, siano stati anche il Capo dello Stato ed il Presidente del Consiglio.
Possibile che, anche loro, ignorino l’enorme differenza concettuale che c’è tra “esprimere un’opinione” e “diffamare” ?
Peraltro, Sallusti è assolutamente indifendibile, non solo perché ha ospitato sul giornale, di cui era direttore all’epoca dei fatti (Libero), l’articolo diffamatorio nei confronti di un giudice, di un ginecologo e dei genitori di una ragazza torinese, ma anche perché, la “vittima” Sallusti, aveva autorizzata la pubblicazione  dell’articolo diffamatorio, con firma anonima, scritto da un soggetto radiato dallo stesso ordine dei giornalisti.
Un qualsiasi cittadino, per colpe di questo tipo, sarebbe già rinchiuso dietro le sbarre mentre, purtroppo, Sallusti in galera non ci finirà !

martedì 16 ottobre 2012

Veltroni … onda anomala sul PD


Era prevedibile !
La dichiarazione di Veltroni, di non candidarsi alle elezioni del 2013, si è abbattuta come un’onda anomala sul PD, costringendo molti notabili del partito a scuotersi dal torpore e, forse, a riprogettarsi un nuovo futuro.
Infatti, rassicurati dalle previsioni elaborate dai sondaggisti, che continuano ad ipotizzare la probabile vittoria del centrosinistra, molti di coloro, che da decenni hanno eletto il Parlamento come fissa dimora, già confidavano di poter arricchire il loro curriculum di un quarto, quinto o sesto mandato parlamentare.
Ma è arrivata, improvvisa, l’onda anomala che ha messe a soqquadro le loro illusioni.
Un marinaio, quando è frullato, insieme alla sua barca, dall’impatto con un’onda anomala, mantiene i nervi saldi e si preoccupa di verificare i danni subiti per accertare se esistano ancora le condizioni di navigabilità.
Per questo, Massimo D’Alema, che vanta una qualche esperienza di mare, ha subito compreso come fare per appurare il suo presupposto di navigabilità, ed ha dichiarato con astuzia: “… potrò candidarmi se il partito mi chiede di farlo”.
Già, ma a chi alludeva indicando l’astratto partito ?
Evidentemente al tremebondo segretario del PD, Pierluigi Bersani che, però, messo alle strette ha dichiarato, con imbarazzo: “io non chiedo a nessuno di candidarsi”.
Ascoltando queste parole, mentre D’Alema avrà intuito di essere stato scaricato anche da Bersani, un gongolante Matteo Renzi avrà pensato, tra sé e sé, “e vai … siamo a fuori due”.
Se poi, come si vocifera, Pierluigi Castagnetti, Ugo Sposetti, Paolo Giarretta e Tiziano Treu dovessero confermare la loro intenzione di non ricandidarsi, per rispettare il limite dei tre mandati, contemplato dallo statuto del PD, per il sindaco di Firenze si tratterebbe già di un primo successo.
La bizzarria è che questa onda anomala, scatenata da Veltroni, ha finito per portare acqua al mulino del “rottamatore” che si è trovato a beneficiare dell’aiuto da parte di uno dei suoi possibili rottamandi.
Ora, però, supponendo che il preconizzato esodo si realizzi effettivamente, sorge un primo dubbio: il PD ha in panchina giovani rimpiazzi, capaci e politicamente equipaggiati, pronti per essere gettati nell’agone ?
Tuttavia, a generare maggiore inquietudine è il secondo dubbio: non sarà che, nel caso le elezioni siano vinte dal centrosinistra, nella compagine governativa ci ritroveremmo ancora, come ministri, i “non più candidati” ?

lunedì 15 ottobre 2012

Walter Veltroni ed il puzzle delle coincidenze

 
Prima singolare coincidenza. Poche ore dopo che i media avevano divulgata la notizia della petizione, sottoscritta da 700 amministratori pugliesi, per sollecitare la ricandidatura al Parlamento di Massimo D’Alema (parlamentare da 35 anni), Walter Veltroni ha formalmente annunciato che non si ricandiderà alle politiche del 2013.
Walter Veltroni vanta una lunga carriera politica: parlamentare per 6 legislature è stato vice presidente del Consiglio e ministro per i beni culturali del primo governo Prodi, dal 1996 al 1998, sindaco di Roma, dal 2001 ad 2008, candidato premier per il centrosinistra dopo la caduta del secondo governo Prodi, segretario del PD dal 2007 al 2009.
Se Veltroni, nei prossimi mesi, non dovesse ritrattare questa decisione, gli dovremmo riconoscere il primato di unico politico italiano che  abbia lasciata spontaneamente la sua poltrona di parlamentare senza essere stato colto con le dita nella marmellata.
 
Seconda singolare coincidenza. La dichiarazione di Veltroni arriva nei giorni in cui, a Milano, Roberto Formigoni, da 17 anni governatore della Regione Lombardia, cerca, con ostinazione e faccia tosta, di rimanere aggrappato alla sua poltrona.
Un’ostinazione inconcepibile, dal momento che non solo lui stesso è indagato per lo scandalo sanità, ma un suo assessore è stato arrestato con l’accusa di concorso in associazione mafiosa e voto di scambio, ormai 14 sono gli indagati tra consiglieri ed assessori, il PdL lo ha di fatto scaricato dopo la decisione della Lega di staccargli la spina.
 
Terza singolare coincidenza. Walter Veltroni ha resa nota l’intenzione, di non ricandidarsi, casualmente il giorno dopo che Bersani e Vendola hanno presentata la versione riveduta e corretta della “carta d’intenti”, dalla quale è scomparso ogni riferimento alla continuità con il governo Monti.
Una versione, questa, che Veltroni, così come molti moderati della direzione PD (che i ben informati valutano intorno al 40% !), ha manifestato di non condividere.
La resa a Vendola, da parte di un Bersani confuso e sempre più sottomesso alla sinistra radicale, potrebbe essere stato il tassello definitivo che abbia indotto Veltroni a rendere pubblica la sua decisione.
 
Anche se Veltroni ha affermato di non essere un “rottamato da Renzi”, è certo, però, che con questa sua decisione abbia portato un po’ di scompiglio nella vecchia nomenclatura del PD, provocando ore di insonnia ai ruderi che bivaccano in Parlamento da decenni.
Non c’è dubbio che Veltroni, fondatore ed ex segretario del PD, facendo un passo indietro, ma soprattutto asserendo che si può fare politica anche stando fuori dal Palazzo, abbia lanciato un messaggio forte e chiaro, ad esempio, a Rosy Bindi ed a Massimo D’Alema che, in queste ore, non potranno fare a meno di riflettere sul loro futuro.
Peraltro, il messaggio di Veltroni potrebbe creare qualche subbuglio anche nel PdL che, alle prese con l’urgenza di rinnovamento, dopo le vicende Lazio e Lombardia, avrebbe lo spunto per attivare il ricambio generazionale dei suoi quadri dirigenti.
Sembra certo, comunque, che la scelta di Veltroni sia destinata, nei prossimi mesi, a mutare il corso della politica italiana e non solo del PD.