lunedì 31 dicembre 2012

PD e l’imbroglio delle primarie


Checché se ne dica, già le primarie per la scelta del candidato premier, erano state gestite in modo da assicurare la vittoria al candidato dell’apparato.
Infatti, poiché si trattava di scegliere chi domani potrebbe diventare il capo del governo di tutti gli italiani, e non solo dei militanti o simpatizzanti del PD, sarebbe stato logico, e soprattutto democratico, far sì che tutti i cittadini, senza porre vincoli, potessero esprimere la loro preferenza.
Invece la nomenklatura, intimorita dal rischio che Bersani non fosse il candidato premier gradito agli italiani, si è voluta cautelare con regole degne di un regime autocratico.
Il risultato è che l’investitura alla premiership, ottenuta da Bersani il 2 dicembre scorso con 1.500.000 voti, è di fatto scarsamente rappresentativa degli oltre 50.000.000 di elettori che saranno chiamati alle urne ed ai quali Bersani si propone come premier, sempre che, ovviamente, il PD vinca le elezioni 2013.
Siccome, però, il PD ha preso gusto alla farsa delle primarie, ecco replicare con le primarie per la scelta dei candidati.
E questa volta l’imbroglio è ancora più marchiano !
Innanzitutto, Bersani imbroglia gli italiani, e non solo i suoi militanti, quando afferma che le primarie offrono ai cittadini l’opportunità di scegliere il 90% dei parlamentari PD.
In primo luogo perché Bersani non dice che, tuttalpiù, i cittadini scelgono candidati e non parlamentari, infatti tra essere candidato e parlamentare ce ne passa.
Ora, mentre è giustificabile che Bersani, a causa della sua congenita confusione mentale, possa scambiare candidato e parlamentare, non è giustificabile, invece, che turlupini tutti affermando che con le primarie i cittadini possano scegliere il 90% dei candidati.
Che questa affermazione sia una panzana è un dato di fatto !
Infatti, il segretario PD si è riservato il diritto di nominare, a suo insindacabile giudizio, oltre ad un listino di 100 candidati anche 44 capilista.
Non solo, ma siccome sarà ancora e sempre il segretario PD a decidere la posizione dei candidati nelle “liste bloccate”, comunque vadano le cose i 144 candidati, scelti dal segretario, saranno piazzati in modo da essere predestinati ad avere un seggio parlamentare assicurato.
Ci sono, poi, altri dieci candidati di lungo corso che, pur avendo superati 15 anni di militanza parlamentare, hanno chiesta ed ottenuta la deroga dal segretario PD, e godranno di una collocazione protetta nelle “liste bloccate”.
Questo sorprendente slancio di rinnovamento riguarda: Rosy Bindi (parlamentare da 18 anni), Mauro Agostini (parlamentare da 18 anni), Maria Pia Garavaglia (parlamentare da 33 anni), Anna Finocchiaro (parlamentare da 25 anni), Giorgio Merlo (parlamentare da 16 anni), Franco Marini (parlamentare da 21 anni), Cesare Marini (parlamentare da 18 anni), Gian Claudio Bressa (parlamentare da 24 anni), Beppe Lumia (parlamentare da 18 anni), Beppe Fioroni (parlamentare da 16 anni).
È chiaro, perciò, che il segretario Bersani si è riservato il diritto di aggiudicare, di fatto, a 154 predestinati, una poltrona nel parlamento che uscirà dalle urne con il voto del 24 e 25 febbraio 2013.
Ipotizzando, perciò, che la coalizione PD – SeL possa vincere le elezioni 2013, Bersani, con questo abile trucco, si è garantito il diritto di nominare lui, a suo insindacabile giudizio, il 40% dei possibili parlamentari eletti nelle file del PD.
Se poi la coalizione PD – SeL non vincesse le elezioni, senza il premio di maggioranza previsto dal porcellum, la percentuale salirebbe oltre il 60%.
A questo punto, perché non etichettare le primarie PD un imbroglio, consumato alle spalle dei creduloni, che si sono recati in questi giorni ai gazebo, per eleggere l’ipotetico 90% dei candidati, sborsando anche l’obolo di 2 euro ?

domenica 30 dicembre 2012

La “Agenda Monti” nasce zoppa

 
L’improvvisata conferenza stampa, che è seguita al vertice di coloro che dicono di condividere la “Agenda Monti per l’Italia”, ha generate alcune perplessità ed una qualche delusione.
Come ha giustamente osservato Corrado Passera, la sensazione è che sia stata sciupata la grande occasione per proporre, agli elettori, un soggetto politico veramente nuovo, in grado di realizzare un autentico radicale rinnovamento, capace di prendere le distanze, in modo definitivo, da una politica oramai così degradata da disgustare e mortificare gli italiani.
L’impressione a caldo è che i professionisti della politica, per loro meschini interessi di bottega, si siano messi di traverso, ancora una volta, sulla strada di un vero rinnovamento.
Eppure le premesse c’erano tutte, per presentare agli elettori una proposta nuova, e dare un segnale di cambiamento.
Perché, quindi, una lista unica, per il Senato e, invece, due, tre o quattro liste differenti (permane l’incertezza sul numero) per la Camera ?
Evidentemente è una scelta dettata non dalla condivisione sincera di un progetto, appunto la “Agenda Monti per l’Italia”, ma solo da calcoli di opportunismo e di difesa delle vecchie logiche partitiche.
Il ventilato impegno a riunirsi, poi, in un unico gruppo parlamentare alla Camera, è il culmine dell’ipocrisia!
E Monti ha sbagliato, ha sbagliato di brutto nell’accettare il doppio binario, illudendosi di poter controllare del tutto una federazione di più liste e di potere condizionare le candidature.
Oltre tutto, è logico supporre che, sull’elettorato moderato, avrebbe fatta maggior presa la “salita in politica” di un nuovo soggetto, reso ancora più credibile dalla selezione e dal ricambio della classe dirigente; in altre parole, facce nuove, esponenti della società civile, persone competenti in grado di gestire il percorso ad ostacoli che il Paese dovrà affrontare nei prossimi anni.
Mentre è oramai evidente che UDC sceglierà i propri candidati, così come farà FLI, e Monti dovrà prendere a bordo tutti senza batter ciglio.
Così facendo, con la frammentazione delle liste la proposta rischia di riservare agli elettori l’amara sorpresa di incocciare ancora nei soliti vecchi politicanti, da Casini (in Parlamento da 29 anni) a Fini (in Parlamento da 29 anni), da Buttiglione (in Parlamento da 19 anni) a Bocchino (in Parlamento da 16 anni), e via dicendo.
Se, invece, Monti avesse insistito per presentare una lista unica, anche alla Camera, sarebbe stato possibile selezionare i candidati, con criteri univoci di moralità, autorevolezza e capacità, e proporre all’elettorato una squadra prestigiosa, senza le scorie della vecchia politica.
Tra l’altro, non è neppure da escludere che mantenere in vita, almeno per la Camera, liste ereditate, da quella politica palesemente rifiutata dagli italiani, possa generare diffidenza non solo nell’elettorato, ma anche in autorevoli personaggi, riluttanti a “salire in politica” ed a metterci la faccia, al fianco dei professionisti della politica.
Resta il fatto, comunque, che con la scelta del doppio binario si riduce, non di poco, la credibilità di un auspicato nuovo modo di fare politica.

sabato 29 dicembre 2012

Come zittire gli sproloqui di Berlusconi

 
Non passa giorno che non capiti di chiedermi se, nel panorama dei media nazionali, esistano cronisti, inviati, giornalisti, conduttori televisivi e compagnia bella, dotati di congrui attributi.
È una domanda che mi pongo con maggiore frequenza in periodi, come quello attuale, di avvicinamento alle elezioni politiche.
Basta seguire un qualsiasi talk show televisivo per rendersi conto che sono le appartenenti al mondo dell’informazione, di sesso femminile, decisamente più combattive che, difficilmente, si fanno prendere per il naso dai loro interlocutori.
Il cosiddetto sesso forte, invece, dà prova di essere così insicuro e remissivo da tollerare che intervistati ed interlocutori possano raccontare le loro panzane, senza mai incontrare un’obiezione alla gratuità ed infondatezza delle loro affermazione.
Possibile che non si rendano conto di apparire, a chi li ascolta, e magari li sta anche guardando, come fantocci privi di personalità, non professionali, incapaci ed un tantino cortigiani ?
Naturalmente il livello di servilismo è direttamente proporzionale al supposto potere politico e/o economico della persona da intervistare o con la quale interloquire.
Prendiamo, ad esempio, Bruno Vespa.
Quando ospita Berlusconi si prostra ai suoi desideri con disgustoso servilismo, salvo poi esibire verve inquisitoria quando, ospiti del suo salotto, sono personaggi non vicini al suo credo.
Ma occupiamoci di attualità.
Da oltre dieci giorni un invasato Berlusconi imperversa, ad ogni ora del giorno, in radio, in Tv, sulla stampa, e straparla di tutto, ma soprattutto si polarizza sul dare addosso a Monti e denigrarlo.
Una bambolina in premio a chi indovina perché lo faccia !!!
Ad esempio, domenica scorsa, intervistato (si fa per dire !) da Massimo Giletti, su RAI 1, Berlusconi pur rendendosi ridicolo con la ripetuta sceneggiata del “se non mi fa parlare me ne vado”, è riuscito comunque ad impedire che Giletti gli ponesse domande o gli confutasse le sue bislacche affermazioni, raggiungendo così il suo scopo di prodursi in logorroici monologhi.
Mi domando perché Giletti, visto che Berlusconi gli impediva, di fatto, di svolgere il ruolo, per il quale è retribuito da RAI, cioé porgere domande e obiettare alle false verità, non abbia deciso lui di abbandonare lo studio televisivo motivando il gesto semplicemente con “dal momento che lei non mi consente di svolgere il mio ruolo la mia presenza qui è superflua”.
Questo sì che sarebbe stato un autentico e lodevole coup de théâtre!
Sicuramente Berlusconi sarebbe rimasto disorientato, ed almeno per qualche secondo si sarebbe zittito.
Per la prima volta, in vita sua, avrebbe smarrita la sua prosopopea, trovandosi di fronte a qualcuno che non era disposto a subire tanta tracotanza.
Sicuramente Giletti avrebbe riscosso uno strepitoso applauso dal pubblico presente, con l’immaginabile imbarazzo di Berlusconi.
Ognuno può fantasticare su cosa avrebbe potuto succedere nei minuti successivi.
Certamente, nelle ore successive, Giletti sarebbe stato vittima di un nuovo editto bulgaro.
Tutto questo però appartiene ad un libro dei sogni che è sconosciuto a noi italiani, per cui siamo condannati a dover sopportare ancora questi spettacoli di squallida piaggeria.

venerdì 28 dicembre 2012

Cicchitto … e magnete o’ limone !

 
È sufficiente che un qualsiasi politico intraveda, nei paraggi, un microfono od il taccuino di un cronista, per incominciare a parlare.
Nella quasi totalità dei casi, il politico non ha nulla d’intelligente o di interessante da dire, ma il microfono od il taccuino lo eccitano, e lui raggiunge una eloquenza orgasmica.
Mentre blatera, di solito rivolge lo sguardo all'intorno, verifica che tutti prestino attenzione e pendano dalle sue labbra.
Capita, a volte, che qualche cronista gli rivolga una domanda inattesa ed allora il politico, se non sa come arrabattare una risposta, si rifugia in un “no comment”.
Una situazione, questa, nella quale non si potrà trovare mai Berlusconi perché, nel caso qualcuno osasse fargli una domanda non scritta nel copione, lui sfoggerebbe il più classico dei suoi celebri: “vuole che me ne vada ? me ne vado”.
Per il politico ordinario, invece, che deve rispondere anche a domande non concordate, i peggiori nemici sono i  vuoti di memoria oppure le dichiarazioni, di qualche ora o di qualche giorno prima, rilasciate sotto condizionamento dell’ipocrisia strumentale.
Uno degli esempi ricorrenti di politico smemorato è quello di Fabrizio Cicchitto.
L’ultimo infortunio in cui è incespicato Cicchitto è di questi giorni.
Non appena Mario Monti ha cinguettato su twitter “Insieme … saliamo in politica”, Cicchitto è partito lancia in resta sproloquiando contro Monti e denunciando un “vulnus politico ed istituzionale”.
Ora, sarà effetto di una memoria resa insicura dalla sua non più giovane età, sarà perché costretto a picchiare duro su Monti, per ordine ricevuto da Berlusconi, Giove Ottimo Massimo (come lo chiama Albertini), fatto sta che lo sbadato Cicchitto ha dimenticato che soli dieci giorni prima, era il 14 dicembre, aveva detto “siamo tutti convinti nel sostenere come “auspicabile” il ruolo di Monti quale aggregatore dei moderati”.
Porca miseria, è proprio vero che, pur di esaudire i diktat di Berlusconi e così tentare di difendere il posto nelle liste elettorali, Cicchitto è disposto anche a sputtanarsi.
Infatti, anche il più novizio dei cronisti potrebbe rivolgergli una semplice domanda: “Cicchitto, se lei non percepiva nessun vulnus, né politico né istituzionale, solo dieci giorni fa, per quel ruolo di aggregatore dei moderati, che lei auspicava per Monti, come mai improvvisamente, lo avverte oggi che Monti ha scelto di assumere lo stesso ruolo di aggregatore dei moderati, ma escludendo il PdL ?”.
Certamente Cicchitto potrebbe far finta di non capire la domanda, oppure farfuglierebbe qualcosa come, ad esempio: “non ci avevo pensato !”.
Peraltro, Monti avendo rassegnate formalmente le dimissioni da Capo del Governo, come previsto dalla Carta Costituzionale rimane in carica solo per gestire l’ordinaria amministrazione.
In pratica, cioè, Monti, può compiere esclusivamente atti per l’esecuzione delle leggi vigenti, ma deve rigorosamente astenersi da ogni atto discrezionale e politico.
Quindi, di fatto, Monti oggi è un comune cittadino, spoglio di ogni potere discrezionale e politico.
Può darsi che Cicchitto avesse ben presente questa parte della Costituzione, quando auspicava che Monti diventasse l’aggregatore dei moderati, però oggi non gli fa comodo ricordarla perché Monti ha deciso di essere l'aggregatore dei moderati ma di non includere tra i moderati il PdL.
Una riconferma dell’ipocrisia strumentale di cui è uno specialista Fabrizio Cicchitto !
Prendendo in prestito una simpatica espressione napoletana sarei tentato a dirgli: “a’ Cicchi’ … e magnete o’ limone !” (*).
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(*) Questa colorita espressione napoletana esorta a ricercare, in un succoso limone di Sorrento, la consolazione per una delusione od un dispiacere.

giovedì 27 dicembre 2012

Parroco, gerarchie ecclesiali e femminicidio

 
 
Ho atteso qualche giorno prima di scrivere questo post, sperando, ahimè inutilmente, che dalle gerarchie ecclesiastiche si levasse almeno una parola di censura nei confronti di don Piero Corsi, parroco di San Terenzo, stupendo borgo marinaro del comune di Lerici, in provincia di La Spezia.
Che delusione !
Nessuna censura e neppure una parola di biasimo, per cui mi sembra legittimo dedurre, in base all’assioma che il “silenzio è assenso”, che la abietta iniziativa del parroco di San Terenzo abbia trovata una qualche condivisione da parte delle alte sfere del clero cattolico ed in particolare del Vescovo di La Spezia.
Nei giorni precedenti le festività natalizie, don Piero Corsi ha pensato di mettere in bella mostra, nella bacheca della chiesa parrocchiale, una lettera-volantino dall’eloquente e sgradevole titolo
“Le donne e il femminicidio:
le donne facciano sana autocritica, quante volte provocano?”
Con la lettera-volantino, questo sacerdote, di Santa Romana Chiesa, addossa alle donne la colpa di farsi violentare, stuprare ed assassinare.
Infatti, con una folle e sconcertante tesi, il prete afferma, nel suo messaggio natalizio, che sarebbero le donne e le ragazze, con i loro abiti succinti, a provocare gli istinti degli sventurati e fragili maschietti.
Da qui l’esortazione, a donne e ragazze, a fare un “sano esame di coscienza” e l’invito a trarre le debite conclusioni, vale a dire che, siano proprio loro stesse a cercare gli stupri, le violenze, i femminicidi.
Chiaramente si tratta di affermazioni che solo una mente delirante, degradata da anni di seminario, prima, e di sacerdozio, poi, può avere avuta l’impudenza di proferire.
Alla mente farneticante di don Piero Corsi è sfuggito, però, che a qualcuno potrebbe venire in mente di affiggere, nelle bacheche delle parrocchie, una lettera-volantino con la quale mettere in guardia, ad esempio, bambini e ragazzi affinché evitino di: “frequentare chiese ed oratori per non provocare gli istinti dei preti pedofili che affollano i luoghi di culto e di evangelizzazione”.
Mi domando se, di fronte all’affissione di siffatta lettera-volantino, le alte gerarchie ecclesiali rimarrebbero in un altrettanto assordante silenzio.
Comunque, non è la prima volta che don Piero Corsi dia prova di evidenti turbe.
Ai primi di ottobre, nell’ormai celebre bacheca, il parroco aveva già affisse le vignette anti-islamiche, che hanno provocate violente e sanguinarie reazioni in tutto il mondo.
Non solo, ma mesi prima, brandendo un pesante candelabro aveva cacciato dalla sacrestia un barbone che era entrato per chiedere l’elemosina.
Ha voglia il signor Ratzinger di predicare fratellanza, solidarietà, indulgenza, carità, etc., se poi i suoi bottegai si comportano, sul campo, come questo don Piero Corsi !

Trinariciuti e l’obbedienza cieca, pronta e assoluta

 
Le reazioni inconsulte ed irritate, che continua a provocare, in queste ore, la scelta di Pietro Ichino di lasciare le file del PD, per sottoscrivere la “Agenda Monti”, mi richiamano alla memoria quello che, negli anni ’50 sul settimanale “Candido”, scriveva Giovannino Guareschi.
Pur se è trascorso oltre mezzo secolo, sembra che, nella sinistra italiana, la cultura del “trinariciuto” sia ancora dominante.
Guareschi qualificava “trinariciuti” i sostenitori dell’allora partito comunista che, avendo rinunciato ad una propria autonomia di pensiero e di critica, “portavano i loro cervelli all’ammasso” ed assicuravabo ai vertici del partito “obbedienza cieca, pronta ed assoluta”.
Perché “trinariciuti” ?
Perché, per Guareschi il “trinariciuto” è colui che è “dotato di una terza narice che ha una funzione completamente indipendente dalle altre due: serve di scarico, per tenere sgombro il cervello, e permette l’accesso diretto alle direttive di partito che così possono sostituire la materia grigia”.
Evidentemente, per la decrepita nomenklatura ex PCI, ora PD, nonostante siano trascorsi molti decenni, la convinzione che i seguaci debbano continuare a “portare il loro cervello all’ammasso” è sempre dominante.
Oddio, se Guareschi fosse ancora vivo, si renderebbe conto che essere “trinariciuti” non è più una prerogativa esclusiva dei militanti di sinistra, ma ha trovata completa propagazione presso i berluscones, di ogni livello e grado, ai quali la “obbedienza cieca, pronta ed assoluta”, al signore di Arcore, è imposta fin dal 1994 !
Ritorniamo, però, al caso Ichino ed alla tanto vituperata sua scelta di lasciare il PD.
Che il PD sia un’accozzaglia, mal assortita, d’individui con idee molto diverse tra loro, accomunati solo dall’interesse a conservare le loro poltrone, è un dato di fatto che non scopriamo oggi.
Nel PD, infatti, coesistono una “area socialdemocratica”, frazionata in 7 diverse correnti, una “area cristiano-sociale”, divisa in 5 correnti, una “area liberale”, frammentata in 3 correnti, ed una “area ecologista”, al momento ancora unitaria.
Pretendere che questo guazzabuglio di correnti possa condividere un “pensiero unico”, è un’idea così strampalata da poter trovare posto solo nella mente confusa ed ondivaga di Pierluigi Bersani.
Per non farsi mancare nulla, però, cosa ti fa Bersani per esasperare lo stato confusionale che caratterizza il PD ?
Stringe un patto di ferro con Vendola suscitando l’insofferenza di buona parte della “area socialdemocratica”, e sicuramente delle aree “cristiano-sociale” e “liberale”.
Ora, se in qualche esponente PD l’insofferenza sia tale da portare alla non condivisione delle scelte bersaniane, e se questo esponente pensasse di comportarsi non come un “trinariciuto”, ma decidesse di usare il proprio cervello, non ci sarebbe nulla di  scandaloso.
Ed è ciò che ha fatto Pietro Ichino, nel momento in cui, con lo scioglimento delle Camere, è decaduto anche il suo mandato di parlamentare del PD.
Meglio, anzi, che queste scelte siano fatte prima piuttosto che dopo, sempre nell’ipotesi che il PD vinca le prossime elezioni.
Infatti, qualcuno riesce ad immaginare quali scontri devastanti, tra il riformista Ichino e Fassino e Vendola, ideologici conservatori e cigiellini, potrebbero lacerare il futuro governo, in materia di lavoro ?
Così come qualcuno può prefigurarsi cosa potrebbe accadere quando, per pagare la cambiale a Vendola, Bersani fosse costretto a convincere gli appartenenti alle correnti “Teodem” e “Bindiani” ad approvare una legge sui matrimoni gay ?
Altro che governo stabile … Bersani incespicherebbe su ogni decisione, giorno dopo giorno !

mercoledì 26 dicembre 2012

Il pensiero politico di Jose’ Pepe Mujica

Giorni fa, in un precedente post, accennavo al desiderio di ritornare sul discorso che Jose’ Pepe Mujica, Presidente dell’Uruguay, aveva pronunciato dalla tribuna del G 20, svoltosi in Brasile nello scorso mese di giugno.
Sarebbe, però, presuntuoso e sciocco, da parte mia, se mi proponessi di interpretare o chiosare tali parole, per cui mi limiterò a riportare la traduzione italiana del suo discorso.
Prima, però, mi sembra opportuno ricordare che il 77enne Jose’ Pepe Mujica, noto come il “presidente più povero del mondo”, è la persona che, dall’emolumento di 12.000 dollari mensili, che gli compete per il suo ruolo istituzionale, trattiene per sé solo 750 dollari (che corrispondono al reddito medio dei cittadini uruguaiani) devolvendo tutto il resto in aiutp dei più poveri, continua a vivere nella sua modesta casa in campagna e, quando è libero da impegni istituzionali, si dedica a lavorare la terra.
Sotto il profilo economico, l’Uruguay, del quale Jose’ Pepe Murjica è Presidente dal 2010, ha poco più di 3.300.000 abitanti, con un indice di disoccupazione del 6%, un tasso d’inflazione che si aggira sull’8%, ed un prodotto interno lordo (PIL) che è stato del + 5,7% (nel 2011), del + 3,9% (nel 2012) ed è previsto pari al + 4% per il 2013.
Infine, il rapporto Debito/PIL, per il 2012, è inferiore al 55%.
Ed ecco le parole di Jose’ Pepe Mujica.
oooooooooooooooooooo
“Un grazie particolare al popolo del Brasile, ed alla sua Signora Presidentessa, Dilma Rousseff.
Grazie anche alla sincerità con la quale, sicuramente, si sono espressi tutti gli oratori che mi hanno preceduto.
Come governanti, tutti manifestiamo la profonda volontà di favorire gli accordi che questa nostra povera umanità sia capace di sottoscrivere.
Permettetemi, però, di pormi alcune domande a voce alta.
Per tutto il giorno si è parlato di sviluppo sostenibile e di affrancare, dalla povertà in cui vivono, immense masse di esseri umani.
Ma cosa ci frulla per la testa ?
Pensiamo all’attuale modello di sviluppo e di consumo delle società ricche?
Mi domando: che cosa succederebbe al nostro pianeta se anche gli indù avessero lo stessa numero di auto per famiglia che hanno i tedeschi?
Quanto ossigeno ci resterebbe per respirare ?
Più francamente: il mondo ha le risorse materiali, oggi, per rendere possibile che 7 od 8 miliardi di persone possano sostenere lo stesso livello di consumo e di sperpero che hanno le opulente società occidentali ?
Sarebbe possibile tutto ciò?
Oppure, un giorno, dovremmo affrontare un altro tipo di dibattito ?
Perché siamo stati noi a creare la civiltà nella quale viviamo: figlia del mercato, figlia della competizione, che ha portato uno sviluppo materiale portentoso ed esplosivo.
Ma l’economia di mercato ha creato la società di mercato che ci ha rifilata questa globalizzazione.
Stiamo governando noi la globalizzazione oppure è la globalizzazione che governa noi ?
E’ possibile parlare di fratellanza e dello stare tutti insieme, in un’economia basata su una competizione così spietata ?
Fino a dove arriva veramente la nostra solidarietà ?
Non dico queste cose per negare l’importanza di quest’evento, al contrario.
La sfida che abbiamo davanti è di una portata colossale, e la grande crisi non è ecologica, ma è politica !
L’uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma sono queste forze che governano l’uomo … ed anche la nostra vita !
Perché noi non siamo nati solo per svilupparci.
Siamo nati per essere felici.
Perché la nostra vita è breve e passa in fretta.
E nessun bene vale come la vita, questo è elementare.
Ma se la vita ci scappa via, lavorando e lavorando per consumare di più, il vero motore del vivere è la società consumistica, perché, di fatto, se si arresta il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, spunta il fantasma del ristagno per tutti noi.
E’ il consumismo che sta aggredendo il pianeta.
Per alimentare questo consumismo, si producono cose che durano poco, perché bisogna vendere tanto.
Una lampadina elettrica non deve durare più di 1000 ore, però esistono lampadine che possono durare anche 100 mila o 200 mila ore!
Ma questo non lo si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo sostenere la civiltà dell’usa e getta, e così restiamo imprigionati in un circolo vizioso.
Questi sono i veri problemi politici che ci esortano ad incominciare a lottare per un’altra cultura.
Non si tratta di immaginare il ritorno all’uomo delle caverne, né di erigere un monumento all’arretratezza.
Però non possiamo continuare, indefinitamente, a lasciarci governare dal mercato, dobbiamo cominciare ad essere noi a governare il mercato.
Per questo dico, con il mio modesto pensiero, che il problema che abbiamo davanti è di carattere politico.
I vecchi pensatori, Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara, dicevano: “povero non è colui che ha poco, ma colui che necessita tanto e desidera sempre di più e di più”.
Questa è una chiave di carattere culturale.
Per questo saluterò di buon grado gli sforzi e gli accordi che si faranno, e come governante li sosterrò.
So che alcune cose che sto dicendo, possono urtare.
Ma dobbiamo capire che la crisi dell’acqua e del clima non è la causa.
La causa è il modello di civiltà che abbiamo messo in piedi.
Quello che dobbiamo cambiare è il nostro modo di vivere!
Appartengo a un piccolo paese, dotato di molte risorse naturali.
Nel mio paese ci sono poco più di 3 milioni di abitanti. Ma ci sono anche 13 milioni di vacche, tra le migliori al mondo, e circa 8 o 10 milioni di meravigliose pecore.
Il mio paese è un esportatore di cibo, di latticini, di carne.
E’ una pianura e quasi il 90% del suo territorio è sfruttabile.
I miei compagni lavoratori, hanno lottato molto per ottenere le 8 ore di lavoro.
Ora hanno conseguite le 6 ore lavorative.
Ma quello che lavora 6 ore, poi cerca il secondo lavoro, per cui lavora più di prima.
Perché? Ma perché deve pagare una quantità enorme di rate: la moto, l’auto, e paga una rata ed un’altra e un’altra ancora, e quando decide di riposare … è oramai un vecchio reumatico, come me, e la vita gli è volata via.
E allora uno si deve porre una domanda: è questo lo scopo della vita umana?
Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità.
Lo sviluppo deve favorire la felicità umana, l’amore per la terra, le relazioni umane, la cura dei figli, l’avere amici, l’avere il giusto, l’elementare.
Perché il tesoro più importante che abbiamo è la felicità!
Quando lottiamo per migliorare la condizione sociale, dobbiamo ricordare che il primo fattore della condizione sociale si chiama felicità umana!
Grazie !”

lunedì 24 dicembre 2012

Berlusconi … il nuovo che avanza

Nella sua forsennata campagna prenatalizia, saltando come un grillo da uno studio televisivo all’altro, Berlusconi crede di poter rincretinire gli italiani, sani di mente, con un presenzialismo drogato dalla demonizzazione di Mario Monti, da ingiurie rivolte a tutti gli avversari politici, da fregnacce dejà vu.
Pretende, come al solito, che gli siano rivolte solo le domande che lui ha scrupolosamente scritte e recapitate all’intervistatore.
Guai a chi si permetta di interrompere i suoi monologhi o di contraddirlo.
Per Berlusconi gli intervistatori ideali sono le damigelle svampite, come Barbara D’Urso, od i maggiordomi ossequiosi, come Bruno Vespa, mentre tutti gli altri sono diabolici comunisti.
La vera aspirazione, di Berlusconi, sarebbe quella di potersi sporgere, un giorno, dal balcone di Piazza Venezia per arringare folle osannanti, finalmente senza domande e contradditorio.
Forse non ricorda, però, che chi l’ha preceduto su quel balcone è finito poi in Piazzale Loreto.
Fatto sta che, in questa campagna prenatalizia Berlusconi è quello di sempre, impudente, bugiardo, turlupinatore, insolente, dispotico.
Cosa possiamo attenderci, perciò, dalla nuova discesa in campo di Berlusconi ?
Sicuramente il suo impegno continuo ad esaltare il prestigio dell’Italia nei consessi internazionali …
 

… la certezza che continuerà a dormire sulla crisi che colpisce gli italiani …
 



… la gratitudine per gli italiani che lo avranno eletto, che sa esprimere mostrando loro il … dito medio
 
 
 … il ricorso agli scongiuri per difendersi dai magistrati e dai processi ! 

 

Buona fortuna Italia !!!



domenica 23 dicembre 2012

Berlusconi deluso, Albertini non è Scilipoti !

 
“Omm’ se nasce, brigante se more” intona un antico canto popolare del Sud Italia cantato durante i moti contro il dominio dei Borboni.
Non so se Gabriele Albertini abbia canticchiati questi versi, tra sé e sé, pensando al suo amico Berlusconi mentre gli scriveva la lettera di cui ha parlato in conferenza stampa.
Una lettera il cui incipit è: “Egregio Presidente, caro Silvio e simpaticamente Giove Ottimo Massimo” !
Dal testo emerge, con chiarezza, che Albertini, europarlamentare del PdL, già sindaco di Milano dal 1997 al 2006, non abbia nessuna intenzione di rinunziare a candidarsi alla presidenza della Regione Lombardia, a capo di una lista civica.
La fermezza, con cui Albertini riafferma la sua candidatura, racconta dello smacco, subito da “Giove Ottimo Massimo”, scoprendo che non tutti gli esseri umani siano in vendita e disponibili a farsi comprare.
Infatti, se Albertini avesse accettato di togliersi di mezzo, rendendo così possibile l’inciucio che Berlusconi ha intenzione di fare con la Lega di Maroni, avrebbe potuto presentarsi come capolista del PdL al Senato, in Lombardia, alle elezioni politiche 2013.
Praticamente una poltrona sicura da senatore, per la prossima legislatura, offertagli da Berlusconi in cambio della sua rinuncia a candidarsi alla presidenza della Lombardia.
Albertini, invece, gli ha risposto di non essere in vendita.
C’è un passo, della lettera scritta da Albertini a Berlusconi, che aiuta a cogliere la persistente ipocrisia che influenza ogni parola di “Giove Ottimo Massimo”.
Scrive Albertini:“da: "Gabriele è senza dubbio una risorsa importante della quale non faremo a meno (*)"...  oggi sono diventato un inconveniente”.
Perché mai Albertini dovrebbe ritirarsi se, in realtà, si propone di praticare, in Lombardia, una politica caratterizzata da persone credibili, programmi chiari e coerenti, ispirati all’agenda europea ?
Infatti, sono le stesse linee della politica che Berlusconi, mentendo sapendo di mentire, giura e spergiura di voler attuare.
Fatalmente, dopo lo smacco subito, Berlusconi ha ordinato ai suoi serventi di aggredire Albertini con insulti e tentativi di sputtanamento.
Quello, però, che “Giove Ottimo Massimo” non riesce proprio a mandare giù, è che, nel giro di pochi giorni, per la seconda volta si è trovato di fronte una persona non in vendita.
Infatti, prima di Albertini, era stato già Mario Monti a rifiutare la sua proposta di diventare il leader dell’area moderata.
Incassato questo rifiuto, Berlusconi si è scatenato, in prima persona, in una campagna violenta di censure ed affermazioni mirate a screditare il lavoro svolto da Monti.
Ma mi domando: se Monti è stato per davvero un “disastro completo”, come va sproloquiando ai quattro venti Berlusconi, perché mai, solo qualche giorno fa, si diceva disposto a fare un passo indietro purché Monti assumesse il ruolo di aggregatore dei moderati ?
Ennesima conferma che una grande confusione mentale sconvolge le idee già scarse di “Giove Ottimo Massimo” !
(*) Parole, pronunciate da Berlusconi, in occasione dell’intervista rilasciata a Roberto Gelmini per il libro “L’onestà al potere”.

venerdì 21 dicembre 2012

Monti “piccolo protagonista”… in che senso ?

 
Secondo Berlusconi, se Mario Monti decidesse di candidarsi alle prossime elezioni, rischierebbe di diventare un "piccolo protagonista”.
Sarei indotto ad escludere che, usando l’aggettivo “piccolo”, Berlusconi abbia voluto riferirsi alla statura fisica di Monti, anche perché, pur non essendo un gigante Monti potrebbe, senza difficoltà, usare come leggio un Berlusconi, pur provvisto delle sue usuali zeppe.
Quindi, è più verosimile che, l’aggettivo “piccolo” Berlusconi intendesse riferirlo a fattori quali il prestigio, l’autorevolezza, il peso politico, il potere, e così via, che Monti conseguirebbe come leader di un movimento, o di un ensemblement politico, nel caso non vincesse le elezioni.
Probabilmente io avrò un metro del tutto personale nel valutare questi fattori, ma posso assicurare che nella mia, non certo breve esistenza, ho avuto la fortuna di conoscere molte persone di assoluto prestigio, d’incondizionata autorevolezza e di grande potere; valori che erano riconosciuti loro per quello che avevano e continuavano a fare e dire.
Sono attributi, cioè, che non sono ereditari e non sono neppure in vendita sugli scaffali di un supermarket, ma si conquistano con il modo di vivere e con i comportamenti.
Per questo mi lascia perplesso che sia proprio Berlusconi ad ipotizzare, per Monti, l’eventualità che possa diventare un “piccolo protagonista”.
Non per altro, ma perché, in quanto a prestigio ed autorevolezza, Berlusconi ha dimostrato, in vent’anni di vita politica, di non averne saputo conquistare neppure un livello minimale.
Infatti, non solo si è reso ridicolo, agli occhi del mondo, con portamenti bislacchi e parole a vanvera, dall’esibizione delle corna nella foto ufficiale del vertice UE, in Spagna, al vociare concitato al G20 di Londra, biasimato dalla Regina Elisabetta, ed al baciamano a Gheddafi, solo per citare tre esempi di sconcertanti casi che hanno fatto sghignazzare tutto il mondo.
Ma Berlusconi non si è solo screditato a livello personale, suscitando sorrisetti di scherno in pubblico da parte di Merkel e Sarkozy, ma ha trascinato con sé nella melma anche il nostro Paese.
Non gli è servito da lezione neppure l’affronto ricevuto all’ultima riunione del PPE dove, a sua insaputa, è stato invitato Monti perché riferisse della situazione italiana, e presente Berlusconi, che pochi giorni prima lo aveva sfiduciato, i leader ed i capi di Stato del PPE hanno sollecitato Monti a candidarsi alle prossime elezioni.
Sollecitazione che è arrivata a Monti anche dalla Casa Bianca.
Mi sembra evidente, perciò, che non sarà certo il numero di voti che potrebbe ottenere Monti, sempre che decidesse di candidarsi, a darne la misura del suo prestigio, della sua credibilità e del suo credito internazionale.