martedì 31 maggio 2016

Politicamente pietosi, moralmente vergognosi

Non bisognava essere chiaroveggenti per prevedere che i due emendamenti sull’istituto della prescrizione, presentati dai senatori Casson e Cucca del PD, avrebbero scatenata una bagarre all’interno della maggioranza di governo.
Ad accendere le micce si sono affrettati i due soci del governo Renzi, Alfano e Verdini, cui hanno fatto subito eco i loro galoppini con dichiarazioni che non lasciano dubbi sulla loro contrarietà a contrastare malaffare, corruzione e criminalità.
Sorprendente, però, che il primo effetto di questo pandemonio sia stato il ritiro della propria firma dagli emendamenti del senatore Cucca.
Ora mi domando: ma il senatore Cucca era capace di intendere e di volere quando ha firmati i due emendamenti e, quindi, ne condivideva il contenuto o vi ha apposta la sua firma solo per fare un piacere all’amico Casson ? Boh !
Stupefacenti, invece, queste parole di Angelino Alfano: “…tenendo già conto dei tempi lunghissimi di una serie di prescrizioni, i processi potrebbero essere eterni e tenere in sospeso una persona per circa 30 anni”.
Forse l’emerito avvocato nonché ministro dell’interno, Alfano, sembra ignorare che tra tempi della prescrizione e durata dei processi non esista nessuna correlazione.
Sarebbe etico e decente, infatti, che un malfattore sia chiamato a rendere conto fino a che campa del reato che ha commesso, qualunque esso sia, o comunque fino a quando non sia stato giudicato con sentenza definitiva di condanna o assoluzione.
La prescrizione, invece, è un istituto aberrante perché, trascorso un determinato lasso di tempo, non solo rende non più perseguibile il reato, ma può addirittura estinguere l’eventuale processo in corso impedendo che si arrivi a giudizio.
Cosa ha a che vedere, quindi, la prescrizione con la durata dei processi ?
Assolutamente nulla, tanto è vero che la Carta Costituzionale, all’Art. 111, stabilisce che “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge … che ne assicura la ragionevole durata” ma non accenna affatto all’obbrobrio della prescrizione.
Mi sembra, perciò, che quello di Alfano sia solo un ridicolo e patetico tentativo di confondere le acque per far sì che malfattori, corrotti e criminali la facciano franca nella maggior parte dei casi.
Anche se sicuramente questo è l’obiettivo condiviso anche dal senatore Renato Schifani, un alfaniano DOC anche lui avvocato, diverso è invece il contenuto della sua sollevazione contro gli emendamenti Casson-Cucca.
Avendo appreso che i parlamentari pentastellati si erano dichiarati pronti a votare i due emendamenti, Schifani è insorto affermando che qualora ciò accadesse “si configurerebbe una maggioranza trasversale” inaccettabile per loro di Area Popolare che sono forza di governo.
Perbacco, per Schifani sarebbe scandaloso ed intollerabile che le leggi dello Stato fossero votate anche dai rappresentanti del Popolo Sovrano che appartengano a forze politiche che non fanno parte della maggioranza di governo.
Scandaloso ed intollerabile ?
A questo punto, però, mi sorge un dubbio.
Possibile che solo il senatore Renato Schifani ed il Capo dello Stato Sergio Mattarella non si siano ancora accorti che oramai da settimane si sia già costituita, di fatto, una nuova maggioranza trasversale con i voti di fiducia espressi dai verdiniani ?
Perché Schifani non si è scandalizzato e non è insorto allora ?
Perché Mattarella non è intervenuto, nel rispetto della Costituzione, di fronte ad un cambio di maggioranza  ?
Mi fa sorridere, infine, il fatto che il capogruppo PD al Senato, Luigi Zanda, frastornato e non sapendo che pesci pigliare, pur di non innervosire Alfano e Verdini si sia inventato che quei due emendamenti sarebbero solo “ipotesi di lavoro”.

Ma come, il senatore Zanda, in Parlamento da ben quattro legislature, ancora ignora che gli emendamenti legislativi, presentati per iscritto da uno o più parlamentari, siano proposte di modifica sottoposte all’esame ed al voto delle assemblee parlamentari e non “ipotesi di lavoro” per gli amichetti del premier ?    

sabato 28 maggio 2016

Quante balle per un “si”


Sarà forse perché mancano ancora cinque mesi al referendum day.
Sarà forse perché la insistente minaccia di dimissioni, da parte di Renzi e Boschi in caso di successo dei “no” al referendum, mi ricorda il “chi non beve con me peste lo colga” di Amedeo Nazzari nella Cena delle Beffe.
Sarà forse perché puzza di feticismo l’accanimento con cui Matteo Renzi e Maria Elena Boschi si incaponiscono nel decantare i pregi di una riforma costituzionale farlocca.
Sarà forse perché nei confronti di chi non condivide la riforma i renziani usano solo un becero battutismo condito con insulti.  
Sarà forse perché, almeno fino ad oggi, assisto alla colonizzazione della TV pubblica da parte degli ultras della riforma, senza che sia dato spazio ad un civile confronto sui suoi contenuti.
Fatto sta che a me, comune cittadino, da un lato incominciano a girare vorticosamente gli zebedei  e dall’altro appare sempre più angosciante la prospettiva che nei prossimi cinque mesi passino in secondo ordine i veri ed indifferibili problemi del Paese, dalla disoccupazione alla propagazione della povertà , dalla insaziabilità del fisco alle pensioni da fame, dalla corruzione imperversante ai disastri naturali e non.
Ritengo irresponsabile immolare i bisogni reali dell’Italia sull’altare di un feticcio, la riforma del Senato, per puntellarlo con menzogne e malafede.
Già, perché c’è molta ipocrisia nel magnificare una riforma costituzionale che nasconde fini inconfessati perché dispotici.
Ad esempio è falso che la riforma cancelli il bicameralismo, perché comunque il Senato continuerà ad esistere, anche se svuotato del potere legislativo, indegnamente affollato da senatori che non saranno più eletti dal Popolo sovrano.
Perciò, poiché Palazzo Madama non chiuderà i battenti, è una menzogna continuare ad affermare che la riforma taglierà i costi del Senato.
Infatti, dato e non concesso che i futuri senatori non percepiranno né indennità, né diaria, né spese per lo svolgimento del loro mandato, nella migliore delle ipotesi il risparmio si concretizzerebbe in 79 milioni e 401 mila euro, cioè l’ammontare che il bilancio di previsione 2016 ha inserito per il mantenimento dei senatori.
Continueranno, invece, a gravare sulle casse dello Stato: 121 milioni e 280 mila euro per il personale di ruolo e non, in forza al Senato, 235 milioni e 795 mila euro per vitalizi, pensioni dirette e di reversibilità, oltre a circa 100 milioni per spese di cerimoniale, comunicazione istituzionale, servizi di ristorazione, manutenzioni, cancelleria, servizi informatici, ed ammennicoli vari.
A questo punto anche la casalinga di Voghera, fatti due conti, concluderebbe che, anche dopo la riforma, il Senato costerà almeno 457 milioni di euro.
Domanda: ma la sacerdotessa del feticcio riforma, Maria Elena Boschi, sa far di conto ?
Quindi, è credibile che si stia sollevando un tale polverone solo per risparmiare 79 milioni e 401 mila euro, cioè il costo dei senatori eletti dal Popolo ?
Evidentemente no, il disegno inconfessato deve essere ben altro !
Ad esempio, con il combinato disposto della riforma del Senato e della nuova legge elettorale, l’Italicum, Renzi vuole dare un calcio alla democrazia partecipativa negando al Popolo Sovrano il diritto di eleggere i propri rappresentanti sia alla Camera che al Senato.
Infatti, con una Camera costituita da deputati scelti e nominati dai capibastone dei partiti, ed un Senato trasformato in vacanze romane per amministratori locali, scelti e nominati anch’essi dai capibastone, sarà vita facile per il despota di turno disporre del potere a suo piacimento, senza contrappesi  e senza che l’opposizione abbia più voce in capitolo.
La pletora di voti di fiducia ai quali è ricorso Renzi in questi due anni di premierato rappresentano l’avvisaglia del come il ducetto di Rignano intenda governare.
Domani, con parlamentari scelti e nominati da lui tutto sarà più semplice.
Stiamo per vivere, sotto i nostri occhi, lo stupro della democrazia immaginata e voluta dai Padri costituenti.
E concludo scompisciandomi per le risa nel ripensare a queste parole che Matteo Renzi ha avuta la faccia tosta di pronunciare, a Bergamo,nel dare il via alla campagna per il si al referendum costituzionale: “Se non passa (NdR: il referendum) il Paese va all’ingovernabilità. Accadrà il paradiso terrestre degli inciuci”.
Una affermazione kafkiana, paradossale ed allucinante, pronunciata proprio da colui, Matteo Renzi, che è noto per essere il padre del più infame ed ignobile  inciucio della storia repubblicana, il “Patto del Nazareno”, con l’avallo di un Capo dello Stato sul viale del tramonto non solo anagrafico. 

venerdì 27 maggio 2016

Con le spalle al muro sulla prescrizione

Era inevitabile che prima o poi il governo Renzi sarebbe stato chiamato ad un redde rationem sul delicato tema dell’istituto giuridico della prescrizione dei reati.
Nel nostro Belpaese, infatti, dal 5 dicembre 2005 è in vigore la legge 251, più conosciuta come ex-Cirielli dal nome del suo primo firmatario che, però, non condividendo le modifiche apportate dal Parlamento sotto la signoria berlusconiana, la sconfessò e votò contro.
La legge 251 è soprattutto nota per aver edulcorati i termini di prescrizione dei reati, oltre che per aver disposta la commutazione delle pene detentive in arresti domiciliari per i condannati ultrasettantenni se non delinquenti abituali.
Di questa legge se ne avvalse per primo il sodale di Berlusconi, Cesare Previti, che condannato a sei anni per corruzione ottenne gli arresti domiciliari.
Grazie ai termini prescrittivi, previsti dalla legge ex-Cirielli, decine di migliaia di processi non hanno più potuto arrivare a sentenza, mortificando il lavoro di inquirenti e giudici.
Dopo dieci anni di processi frustrati e di delinquenti impuniti, sembra che la politica abbia intenzione finalmente di mettere mano all’istituto della prescrizione.
Purtroppo, però, con una casta politica trasversalmente affollata da inquisiti e furfanti di ogni specie, le contrarietà e le resistenze sono più numerose e ribollenti delle onde in un mare burrascoso.
Il fatto nuovo è che oggi  i senatori Felice Casson e Giuseppe Cucca, entrambi del PD, hanno presentati, in Commissione Giustizia Senato, due emendamenti, concisi ma incisivi nella loro effettività, che di fatto mettono con le spalle al muro il presidente del consiglio costringendolo ad uscire allo scoperto ed a manifestare la sua reale volontà di contrastare malaffare e delinquenza.
Il primo emendamento propone semplicemente: “La prescrizione cessa comunque dopo la sentenza di primo grado”.
Il secondo emendamento, ancora più incisivo, propone: “Il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la notizia di reato viene acquisita o perviene al pubblico ministero, ai sensi dell’art. 335, comma 1 del codice di procedura penale”.
Già, perché attualmente il termine della prescrizione decorre, invece, dal giorno in cui il reato è commesso, con l’azzardo che, il giorno in cui il misfatto fosse scoperto, potrebbe anche non essere più perseguibile.
Cosa si inventerà ora Matteo Renzi per non scontentare i suoi soci di governo, Alfano e Verdini ?
Anche perché la maggioranza per approvare questi due emendamenti ci sarebbe, essendo assicurata dal Movimento 5 Stelle che immediatamente si è dichiarato pronto a votarli.

mercoledì 25 maggio 2016

Fil rouge per la continuità

Lo stato confusionale nel quale si barcamenano, e non certo da oggi, Matteo Renzi ed alcuni ministri del suo governo, potrebbe essere la causa delle frequenti alterazioni che provocano dissociazioni dalla realtà ed avventatezza del linguaggio.
Ad esempio, giorni fa a Bergamo, Matteo Renzi ha voluto dare il via con ben cinque mesi di anticipo alla campagna referendaria facendo finta di non ricordare che, invece, tra soli 15 giorni saranno chiamati alle urne milioni di italiani per elezioni amministrative che, in questo momento, assumono un rilevante significato politico !
Nel suo logoro e monotono sproloquio per il “si” alla riforma costituzionale del Senato, il presidente del consiglio (NdR: dubbio ! o il segretario del PD ?!?), ha accusato i sostenitori del “no” di voler personalizzare il referendum equiparandone il risultato ad un voto favorevole o contrario a lui ed al suo governo.
Ho dovuto ascoltare e riascoltare più volte questa asserzione perché suonava così strampalata da apparirmi inverosimile.
Invece no, sono state proprio parole pronunciate da Renzi !
Ancora uno stravolgimento dei fatti dovuto, forse, ad un improvviso deficit della memoria che ha fatto dimenticare a Matteo Renzi, in quel di Bergamo, come siano mesi che lui, e solo lui, si ostini nell’associare il suo futuro politico al risultato referendario.
Lui e non altri, infatti, da mesi va sbraitando ai quattro venti  che in caso di vittoria dei “no” lui non solo rassegnerebbe le dimissioni dalla presidenza del consiglio ma addirittura si ritirerebbe per sempre dalla scena politica.
La verità è che dimissioni e ritiro dalla scena politica non costituiscono più solo il ritornello di Renzi.
Nelle ultime ore, infatti, anche la ministra Maria Elena Boschi, pur di aprir bocca, si è dichiarata allineata e coperta ai propositi del suo boss annunciando che, in caso di vittoria dei “no”, anche lei rassegnerebbe le dimissioni ed uscirebbe di scena.
A preoccupare non è questa fausta prospettiva, bensì la constatazione che anche la ministra Boschi sembra mostrare i sintomi dello stato confusionale al quale si accennava prima.
Infatti, esaltata ed invasata non meno di Renzi nel fare carte false pur di giustificare e promuovere la insensata riforma del Senato, la ministra Boschi, che già aveva  assimilati agli esagitati di CasaPound coloro che voteranno “no” al referendum costituzionale, ha persa la trebisonda quando, ospite di un programma TV, nel contestare la scelta della Associazione Partigiani di schierarsi per il “no” al referendum, ha asserito che “ci sono molti partigiani, quelli veri che hanno combattuto, e non quelli venuti poi, che voteranno si alla riforma costituzionale”.
Parole scriteriate ed avventate che, manco a dirlo, hanno sollevato un putiferio più che comprensibile, soprattutto perché in effetti la Boschi non ha nessuna credenziale, oltre a quella di essere una spocchiosa e piena di sé, per etichettare come veri o falsi i partigiani associati all’ANPI.
Poiché, però, sembra soffrire anche lei di disturbi della memoria, ecco che dopo poche ore ha negato di aver pronunciate quelle parole ed anzi, secondo le migliori consuetudini della impostura politica, ha accusati i media di “evidenti strumentalizzazioni”.
Chissà perché ma, a pensarci bene, questo stravolgere i fatti, questo negare l’evidenza, questo addossare ad altri colpe inesistenti, mi ricordano il dejà vu degli anni berlusconiani.
Anni  che per  Renzi e le sue vestali, evidentemente, rappresentano il modello al quale ispirarsi e con il quale mantenere il fil rouge della continuità. 

sabato 21 maggio 2016

Venghino, signori, venghino !

“Venghino signori, venghino.  Sono il numero uno nello sparare balle ad ogni ora ed a buon mercato, approfittatene !”
Credo sia sintetizzabile così il leitmotiv della comunicazione con la quale Matteo Renzi si rivolge agli italiani da mesi, e di certo continuerà a farlo in futuro, purtroppo non più solo dalla televisione e dalla carta stampata, ma anche dai social.
Qualche esempio.
Erano trascorsi solo pochi giorni da quando aveva pugnalato alla schiena Enrico Letta e già adottava quel suo fare spaccone.
Fu appunto una spacconata l’impegno a saldare, in poche settimane, decine di miliardi di debiti che la pubblica amministrazione aveva accatastati nei confronti delle imprese fornitrici.
Per dare maggior forza a quella fanfaronata Renzi ne fece oggetto perfino di una scommessa con Bruno Vespa, a Porta a Porta.
Ebbene, passarono le settimane, passarono i mesi, poiché però la pubblica amministrazione continuò nel suo tran tran di debitore moroso Renzi perse la scommessa, anche se non mi risulta che abbia mai pagato pegno.
Passò qualche giorno  e si giunse alla vigilia delle elezioni europee.
Come un imbonitore, da ogni piazza virtuale  Renzi raccontò agli italiani la favoletta della mancetta di 80 euro che, dispensata ogni mese a dieci milioni di lavoratori, avrebbe fatti esplodere i consumi.
Distribuendo le mancette a pioggia ne beneficiarono, però, soprattutto le tasche di quanti vivevano senza stenti, od in famiglie plurireddito, per cui non si verificò nessuna ripartenza dei consumi.
Ancora una filastrocca renziana rivelatasi una balla.
Dopo qualche tempo alla fiera del “venghino, signori, venghino” divenne di moda il Jobs Act.
Raccontò “urbi ed orbi” che con il Jobs Act lui avrebbe sconfitta la piaga della disoccupazione.
A dire il vero nei primi mesi sembrò perfino che la promessa renziana non fosse del tutto una balla e potesse tradursi in qualcosa di concreto.
La verità, però, è che il Jobs Act iniziò a drogare di fatto il mercato del lavoro con sostanziosi sgravi contributivi, fino ad oltre 8.000 euro per tre anni, concessi a fronte di un qualsiasi contratto a tutele crescenti ed a tempo indeterminato.
Va da sé che sedotte da così allettanti sgravi molte imprese ne approfittarono più che per creare nuova occupazione, per trasformare molti degli onerosi contratti a tempo determinato già in essere, tanto poi  una volta terminati gli sgravi anche i licenziamenti senza giustificato motivo, con il Jobs Act (NdR: d.lgs 23/2015) si sarebbero risolti senza difficoltà con il solo indennizzo di qualche mensilità.
Sennonché, da gennaio 2016 gli sgravi contributivi si sono ridotti al 40%, con un tetto massimo di 3250 euro, e saranno validi solo per il biennio 2016/2017, per cui il Jobs Act ha perso molto del suo appeal ed i dati INPS di questi giorni, riferiti al primo trimestre dell’anno in corso, lo confermano.
Renzi, però, piuttosto che ammettere che il Jobs Act non ha raggiunto il suo scopo, nonostante i relativi sgravi siano già costati fino ad oggi più di 13 miliardi alle casse statali, cioè a noi contribuenti, non sa fare di meglio che puntare il dito contro l’INPS accusandolo di raccontere balle.
Ma come ? Se fino all’altro giorno per i renziani era l’INPS la sola fonte credibile nel dettare i dati veri sull’occupazione !
Ma la sagra delle balle non ha fine !
Infatti, saltellando da una smargiassata all’altra mesi fa, con lo approssimarsi delle elezioni amministrative, Renzi ha nuovamente sguainato l’ormai celeberrimo obolo degli 80 euro, promettendolo questa volta ai titolari delle pensioni più basse.
I pensionati, però, stufi di essere presi per i fondelli, sono scesi in piazza in queste ore per reclamare la mancetta che era stata loro promessa.
Poiché, però, la fiera del  “venghino, signori, venghino” dura 365 giorni, non appena si affloscia una balla eccone pronta un’altra.
D’altra parte mi domando, Renzi commette forse un reato se abbindola con filastrocche fantasiose quei grulli che gli danno ascolto ?
No, assolutamente no !
Così ecco tornare di moda, in questi giorni, la fanfaronata del taglio delle tasse per il ceto medio.
Fantastico ! Ma da quando ?
Chissà, può darsi, forse dal 2017 o probabilmente più in là … sempre che … boh … nel frattempo, cari citrulli, accontentatevi di sognare votando per LUI, il pifferaio magico da Rignano sull’Arno. 

martedì 10 maggio 2016

Una dozzina di “io non ci sto!”

Se nel suo modo perverso di governare il nostro  Paese, Matteo Renzi per “cambiamento” intende:
1.  fare carta straccia della Costituzione Italiana – Io non ci sto !
2.  perpetuare un Parlamento di individui nominati dai capibastone dei vari partiti, negando ai cittadini il diritto di eleggere i propri rappresentanti con il voto di preferenza – Io non ci sto !
3. convertire il Senato della Repubblica in un passatempo per amministratori  locali, nominati sempre dai partiti, ai quali riconoscere anche l’immunità – Io non ci sto !
4.  trasformare la democrazia in un regime dispotico per il combinato disposto di un Parlamento, eletto con l’Italicum, e di un Senato, castrato del potere legislativo, assemblee occupate entrambe da nominati dai capibastone – Io non ci sto !
5.  conferire il potere di governare il Paese ad un partito che potrebbe essere votato anche solo dal 15/20% del corpo elettorale – Io non ci sto !
6.  truffare piccoli e modesti risparmiatori ricorrendo a leggi architettate per mettere al riparo banchieri amici ed amici degli amici – Io non ci sto !
7.  dilapidare 10 miliardi per acquistare i primi cacciabombardieri F35,  invece di intervenire a sostegno delle decine di migliaia di esodati – Io non ci sto !
8.  scialacquare centinaia di milioni per appagare il suo infantile capriccio di andare a zonzo per il pianeta a bordo del mega aereo di Stato Airbus 340, mentre milioni di italiani vivono in stato di povertà – Io non ci sto !   
9.  cancellare  i diritti  legittimi  di cittadini pensionati, negando loro la perequazione delle pensioni maturate dopo una vita di lavoro e di sacrifici – Io non ci sto !
10.  ignorare che la casta, politica e non, goda di vergognosi privilegi che gravano sulle casse statali, e quindi sui cittadini contribuenti – Io non ci sto !
11.  permettere che parlamentari ed amministratori, condannati, inquisiti e processati restino al loro posto, mantenuti dallo Stato, e continuino a godere dei benefici del loro status – Io non ci sto !
12. consentire che, grazie alla prescrizione, corrotti e malfattori si sottraggano alla Giustizia ed evitino le patrie galere – Io non ci sto!

Questa prima dozzina, però, è comunque insufficiente a schematizzare il panorama dei perché “io non ci sto !”. 

domenica 1 maggio 2016

Etica ed ipocrisia del governo

Con lo schermo della consueta foglia di fico farcita di ipocrisia, da venerdì 29 aprile il gruppo parlamentare dei cosiddetti “verdiniani” è entrato concretamente nella maggioranza di governo.
Lo confermano le parole con cui ai cronisti è stato comunicato che d’ora in poi i “verdiniani” parteciperanno alle riunioni dei gruppi di maggioranza per esaminare proposte di legge ed emendamenti prima che questi vadano nelle aule parlamentari.
È così che il “fu rottamatore”, Matteo Renzi, capace solo a parole di manifestare la sua riprovazione per malaffare e corruzione, riconosce ad un condannato a due anni per concorso in corruzione, Denis Verdini, di mettere becco nelle proposte di legge prima ancora che il Parlamento le esamini e le voti.
Il primo effetto di questo oscenità, non meno turpe della “congiura del Nazareno”, sarà che la tanto sbandierata legge sull’allungamento dei tempi di prescrizione finirà nel mondezzaio.
Perché ?
Semplicemente perché il reato, commesso da Verdini e per il quale è stato condannato in primo grado, cadrà in prescrizione entro il mese di giugno, per cui i “verdiniani” renderanno impossibile che arrivi in Parlamento, per il voto, una legge già passata al vaglio della Commissione Giustizia del Senato, (NdR: legge che prevede il raddoppio dei termini prescrittivi per i reati di corruzione).
Infatti, se quella legge entrasse in vigore il neo socio della maggioranza, Denis Verdini, rischierebbe di vedersi confermata la condanna in secondo grado e, perché no, anche in Cassazione.
Non è marginale  che il senatore verdiniano Ciro Falanga, dopo aver definita la prescrizione “un cappio per il cittadino”, ha già dichiarato il dissenso del suo gruppo.
Nel suo farneticare il senatore Falanga ha affermato, tra l’altro, che un cittadino “non può rimanere dieci anni sulla graticola”.
Se non ci fosse da incazzarsi mi contorcerei dalle risate.
Il senatore Falanga, evidentemente, nel pronunciare quelle parole di certo non pensava, in cuor suo, al comune cittadino che, non avendo trasgredite le leggi, non ha nulla da temere, ma al malvivente consapevole di aver commesso un reato, che vivrebbe in ambascia,  “sulla graticola”, nel timore di essere pizzicato dalla Giustizia.
Poveri delinquenti, che pena mi fanno ! Rosolare sulla “graticola” come polli allo spiedo con l’angoscia che la Magistratura possa un giorno o l’altro scoprire i misfatti che hanno commessi e, forse, anche processarli.
Ma il senatore Falanga ha concluse le sue esternazioni mandando anche un avvertimento a Renzi : “Il governo Renzi rischierebbe se si riformasse la prescrizione ? Dipenderà da come si muove !”
Di fronte a questi fatti trovo sconcertante l’assordante silenzio e l’apparente apatia con cui il Capo dello Stato sembra assistere al reale rischio di un ulteriore degrado del livello etico sia della compagine che dell’azione di governo.
Mentre non mi sorprende affatto che i media di regime non abbiano commentato in prima pagina l’ingresso dei “verdiniani” nella maggioranza di governo.
Mi domando, invece, cosa oggi frulli nella testa di quei milioni di italiani che per anni hanno proclamata la loro indignazione per il fatto che Berlusconi, quando era al governo del Paese, frequentasse molti pregiudicati quali, ad esempio, Previti e Dell’Utri.
Si trattava solo di una indignazione faziosa e non provata ?