venerdì 31 maggio 2013

Un grazie doveroso agli italiani

Viviamo in un Paese in cui, ormai, ogni sacrificio, ogni bel gesto, ogni buona azione sono considerati dovuti ed ovvi.
Così ci si dimentica anche di rivolgere semplicemente un grazie a coloro che, con impegno, diligenza, serietà e fatica, li hanno compiuti.
La carta stampata e le TV, ieri, hanno dedicato ampio spazio a compiacersi per la decisione della Commissione Europea di considerare chiusa la “procedura d’infrazione per debito eccessivo”, che era stata aperta nei confronti dell’Italia, nell’ottobre 2009, quando a Palazzo Chigi era insediato il 4° Governo Berlusconi.
Ebbene, nel clima di generale soddisfazione, né la carta stampata, né i telegiornali hanno scritta, o detta, una sola parola di ringraziamento per coloro che, con i loro sacrifici, hanno consentito all’Italia di conseguire questo risultato.
Per questo ritengo doveroso, oggi, rivolgere il mio personale ringraziamento ai veri artefici, ahimè ignorati, del successo del nostro Paese.    

giovedì 30 maggio 2013

Per il M5S … non fiori ma media

Solo pochi giorni fa nelle piazze, tra un ululato e l’altro, il chiaroveggente Beppe Grillo prevedeva che alle prossime elezioni di autunno a contendersi la vittoria sarebbe rimasto solo il M5S contro il “nano” Berlusconi.
Una predizione che va a braccetto con un’altra allucinazione dell’oracolo Grillo che, negli stessi giorni, delirava di puntare al 100% dei consensi elettorali.
Poi, dal voto amministrativo è saltato fuori il tracollo del M5S e, mentre tra i “cittadini onorevoli” serpeggiano inquietudine e sedizione, Beppe Grillo che fa?
Ormai smarritosi nel delirio di onnipotenza, Grillo non cerca di individuare i perché del fallimento o di fare almeno un briciolo di autocritica, ma si mette ad ululare contro gli elettori che “non hanno votato il M5S” e contro i media.
Mancava solo che se la prendesse con gli elettori, che non hanno scelto il M5S, per avere la definitiva conferma della sua alienazione mentale, molto simile alla demenza.
Molte alienazioni inducono una forma d’infantilismo, proprio come quello che palesa Grillo nel trastullarsi con i risultati di questi giorni per confrontarli con quelli del 2008, quando il M5S emetteva i primi vagiti e neppure in tutto il Paese.   
Il fatto è che, dopo il berlusconismo, mi ero illuso che non potessero più ripetersi casi di paranoia contagiosa, invece mi sbagliavo perché, oggi, insieme al berlusconismo dobbiamo sciropparci anche il grillismo.
Infatti, contagiati dalla paranoia di Grillo, i grillini accusano della loro sconfitta, oltre agli elettori birbaccioni che hanno osato votare altri partiti, anche i media che non avrebbero dato spazio al M5S oppure lo avrebbero screditato.
Così, dopo la berlusconiana persecuzione della Magistratura, ecco materializzarsi, nella mente dei pentastellati, la persecuzione dei media.
Devo aver perso qualche colpo, perché mi era sembrato che Grillo, dopo aver affermato che “la TV fa male al movimento”, abbia asserito che l’unico canale informativo dovesse essere il web, fino ad inibire ai grillini di avere contatti con stampa e Tv, fornendo loro perfino una black list.
Eppure non ho dimenticato che a fare le spese di questo diktat sia stato il “cittadino senatore” Marino Mastrangeli, espulso dal movimento solo per aver partecipato ad una trasmissione TV.
Ed allora? Che responsabilità avrebbero i media nel tracollo del M5S?
La risposta se la dà Grillo, decidendo che i “cittadini onorevoli”, in gruppi di dieci, dovranno partecipare, a Milano con il guru della comunicazione, a seminari sul come intrattenere rapporti con stampa e TV.
Questo vuol dire che i media, in futuro, non faranno più male al movimento e, perciò, dopo aver partecipato ai seminari, i “cittadini onorevoli” potranno avere rapporti finalmente con stampa e TV? 

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Lupus non mordet lupum!
Forse, in questo aforisma latino c’è la spiegazione del perché i media, a commento del voto amministrativo, non abbiano evidenziati gli abbagli presi dai sondaggisti con le loro previsioni.
A Roma, a pochi giorni dall’apertura dei seggi, i sondaggi prevedevano il probabile testa a testa tra Marino CSX (35%) ed Alemanno CDX (33%), un De Vito M5S (16%), con un astensione / non voto intorno al 28%.
Per Treviso i sondaggi indicavano Manildo CSX (37%), Gentilini CDX (36%), Gnocchi M5S (13%), e un astensione / non voto del 23%.
I risultati del voto sono sotto gli occhi di tutti e, quindi, è superfluo evidenziare gli scostamenti tra sondaggi e realtà.
Emerge, però, che l’inaffidabilità dei sondaggi sia giunta ad un livello tale da costituire un vero pericolo per la vita del Paese se, nelle stanze dei bottoni, siedono leader politici che basano le loro decisioni sulle profezie dei sondaggisti.
Lo stesso Berlusconi, che pure si avvale di una sondaggista full time, è rimasto deluso perché non si aspettava che il PdL fosse in così grave difficoltà in tutti i 16 Comuni capoluogo.
Così, la spada di Damocle di tornare alle urne, in autunno, pende sulla testa di tutti noi, solo perché secondo i sondaggi Berlusconi penserebbe di stravincere.
Probabilmente, negli anni, la conformazione del bacino elettorale si è modificata al punto che le stesse metodologie d’indagine, dal campionamento al C.A.T.I. al C.A.W.I., non permettono più di trarre indicazioni significative.
Se poi, teniamo conto che tra il 65% ed il 75% degli intervistati rifiuta di rispondere e deve essere sostituito è facile comprendere quale sia il livello di aleatorietà che ci viene somministrato.
Perciò, non facciamo salti di gioia, né fasciamoci la testa, se i sondaggi ci dicono che il partito del cuore progredisce o regredisce vertiginosamente.

mercoledì 29 maggio 2013

Astensionismo, in attesa di chi non c’è

“Chi si accontenta gode” dice un antico detto popolare che sembra fatto su misura per comprendere la soddisfazione del Presidente del Piemonte, Roberto Cota, appagato dal successo della Lega che ha conquistate le poltrone di sindaco a Germano Vercellese (1.785 abitanti) ed a Caresana (1.081 abitanti).
L’euforia per queste due strepitose vittorie ha offuscate, a Cota, le sonore batoste che la Lega ha incassate, invece, nelle sue tradizionali roccaforti, da Sondrio a Vicenza, da Treviso ad Imperia.
A doversi leccare le ferite, però, non sono tanto la Lega o il M5S, che di certo sono usciti malconci e ridimensionati dal voto amministrativo, quanto piuttosto la democrazia partecipativa, mortificata dall’aumento dell’astensionismo.
È puerile spiegare, come fa Alemanno, il 47% di astensionismo, della capitale, con la concomitanza del derby calcistico Roma – Lazio, o in altre zone con le avverse condizioni meteo.
Qualcuno si compiace, perfino, del fatto che gli elettori abbiano disertate le urne, perché sarebbe segno di una maturazione culturale e politica dell’elettorato.
Per altri, invece, l’astensionismo sarebbe solo l’effetto del crescente distacco dalla politica di una parte, sempre più vasta, dell’elettorato, nauseata dal malaffare e dal pessimo esempio che la classe politica ha saputo mettere in mostra senza soluzione di continuità.
Per decriptare i motivi dell’assenteismo, analizzando i risultati di questo voto amministrativo, prenderei spunto, invece, dal risultato, inatteso quanto rovinoso, del M5S, a distanza di soli tre mesi dall’altrettanto singolare successo ottenuto alle elezioni politiche.
Proverò a chiarire i perché di questo approccio!
È nella natura umana allontanarsi e disaffezionarsi, ad esempio, di una persona o di un progetto, quando vengano meno i fattori di attrattiva e d’interesse, sui quali si basava il coinvolgimento.
Mutuando questo concetto nel contesto politico, si può immaginare che anche gli elettori siano portati a farsi coinvolgere da quei partiti e movimenti che propongano programmi ed idee che rispondano alle loro aspettative.
Con il passare del tempo, però, e con il superamento delle ideologie, l’attrattiva dei vecchi partiti ha ceduto il campo alla delusione provocata dalla loro incapacità a rinnovarsi, dalla riluttanza ad affrontare le riforme istituzionali, dalla refrattarietà ad incidere sui costi della politica, dalla inadeguatezza a fronteggiare la crisi economica che ha messo in ginocchio il Paese, da una litigiosità senza fine e senza senso.
Era ineluttabile, perciò, che l’elettore, non incontrando risposte reali ed accettabili alle sue istanze, finisse per illudersi che uno spiraglio di luce lo offrisse il M5S, e così lo ha premiato alle elezioni politiche di febbraio.
Sono stati sufficienti tre mesi, però, perché molti elettori del M5S si rendessero conto dell’inconsistenza, politica e pratica, di un movimento incentrato unicamente sulla forza d’urto delle invettive urlate da Beppe Grillo contro tutto e tutti.
Un movimento da teatro dell’assurdo!
Alla prova dei fatti il movimento si è rivelato incapace di dare sostanza alla logica consequenziale tra il dire ed il fare, portando in Parlamento individui sprovveduti ed impreparati che hanno anteposti i loro crucci personali, su scontrini e diarie, alla soluzione delle emergenze del Paese.
Un movimento che si è barricato, irremovibilmente, dietro la negazione del confronto e della cooperazione con le forze politiche in campo.
Lo slogan, prediletto dai grillini, “uno vale uno”, poco a poco si è trasformato in “zero vale zero”.
Preso atto del valore “zero” dell’azione del M5S, gran parte degli elettori, che lo avevano votato alle politiche, sono ripiegati sull’astensione e sulla scheda bianca.
Non credo sia casuale se, in molti Comuni, le percentuali del maggiore astensionismo coincidano con le percentuali dei consensi perduti dal M5S.     
Ignoro, a questo punto, se la disfatta possa modificare la strategia fin qui adottata da Casaleggio e Grillo; quello che è certo, però, che a ridare fiato al M5S non saranno gli insulti che Grillo indirizza, da ieri, agli elettori che si sono recati alle urne.
Se questa diversa chiave di lettura dell’astensionismo ha qualche fondatezza, allora sarebbe realistico ipotizzare che si tratti di un fenomeno passeggero e riscattabile, a patto, però, che all’elettorato, deluso dal M5S, qualcuno sappia proporre un progetto politico nuovo e credibile, improntato al rinnovamento della politica e dei politici.

martedì 28 maggio 2013

Avvisi ai naviganti ... dalle amministrative

È vero che quelle che si sono svolte nello scorso week end erano elezioni amministrative.
È altrettanto vero che sono stati chiamati alle urne solo sette milioni di elettori, cioè il 14% dell’intero corpo elettorale.
Così com’è vero che, nel voto amministrativo, più che dall’orientamento politico dell’elettorato, i risultati sono condizionati sia dall’appeal dei candidati in lizza che dal presidio del bacino elettorale, esercitato dalle diverse formazioni politiche.
Infine, non va sottovalutato che, spesso, l’elettore intenda manifestare, con il voto, un giudizio di consenso o di riprovazione nei confronti dell’amministrazione precedente.
Per questo insieme di considerazioni, non condivido i tentativi di attribuire al voto amministrativo una valenza nazionale.
Pur tuttavia, alcuni aspetti di questa tornata elettorale propongono spunti per qualche riflessione.
Ad iniziare dall’affluenza alle urne, che è risultata mediamente inferiore di quasi il 15% rispetto alle precedenti consultazioni amministrative, con percentuali di caduta che hanno sfiorato, o addirittura superato il 20%, ad esempio, a Roma, Sondrio, Brescia, Pisa.
Qualora qualcuno non lo avesse ancora compreso, questi dati non fanno che confermare la crescente indifferenza dell’elettorato per la politica, e l’insofferenza provocata dai diffusi casi d’immoralità della classe politica, di ogni colore.
In Valle d’Aosta, dove si votava per il rinnovo del Consiglio Regionale, l’affluenza, invece, è risultata in linea con quella delle precedenti elezioni, ed il responso delle urne ha lasciato fuori dall’aula consiliare, per la prima volta, il PdL che ha ottenuto solo il 4,1% dei consensi, con immediate dimissioni del segretario regionale.
Focalizzando l’attenzione, invece, sui 16 Comuni capoluogo, nei quali si è votato, a spoglio non ancora ultimato è prevedibile che, con le sole eccezioni di Massa, Pisa, Sondrio e Vicenza, dove a prevalere già al primo turno dovrebbero essere i candidati sindaco del centrosinistra, negli altri Comuni, tra quindici giorni, si dovrà ricorrere  al ballottaggio.
Un ballottaggio che vedrà in lizza solo candidati del centrosinistra e del centrodestra.
Infatti, in tutti i 16 Comuni capoluogo, il M5S ha fatto registrare vistosi ripiegamenti rispetto ai voti ottenuti, solo 3 mesi fa, alle elezioni politiche, forse a conferma di quanto, nelle consultazioni amministrative, siano predominanti sul voto di opinione altri fattori, come l’appeal dei candidati e la presenza organizzata sul territorio.
Peraltro, però, analizzando congiuntamente, per ogni Comune, i dati di affluenza ed i voti ottenuti dal M5S, si ricava la sensazione che tra loro ci possa essere una qualche correlazione.
Si potrebbe ipotizzare, perfino, che parte degli elettori del M5S alle politiche, delusi dall’azione dei grillini in questi tre mesi di attività parlamentare, abbiano preferito astenersi piuttosto che attribuire il loro voto ad altre liste.
Anche questa ipotesi, comunque, non sarebbe sufficiente ad interpretare il notevole gap tra il consenso che, ancora in questi giorni, tutti i sondaggisti accreditano al M5S ed i risultati usciti ieri dalle urne.
Per questo un’altra chiave di lettura potrebbe suggerire di prendere atto che i candidati del M5S, selezionati dai militanti ma ininfluenti a livello locale, non disponessero di un appeal tale da poter competere con i candidati presentati sia dal centrosinistra che dal centrodestra.
Infine, sempre a proposito delle candidature, ritengo non sia insignificante rilevare che il centrosinistra prevalga sul centrodestra, in tutti i 16 Comuni capoluogo, con candidati che, non appartenendo alla nomenklatura, rappresentino un segno di cambiamento.

lunedì 27 maggio 2013

... e Bruxelles dice ai politici: ringraziate gli italiani!


Mercoledì 29 maggio 2013 … un appuntamento che sembra poter arridere, finalmente, al nostro Paese.
La Commissione Europea sarebbe intenzionata a far rientrare il nostro Paese tra i virtuosi, dopo aver verificato che esistano le condizioni, nel 2013 e nel 2014, perché il deficit si mantenga sotto il tetto del 3% fissato dal Patto di Stabilità e dopo aver preso atto dell’impegno a proseguire sui binari tracciati dal Governo Monti.
Non resta che incrociare le dita e sperare, anche perché il quadro economico nazionale è gravato ancora da fattori, quali la disoccupazione, un persistente aumento del debito ed una crescita ferma al palo, che, pregiudicando il flusso delle entrate, potrebbero rendere incerto il controllo del deficit.
Comunque, ad oggi sembra che la Commissione Europea deciderà per la chiusura della procedura di infrazione per debito eccessivo, permettendo all’Italia di rientrare tra i paesi virtuosi e, quindi, di recuperare margini di manovra per contrastare la crisi economica.
Non resta, quindi, che attendere mercoledì per avere la conferma che la decisione della Commissione Europea sia quella auspicata.
Prima che, mercoledì sera, Berlusconi ed il PdL millantino anche questo risultato, sbandierandolo ai quattro venti come un loro successo, proviamo a ripercorrere come si è arrivati a conseguirlo.
La procedura d’infrazione per debito eccessivo era stata aperta nei confronti dell’Italia, nel 2009, quando a Palazzo Chigi, dall’8 maggio 2008, era insediato il Governo Berlusconi.
Quindi, il Paese, e noi tutti, dobbiamo ringraziare il Governo Berlusconi se siamo stati sottomessi a questa procedura.
Trascorsi due anni, però, il Governo Berlusconi non aveva ancora adottati i necessari provvedimenti per uscire dalla procedura, nonostante gli impegni sottoscritti con la Commissione Europea.
Perciò, il 4 agosto 2011 l’Europa richiamava all’ordine Berlusconi con una lettera perentoria che fissava obiettivi e scadenze.
A quel punto, Berlusconi, conscio della sua inadeguatezza per soddisfare le richieste europee, rassegnava le dimissioni il 12 novembre 2011, passando il testimone nelle mani del Governo Monti.
Il Governo Monti, dunque, nasceva già con il vincolo di far fronte agli impegni assunti con l’Europa da Berlusconi ma non rispettati.
Proprio per onorare gli impegni presi da Berlusconi e per mettere l’Italia in condizione di ottenere la chiusura della procedura di infrazione per debito eccessivo, il Governo Monti ha dovuto massacrare gli italiani con un anno di provvedimenti lacrime e sangue.
Per cui, mercoledì, quando l’Italia otterrà la chiusura della procedura d’infrazione, il diritto di vantarsi del successo sarà esclusivamente dei milioni di italiani che, pur bestemmiando ed imprecando contro Monti, con i loro sacrifici avranno permesso all’Italia di rientrare tra i paesi virtuosi.
Chiunque, perciò, intendesse attribuirsi questo successo, non potrà essere che uno squallido impostore!
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Da ieri, 7 milioni di italiani sono chiamati alle urne in 563 Comuni per le elezioni amministrative.
I primi dati sull’affluenza, resi noti ieri sera, confermano una diffusa indifferenza, per la politica, dell’elettorato che si è tradotta, al termine della prima giornata, in un calo dell’affluenza di oltre il 16%, rispetto alle precedenti amministrative.
A Roma, ieri sera alla chiusura delle urne, aveva votato addirittura il 20% in meno della precedente tornata.
Anche se sono trascorsi solo tre mesi dalle consultazioni politiche, i partiti attendono i risultati di queste elezioni, convinti di poterne ricavare conferme o variazioni tendenziali.
Così, oggi pomeriggio, gli schermi televisivi si riempiranno di politici indaffarati in strampalate ed inverosimili letture dei risultati, ognuno nel tentativo di portare acqua al proprio mulino.
La realtà è che, prima di tutto le amministrative hanno come riferimento sia uno scenario locale con i suoi cattivi esempi sia il primato del candidato da eleggere, poi la legge elettorale in vigore per le amministrative non ha nulla a che vedere con il porcellum, infine la presenza di molte liste civiche scompagina gli orientamenti politici degli elettori.

domenica 26 maggio 2013

Anche in politica … le bugie hanno le gambe corte

Non so se Massimiliano Allegri rimarrà sulla panchina del Milan anche per il prossimo campionato.
Quasi certamente, come sostengono gli addetti ai lavori, sarà esonerato sebbene, nel girone di ritorno, abbia realizzati più punti perfino della Juventus, e nonostante abbia ottenuto l’accesso del Milan alla Champions League.
Purtroppo, Allegri si è macchiato di una colpa gravissima, quella di lesa maestà per essersi rifiutato, troppe volte, di schierare in campo la formazione che Berlusconi gli aveva dettata, ruolo per ruolo.
Così, contro la volontà sia del vicepresidente del A.C. Milan, Adriano Galliani, sia delle migliaia di supporter rossoneri, Allegri dovrà fare le valige perché Berlusconi ha deciso di esonerarlo.
Eppure Allegri lo sapeva che Berlusconi vive con l’assioma di essere “il migliore” in ogni branca dello scibile, e quindi è convinto anche di essere il più grande degli allenatori.
Usciamo dal campo di calcio ed entriamo nella scena politica dove, a fare le spese dell’assunto berlusconiano, “io sono il migliore”, sono stati gli incauti parlamentari PdL che hanno osato insistere sulle primarie per la scelta del candidato premier, primarie non gradite a Berlusconi che le considera del tutto inutili perché lui, e solo lui, è in grado di decidere chi possa essere un candidato premier.
Alla fine, Giorgia Meloni, Guido Crosetto ed Ignazio La Russa, hanno dovuto lasciare il PdL e dar vita ad una nuova formazione politica, Fratelli d’Italia.
Allegri, Meloni, Crosetto, La Russa, sono solo le ultime vittime, mietute dalla supponenza di Silvio Berlusconi di essere “il migliore” sempre e comunque.
Per questo, come si fa a non sorridere quando Berlusconi ed i suoi zerbini bollano come “surreali le motivazioni della sentenza” formulate dal Tribunale di Milano.
Mi domando, infatti, se sia credibile che il personaggio Berlusconi, accentratore fino al punto di indicare le formazioni di calcio ad un allenatore, o di impedire la scelta democratica del premier, si sia disinteressato ed abbia rinunciato ad imporre la sua volontà in un business nel quale erano in ballo milioni e milioni di euro per la acquisizione dei diritti televisivi Mediaset.
Sostenere, come fanno i giornali e le TV “della casa”, che Mediaset fosse gestita in autonomia da manager, è un’ipocrisia oscena, perché anche il Milan sarebbe affidato ad un manager ipoteticamente autonomo, Galliani, ed a guidare il PdL dovrebbe essere il segretario Alfano, anche lui in teoria autonomo.
I fatti, invece, dimostrano che anche le decisioni più ordinarie passano tutte e sempre per le mani di Berlusconi.
"Caput imperare, no pedes”, a comandare è la testa non i piedi, dicevano gli antichi latini e, per Berlusconi, che s’incensa di essere “il migliore”, è indizio di codardia ogni tentativo di scaricare sugli altri i propri errori e di riservare per sé solo i successi.
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E' impossibile che qualcuno abbia potuto sorprendersi, venerdì sera, quando, non appena diramato il comunicato stampa con l’annuncio del possibile DDL per la cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti, Berlusconi & Co. se ne sono attribuiti il merito, sbandierandolo come un altro loro successo?
È stato lo stesso vicepremier Angelo Alfano a confidare a Twitter la sua soddisfazione: “era nei nostri programmi. Impegno mantenuto”.
Eppure, in realtà, a voler abolire il finanziamento pubblico erano stati, per primi, Beppe Grillo e Matteo Renzi, che con il PdL non hanno proprio nulla da spartire.
Il fatto è che, mentendo sapendo di mentire, gli esponenti del PdL non perdono occasione per millantare successi a gogò, con il palese scopo di sconcertare ed innervosire gli elettori del PD, già sgomenti per  ciò che accade nel loro partito.
Riprendiamo, però, il filo del comunicato stampa dell’Esecutivo, per notare che un annuncio fatto a poche ore dall’apertura dei seggi per le elezioni amministrative in 500 comuni, tra cui Roma, ha il lezzo imbarazzante di propaganda elettorale.
Difatti, i termini del proclama sono così vaghi e confusi da arrivare perfino ad indicare che il governo intenda cancellare il “finanziamento pubblico” che non esiste più dal 1993, perché furbamente sostituito dai “rimborsi elettorali” con la legge 515 del 10 dicembre 1993.
Tuttavia, ammesso  che si sia trattato solo di un lapsus, almeno spero, di chi ha frettolosamente compilato il comunicato, non si accenna nulla, invece, della fine che farebbe il finanziamento pubblico ai giornali di partito che supera ogni anno i 30 milioni di euro.
A lasciare perplessi, però, oltre ai dubbi sui contenuti del provvedimento, è anche la scelta del Governo di predisporre un disegno di legge che seguirà l'iter dell’esame ed approvazione da parte del Parlamento.
Se anche questo DDL dovesse fare la stessa fine del DDL sull’abolizione delle Province, emanato dal Governo Monti ed affossato dal Parlamento, dovremmo mandare giù un’altra presa in giro.

sabato 25 maggio 2013

Frammenti di una commedia democratica


Parevano calati a Roma invasati dal sacro fuoco del cambiamento!
Si proponevano di aprire il Parlamento come “una scatoletta di tonno”!
Promettevano riforme epocali.
Assicuravano il reddito minimo garantito, la cancellazione dell’IRAP, la lotta ad Equitalia, e via discorrendo.
Strepitavano che la trasparenza sarebbe stato il loro strumento per svelare al mondo gli squallori dei Palazzi.
Reclamavano, infuriati, le commissioni parlamentari perché “anche in assenza dell’Esecutivo il Parlamento può funzionare nel pieno delle sue prerogative”.
Ebbene, trascorsi ormai tre mesi dalla calata a Roma di 163 grillini, “cittadini onorevoli”, non c’è traccia del ciclone di cambiamento che avevano garantito.
Può darsi che io mi sia distratto, però non mi sono accorto di nulla.
O, per meglio dire, se penso a cosa mi abbia colpito del soggiorno romano (a spese dei contribuenti italiani) di questi 163 “cittadini onorevoli”, non ricordo né un gesto, né un’azione riconducibili al ciclone di cambiamento.
Ho la sensazione, invece, che gli esponenti del M5S si siano cacciati in un arido e ridicolo avvitamento su se stessi, riducendo confronti e dibattiti alla diatriba su quisquilie riguardanti i loro comportamenti personali.
Gli scontrini e la rendicontazione, da giorni dominano i loro pensieri come se fossero la formula sacra per diventare parlamentari di ruolo.
È diventato un totem la decisione di trattenere, o no, la parte della diaria non utilizzata.
Che dire, poi, della sceneggiata del processo grottesco intentato contro un “cittadino onorevole”, reo di aver partecipato ad una trasmissione televisiva, e della sua conseguente espulsione?
L’impegno alla trasparenza che fine ha fatto?
Eppure, Grillo si era impegnato ad informare il popolo grillino sulle ignominie del sistema, attraverso lo streaming delle riunioni dei parlamentari M5S, ed i report quotidiani delle attività svolte dai “cittadini onorevoli”.
Al contrario, per evitare spiragli di trasparenza, Grillo non solo ha vietato, ai “cittadini onorevoli”, di concedersi ai media, se non a rischio della loro espulsione, ma ha emanata anche un black list dei cronisti.
La realtà è che Grillo e Casaleggio avevano programmato di calare su Roma una tribù di sudditi, incompetenti e sprovveduti, da comandare a bacchetta.
Alle prime avvisaglie di riottosità, si sono resi conto che era necessario ricorrere al poco democratico pugno di ferro, e le 163 marionette hanno capito che non restava altro che sottomettersi e stare zitti.
Grillo e Casaleggio, manovrando 163 fantocci, vorrebbero condizionare, a loro piacimento, sia i lavori del Parlamento che le scelte politiche.
Chissà se gli oltre otto milioni di elettori del M5S apprezzano che i loro voti si siano trasformati, di fatto, in un cadeau per le mire segrete di Grillo e Casaleggio!
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Con la sua relazione all’assemblea annuale, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha lanciato un lacerante grido di allarme asserendo: “… il nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il Paese indietro di mezzo secolo”.
Trascorrono appena pochi minuti dall’articolazione di queste parole, ed ecco il puffo fustigatore, Renato Brunetta, cogliere al balzo l’occasione per fare eco a Squinzi ed affermare, con compiacimento: “sull’orlo del baratro ci ha portato Monti!”.
Non è certo la prima volta, né Brunetta è il solo esponente del PdL che, ad ogni piè sospinto, affibbiano a Monti la colpa di aver trascinata l’Italia alla rovina.
Ora, sarà pur vero che io non comprendo nulla di opportunismo politico.
Però, da semplice cittadino non posso fare a meno di domandarmi in che modo e perché, Monti, sopporti di condividere le responsabilità di governo proprio con coloro che si dedicano a sputtanarlo, senza che lui, o i suoi fedelissimi, accennino una minima reazione.
A meno che, Monti tolleri di essere vilipeso in cambio di …
Boh! Misteri di una politica che è sempre più indecifrabile da me comune mortale.

giovedì 23 maggio 2013

Ad Arcore giocano sul … nostro futuro


25 e 26 maggio 2014 !
Sono le due giornate (domenica e lunedì) nelle quali gli elettori si recheranno alle urne per le elezioni europee.
Voci sempre più insistenti, provenienti da ambienti molto vicini al quartier generale di Arcore, fanno filtrare che queste date siano state evidenziate in rosso, da Silvio Berlusconi e dai suoi più stretti collaboratori, sui loro calendari.
Secondo le stesse voci, infatti, l’intenzione, di Berlusconi & Co., sarebbe di abbinare alle europee anche la nuova tornata delle elezioni politiche.
A questo piano starebbe lavorando da giorni, ad Arcore, un ristretto team di fedelissimi per preparare il modo di far cadere il Governo Letta, tra dicembre e gennaio, senza però che la responsabilità ricada sul PdL.
Ma, perché mai sarebbe stato abbandonato il piano, ipotizzato solo qualche settimana fa, per accelerare il ricorso alle urne già ad ottobre – novembre, allo scopo di anticipare la sentenza della Corte di Cassazione sul processo Mediaset?
I mormorii dicono che, ad Arcore, sarebbero giunte notizie meno preoccupanti sul possibile esito del ricorso in Cassazione.
Difatti, se la Cassazione non confermasse la sentenza d’appello, emessa dal Tribunale di Milano e, di conseguenza, annullasse la condanna all’interdizione dai pubblici uffici, Silvio Berlusconi, a maggio 2014, potrebbe riproporre la propria candidatura a premier.
Anche perché, i vertici del PdL si dicono sicuri che il PD, per quieto vivere, non si aggregherà al M5S nella richiesta di dichiarare l’ineleggibilità di Berlusconi.
Il disegno che ha in mente Berlusconi & Co., sicuramente, non è definito ancora nei dettagli ma i suoi orientamenti generali già si possono percepire da alcune mosse di questi giorni.
Ad esempio, il PdL, nelle ultime ore, si è detto disponibile all’accordo per una “riforma minimalista” del porcellum, che introduca soltanto la soglia del 40% per conseguire il premio di maggioranza sia alla Camera che al Senato.
Nessuna concessione, invece, al ritorno del voto di preferenza, per cui si continuerebbe a votare con le “liste bloccate”.
(NdR: il voto di preferenza è inviso ai pezzi fossili di PD e PdL, che lo vivono come il fumo negli occhi perché il voto di preferenza aprirebbe le porte al rinnovamento dei partiti e delle loro classi dirigenti. Miracolo! Finalmente un tema sul quale le mummie di PD e PdL sono in perfetta sintonia … anche se in totale disaccordo con quanto vorrebbe l’elettorato.)
La stessa indicazione della soglia al 40%, in base ai mormorii, risponderebbe ad un ragionamento molto articolato, sviluppato consultando i sondaggisti di corte.
  1. Il M5S, per il suo rifiuto ad ogni forma di coalizione, non potrebbe mai raggiungere il 40% !
  2. Il centrosinistra, con il PD allo sbando ed i consensi in caduta libera, anche unendo PD, SEL, Rivoluzione Civile, Socialisti ed altri minori, rimarrebbe sempre al di sotto del 35%.
  3. Qualora, poi, scendesse in campo Matteo Renzi, in coalizione con lui non entrerebbero SEL e Rivoluzione Civile, per cui i sondaggisti accrediterebbero Renzi di un 35/37%, solo se con un PD unito e rianimato.
  4. Invece, una coalizione PdL, Lega, Fratelli d’Italia, Grande Sud, Scelta Civica, ed altri minori, consentirebbe al centrodestra di superare il 40% e di ottenere il premio di maggioranza sia alla Camera che al Senato.
Poiché, quindi, Matteo Renzi rappresenterebbe l’unica possibile bestia nera per il centrodestra, le voci dicono che il PdL si impegnerà a fondo per far conflagrare il rapporto tra PD ed elettorato, per evitare che Renzi possa contare sul supporto di elettori motivati e convinti.
Come? Sgretolando il PD alla base, giorno dopo giorno, con “ballon d’essai” che sconcertino e logorino l’elettorato, provocandolo su temi di economia, giustizia, costi della politica, riforme, etc..
Il primo “ballon d’essai”, per innervosire l’elettorato PD, è stata la soddisfazione esternata, ai quattro venti, da Berlusconi & Co. attribuendosi il merito di aver imposto a Letta il rinvio dell’acconto IMU.
Altro “ballon d’essai”, di sfida all’elettorato PD, l’ha lanciato l’ex ministro del governo Berlusconi Nitto Palma, martedì, quando, all’OdG della Commissione Giustizia del Senato, ha posto il disegno di legge, a firma del piediellino Luigi Compagna, che proponeva di dimezzare le pene del concorso esterno in associazione mafiosa e di impedire le intercettazioni di sostenitori ed aiutanti delle cosche. È vero che Schifani ha fatto ritirare il disegno di legge, ma intanto il popolo PD aveva avuto già modo di indispettirsi.
I “ballon d’essai” proseguiranno fino a costringere il PD, per non perdere la faccia con il suo elettorato, a votare contro un provvedimento, proposto ad arte da un ministro pidiellino, e provocare così la caduta del governo.
Agli occhi degli elettori la fine del governo Letta dovrà apparire colpa del PD, mentre Berlusconi & Co. si ergeranno a paladini della governabilità.
Ma perché aspettare allora fine anno e non anticipare all'autunno?
“Elementare Watson”, direbbe Sherlock Holmes, perché per ottenere qualche concessione dall’Europa, di cui l'Italia ha bisogno, è necessaria la credibilità di Enrico Letta, quella credibilità che Berlusconi sa bene di non avere.

mercoledì 22 maggio 2013

L’equilibrismo del Governo Letta


Ci sono giornate in cui, alla sera, mi ritrovo a riflettere davanti ad una gerla piena di notizie, così disparate da non riuscire a decidere quale, più delle altre, mi abbia colpito per commentarla sul blog.
Ieri è stata una di quelle giornate!
Alle prime luci dell’alba sono arrivate, da Oklahoma, le terribili notizie del devastante tornado abbattutosi seminando morte e distruzioni.
Ancora una volta, la natura ha voluto dare prova della sua forza incontrollabile, per far comprendere al genere umano quanto grande invece sia la sua fragilità e la sua impotenza.
Un genere umano, però, così ottuso ed idiota da impegnarsi solo a sbranarsi per l’accaparramento del potere e delle risorse della terra.
La stessa idiozia che puntualmente ritroviamo nei comportamenti e nelle scelte quotidiane della nostra classe politica troppo assorta, in meschine contese, per rendersi conto che il Paese è sempre più al collasso.
Il Governo Letta, in carica da alcune settimane, è costretto al funambolismo per cercare un improbabile equilibrio tra gli umori dei due partiti, PD e PdL, che lo sostengono a malincuore.
È una forma di equilibrismo che possiamo riscontrare ora dopo ora.
Sono convinto che lo stesso Enrico Letta, ogni mattina, facendosi la barba si domandi se al calar del sole sarà ancora Presidente del Consiglio.
Accecati da anni di contrapposizioni a muso duro e da gretti interessi di bottega, PD e PdL sembrano disinteressarsi del Paese, preoccupati di subordinare l’azione del governo ai loro spiccioli tornaconti di giornata.
Così è stato nell’imporre al governo, come primo provvedimento, la sospensione dell’acconto IMU, che graverà sui conti dello Stato per due miliardi di euro; risorse che avrebbero potuto essere destinate, ad esempio, a più urgenti ed utili interventi a favore della occupazione giovanile.
Ma, forse, il PD aveva contratto un debito con il PdL, ed ha scelto di pagarlo nel momento meno opportuno, senza tener conto neppure del beneficio che il PdL ne avrebbe tratto, già domenica prossima, in occasione delle elezioni amministrative.
Però, a disseminare mine sulla strada di un governo, già di per sé malfermo, non ci sono solo le ripicche tra PD e PdL, ma anche le estemporaneità del M5S.
Richiamandosi al dettato della legge 361 del 1957, trasgredita per decenni da tutti i partiti, per opportunismo, i parlamentari del M5S hanno deciso di presentare una mozione per chiedere la ineleggibilità di Berlusconi.
È evidente che si tratti anche di un guanto di sfida lanciato al PD che, non solo, per venti anni ha ignorata la legge, perfino quando era al governo, ma che l’ha riesumata nei mesi scorsi, in campagna elettorale.
Cosa farà il PD di fronte a questa sfida ?
Deciderà, questa volta, di uniformarsi a questa legge dello Stato, votando a favore dell’ineleggibilità, oppure preferirà soggiacere al ricatto del PD che ha minacciato di togliere la fiducia al Governo Letta, nel caso Berlusconi sia dichiarato ineleggibile?
Peraltro, dare attuazione ad una norma di legge non è una opzione ma è un indiscutibile dovere oggettivo, al quale sono venuti meno per opportunismo politico,  tutti i Parlamenti che si sono succeduti fino ad oggi.
Qualcuno, ai vertici del PD, si sarà domandato come reagirebbero la base del partito e l’elettorato se, ancora una volta, i parlamentari di centrosinistra votassero, obtorto collo, per salvare Berlusconi?
Certo è che la preposta Giunta del Senato, convocata ieri per le ore 14:00 con all’ordine del giorno l’elezione del suo Presidente, di sorpresa, alle 13:51, è stata rinviata “a data da destinarsi”.
A questo punto ho il sospetto che il PD, pur di formare e presiedere il governo, dopo quella sull’IMU, abbia sottoscritta un’altra cambiale al PdL, e cioè si sia impegnato a non votare la ineleggibilità di Berlusconi.
Perciò, il rinvio della riunione della Giunta serve solo a prendere tempo per rimettere in riga qualche parlamentare del PD, recalcitrante.
Stando alle dichiarazioni di alcuni esponenti del PD questa sembrerebbe essere, quantomeno, l’ipotesi più probabile.
Mentre sottotraccia proseguivano gli inciuci, il neo Presidente della Commissione Giustizia del Senato, Nitto Palma, ha voluto commentare la richiesta d’ineleggibilità di Berlusconi, avanzata dal M5S, con queste parole: “Nel 1996 la maggioranza di centrosinistra non ha ritenuto di dichiararne l’ineleggibilità. Sono passati da allora 17 anni, mi chiedo come si possa solo pensare di far valere ora quella norma”.
Perdirindindina, forse non ho ben capito !
Ma come, non un povero analfabeta, bensì un ex magistrato ammette che esista una norma di legge, siccome però è stata violata già per 17 anni, perché non continuare a violarla?
Per il neo Presidente della Commissione Giustizia, ed ex Guardasigilli, sarebbe questo il modo di rispettare la legge?
Dopo questo brillante saggio di giurisprudenza mi domando: ma Nitto Palma si è laureato ed ha fatto carriera in magistratura solo grazie alle raccomandazioni?