Mercoledì 29 maggio 2013 … un appuntamento che sembra poter arridere, finalmente, al nostro Paese.
La Commissione Europea sarebbe intenzionata a far rientrare il nostro Paese tra i virtuosi, dopo aver verificato che esistano le condizioni, nel 2013 e nel 2014, perché il deficit si mantenga sotto il tetto del 3% fissato dal Patto di Stabilità e dopo aver preso atto dell’impegno a proseguire sui binari tracciati dal Governo Monti.
Non resta che incrociare le dita e sperare, anche perché il quadro economico nazionale è gravato ancora da fattori, quali la disoccupazione, un persistente aumento del debito ed una crescita ferma al palo, che, pregiudicando il flusso delle entrate, potrebbero rendere incerto il controllo del deficit.
Comunque, ad oggi sembra che la Commissione Europea deciderà per la chiusura della procedura di infrazione per debito eccessivo, permettendo all’Italia di rientrare tra i paesi virtuosi e, quindi, di recuperare margini di manovra per contrastare la crisi economica.
Non resta, quindi, che attendere mercoledì per avere la conferma che la decisione della Commissione Europea sia quella auspicata.
Prima che, mercoledì sera, Berlusconi ed il PdL millantino anche questo risultato, sbandierandolo ai quattro venti come un loro successo, proviamo a ripercorrere come si è arrivati a conseguirlo.
La procedura d’infrazione per debito eccessivo era stata aperta nei confronti dell’Italia, nel 2009, quando a Palazzo Chigi, dall’8 maggio 2008, era insediato il Governo Berlusconi.
Quindi, il Paese, e noi tutti, dobbiamo ringraziare il Governo Berlusconi se siamo stati sottomessi a questa procedura.
Trascorsi due anni, però, il Governo Berlusconi non aveva ancora adottati i necessari provvedimenti per uscire dalla procedura, nonostante gli impegni sottoscritti con la Commissione Europea.
Perciò, il 4 agosto 2011 l’Europa richiamava all’ordine Berlusconi con una lettera perentoria che fissava obiettivi e scadenze.
A quel punto, Berlusconi, conscio della sua inadeguatezza per soddisfare le richieste europee, rassegnava le dimissioni il 12 novembre 2011, passando il testimone nelle mani del Governo Monti.
Il Governo Monti, dunque, nasceva già con il vincolo di far fronte agli impegni assunti con l’Europa da Berlusconi ma non rispettati.
Proprio per onorare gli impegni presi da Berlusconi e per mettere l’Italia in condizione di ottenere la chiusura della procedura di infrazione per debito eccessivo, il Governo Monti ha dovuto massacrare gli italiani con un anno di provvedimenti lacrime e sangue.
Per cui, mercoledì, quando l’Italia otterrà la chiusura della procedura d’infrazione, il diritto di vantarsi del successo sarà esclusivamente dei milioni di italiani che, pur bestemmiando ed imprecando contro Monti, con i loro sacrifici avranno permesso all’Italia di rientrare tra i paesi virtuosi.
Chiunque, perciò, intendesse attribuirsi questo successo, non potrà essere che uno squallido impostore!
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Da ieri, 7 milioni di italiani sono chiamati alle urne in 563 Comuni per le elezioni amministrative.
I primi dati sull’affluenza, resi noti ieri sera, confermano una diffusa indifferenza, per la politica, dell’elettorato che si è tradotta, al termine della prima giornata, in un calo dell’affluenza di oltre il 16%, rispetto alle precedenti amministrative.
A Roma, ieri sera alla chiusura delle urne, aveva votato addirittura il 20% in meno della precedente tornata.
Anche se sono trascorsi solo tre mesi dalle consultazioni politiche, i partiti attendono i risultati di queste elezioni, convinti di poterne ricavare conferme o variazioni tendenziali.
Così, oggi pomeriggio, gli schermi televisivi si riempiranno di politici indaffarati in strampalate ed inverosimili letture dei risultati, ognuno nel tentativo di portare acqua al proprio mulino.
La realtà è che, prima di tutto le amministrative hanno come riferimento sia uno scenario locale con i suoi cattivi esempi sia il primato del candidato da eleggere, poi la legge elettorale in vigore per le amministrative non ha nulla a che vedere con il porcellum, infine la presenza di molte liste civiche scompagina gli orientamenti politici degli elettori.
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