Solo pochi giorni fa nelle piazze, tra un ululato e l’altro, il chiaroveggente Beppe Grillo prevedeva che alle prossime elezioni di autunno a contendersi la vittoria sarebbe rimasto solo il M5S contro il “nano” Berlusconi.
Una predizione che va a braccetto con un’altra allucinazione dell’oracolo Grillo che, negli stessi giorni, delirava di puntare al 100% dei consensi elettorali.
Poi, dal voto amministrativo è saltato fuori il tracollo del M5S e, mentre tra i “cittadini onorevoli” serpeggiano inquietudine e sedizione, Beppe Grillo che fa?
Ormai smarritosi nel delirio di onnipotenza, Grillo non cerca di individuare i perché del fallimento o di fare almeno un briciolo di autocritica, ma si mette ad ululare contro gli elettori che “non hanno votato il M5S” e contro i media.
Mancava solo che se la prendesse con gli elettori, che non hanno scelto il M5S, per avere la definitiva conferma della sua alienazione mentale, molto simile alla demenza.
Molte alienazioni inducono una forma d’infantilismo, proprio come quello che palesa Grillo nel trastullarsi con i risultati di questi giorni per confrontarli con quelli del 2008, quando il M5S emetteva i primi vagiti e neppure in tutto il Paese.
Il fatto è che, dopo il berlusconismo, mi ero illuso che non potessero più ripetersi casi di paranoia contagiosa, invece mi sbagliavo perché, oggi, insieme al berlusconismo dobbiamo sciropparci anche il grillismo.
Infatti, contagiati dalla paranoia di Grillo, i grillini accusano della loro sconfitta, oltre agli elettori birbaccioni che hanno osato votare altri partiti, anche i media che non avrebbero dato spazio al M5S oppure lo avrebbero screditato.
Così, dopo la berlusconiana persecuzione della Magistratura, ecco materializzarsi, nella mente dei pentastellati, la persecuzione dei media.
Devo aver perso qualche colpo, perché mi era sembrato che Grillo, dopo aver affermato che “la TV fa male al movimento”, abbia asserito che l’unico canale informativo dovesse essere il web, fino ad inibire ai grillini di avere contatti con stampa e Tv, fornendo loro perfino una black list.
Eppure non ho dimenticato che a fare le spese di questo diktat sia stato il “cittadino senatore” Marino Mastrangeli, espulso dal movimento solo per aver partecipato ad una trasmissione TV.
Ed allora? Che responsabilità avrebbero i media nel tracollo del M5S?
La risposta se la dà Grillo, decidendo che i “cittadini onorevoli”, in gruppi di dieci, dovranno partecipare, a Milano con il guru della comunicazione, a seminari sul come intrattenere rapporti con stampa e TV.
Questo vuol dire che i media, in futuro, non faranno più male al movimento e, perciò, dopo aver partecipato ai seminari, i “cittadini onorevoli” potranno avere rapporti finalmente con stampa e TV?
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Lupus non mordet lupum!
Forse, in questo aforisma latino c’è la spiegazione del perché i media, a commento del voto amministrativo, non abbiano evidenziati gli abbagli presi dai sondaggisti con le loro previsioni.
A Roma, a pochi giorni dall’apertura dei seggi, i sondaggi prevedevano il probabile testa a testa tra Marino CSX (35%) ed Alemanno CDX (33%), un De Vito M5S (16%), con un astensione / non voto intorno al 28%.
Per Treviso i sondaggi indicavano Manildo CSX (37%), Gentilini CDX (36%), Gnocchi M5S (13%), e un astensione / non voto del 23%.
I risultati del voto sono sotto gli occhi di tutti e, quindi, è superfluo evidenziare gli scostamenti tra sondaggi e realtà.
Emerge, però, che l’inaffidabilità dei sondaggi sia giunta ad un livello tale da costituire un vero pericolo per la vita del Paese se, nelle stanze dei bottoni, siedono leader politici che basano le loro decisioni sulle profezie dei sondaggisti.
Lo stesso Berlusconi, che pure si avvale di una sondaggista full time, è rimasto deluso perché non si aspettava che il PdL fosse in così grave difficoltà in tutti i 16 Comuni capoluogo.
Così, la spada di Damocle di tornare alle urne, in autunno, pende sulla testa di tutti noi, solo perché secondo i sondaggi Berlusconi penserebbe di stravincere.
Probabilmente, negli anni, la conformazione del bacino elettorale si è modificata al punto che le stesse metodologie d’indagine, dal campionamento al C.A.T.I. al C.A.W.I., non permettono più di trarre indicazioni significative.
Se poi, teniamo conto che tra il 65% ed il 75% degli intervistati rifiuta di rispondere e deve essere sostituito è facile comprendere quale sia il livello di aleatorietà che ci viene somministrato.
Perciò, non facciamo salti di gioia, né fasciamoci la testa, se i sondaggi ci dicono che il partito del cuore progredisce o regredisce vertiginosamente.
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