giovedì 29 maggio 2014

Alla fine chi ha perse le elezioni ?

Elezioni europee ?
Scusi … ma io non c’ero … se c’ero dormivo … e se non dormivo stavo guardando un altro programma !
Questo, più o meno, il ragionamento che, a due giorni dalle elezioni, vorrebbero propinarci i due grandi sconfitti di domenica 25 maggio: Beppe Grillo e Silvio Berlusconi.
Grillo e Berlusconi sono stati umiliati, più ancora che dal risultato uscito dalle urne, dal colossale fallimento degli obiettivi che, con tanta boria e molta faccia tosta, loro stessi avevano proclamati in campagna elettorale.
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Prendiamo, ad esempio, Beppe Grillo.
Grillo, ma in verità anche Casaleggio, erano così sicuri di trionfare, e non semplicemente di vincere, da aver divulgata, con settimane di anticipo, la agenda dettagliata delle azioni che avrebbero messe in atto da lunedì 26 maggio 2013.
  • Di buon mattino, marcia su Roma per circondare il Palazzo del Quirinale ed imporre le dimissioni a Giorgio Napolitano.
  • Trasferimento immediato di Giorgio Napolitano a Cesano Boscone, presso la casa di riposo per anziani.
  • Via Web elezione del nuovo Capo dello Stato indicato dai militanti (ovviamente pilotati).
  • Dimissioni coatte di Matteo Renzi e del governo in carica.
  • Incarico ad un governo M5S con il premier Luigi Di Maio ed i ministri Grillo e Casaleggio.
  • Scioglimento di Camera e Senato.
  • Immediata chiamata dei cittadini alle urne per eleggere un nuovo Parlamento.
  • Svolgimento di processi popolari, in rete, a carico di politici, giornalisti ed imprenditori.

   Per ogni fase del programma era previsto il commento ululato di vaffa, scurrilità a gogò, volgarità e villanie rivolte ad avversari e giornalisti (con esclusione dei benemeriti Marco Travaglio ed Andrea Scanzi), etc.
Purtroppo per Grillo, Casaleggio ed i grullini, le urne hanno riservata loro una batosta titanica in grado di tramortire persino una mandria di tori.
Figuriamoci come devono esserci rimasti loro che non sono tori ma solo clown e saltimbanchi da fiera paesana.
Come se non bastasse, anche la certezza di Grillo di conquistare una delle due regioni in ballo, tra Piemonte ed Abruzzo, si è rivelata infelice.
Per questo è inquietante che, dopo qualche ora, fingendo di aver attutito il cazzotto da knock-out, Grillo abbia voluto dire una delle sue stronzate, confermando così che, per controbilanciare il suo scarso livello intellettivo, si è dotato di una spocchia senza freni.
Secondo il guitto genovese, infatti, il M5S non ha vinto perché “quest’Italia è formata da generazioni di pensionati che non hanno voglia di cambiare” !
A parte il fatto che le “generazioni di pensionati” esistevano anche quando lui delirava di trionfi plebiscitari, mi chiedo se sia mai possibile che Grillo non riesca a capire che gli italiani, nella loro stragrande maggioranza, sono persone civili, mature e democratiche e, proprio per questo, intolleranti di esseri come lui che, invece, fanno della inciviltà, della  villania, dei vaffa e del turpiloquio il loro unico credo.
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Che Silvio Berlusconi, per dirla alla francese, sia un blagueur, di certo non è una scoperta di queste ore.
Che l’ex cavaliere sia un commediante, più incline a raccontare barzellette che ad accettare il confronto con interlocutori non lacchè, è un dato di fatto.
Che al signore di Arcore piaccia denigrare gli avversari, salvo poi atteggiarsi a povera vittima se qualcuno gli rende pan per focaccia, è noto alle cronache non solo italiane.
C’è una peculiarità, però, esclusiva di Silvio Berlusconi, ed è la sua capacità di dire qualcosa ed il suo contrario, riuscendo sempre a sostenere che gli altri, in particolare quei cattivoni di sinistra, non capiscano o travisino le sue parole.
È più o meno quello che è accaduto anche con la lettura dei risultati elettorali di domenica.
Quando Giovanni Toti affermava: “se Forza Italia alle europee supera il 20% sarà un successo”, era stato subito smentito da Berlusconi … e da Dudù.
Berlusconi, infatti, aveva posta l’asticella al 25% e si era detto sicuro che Forza Italia avrebbe raggiunto l’obiettivo.
Ora, trattandosi di numeri era impossibile non capire o equivocare.
Eppure la farsa si è ripetuta !
Dopo molte ore, lenita la prostrazione da tracollo, il cacciaballe si è ripreso e  ha tentato uno dei soliti giochi di prestigio.
Il target del 25%, secondo Berlusconi, comprendeva tutte le componenti del centrodestra, per cui sommando al 16,8% di Forza Italia, il 4,4% del Nuovo Centrodestra ed il 6,2% della Lega Nord, l’obiettivo è stato raggiunto ed anche superato.
Insomma, come volevasi dimostrare, Berlusconi, Dudù e Forza Italia sono usciti anche loro in trionfo dalle urne europee.

mercoledì 28 maggio 2014

Certezza della pena e discrezionalità

Criticare i Magistrati, per delegittimare il corso della Giustizia, è uno sport insensato che trastulla solo i gonzi che lo praticano e quei fessacchiotti che fanno ancora da spettatori.
Pur tralasciando, però, l’accanimento contro la Magistratura, reiterato da una parte politica che, più delle altre ha la coda di paglia, annoverando nelle sue file manigoldi di ogni specie, non possiamo far finta di non accorgerci che, nella pubblica opinione, crescano le perplessità sulla amministrazione della Giustizia.
È sensazione diffusa, ad esempio, che il potere discrezionale dei Giudici, nel comminare le pene, sia così incontrollabile da far venire meno la certezza della pena.
Appunto … certezza della pena e discrezionalità dei giudici, argomenti che, in queste ore, sono ritornati a far discutere in concomitanza con l’esito delle elezioni europee.
Ci si domanderà, a ragione: ma cosa hanno a che vedere i risultati elettorali con la certezza della pena ?
A prima vista assolutamente nulla, se non fosse che una delle forze politiche, uscita malconcia delle urne, usa la pena, comminata al suo leader, per intorbidire le acque.
Il partito, Forza Italia, è in difficoltà a giustificare un tracollo che l’ha fatto precipitare dal 35,2%, conseguito nelle precedenti europee, al 16,8% di domenica.
Una avvilente débâcle che la cricca berlusconiana cerca di giustificare addossandone la responsabilità al Tribunale di Sorveglianza di Milano che, secondo loro, avrebbe imposti limiti inaccettabili alla libertà personale di Berlusconi, impedendogli di svolgere in prima persona la campagna elettorale.
Paolo Romani, capo gruppo al Senato di Forza Italia, è arrivato addirittura ad affermare che la pena avrebbe “mutilato” psicologicamente Berlusconi.
Ora, se il Giudice di Sorveglianza ha una colpa, non è certo quella di aver offerto a Berlusconi, ed ai suoi reggicoda, un alibi per giustificare la loro disfatta.
Piuttosto, se al Giudice di Sorveglianza va attribuita una colpa, è senz’altro quella di aver esagerato nel suo potere discrezionale, disponendo una pena così insignificante da sembrare perfino scandalosa, soprattutto se la si immagina in continuità con quanto avvenuto nei mesi precedenti.
Infatti, dal giorno in cui la Cassazione ha emessa la sentenza definitiva a suo carico, Berlusconi ha goduto di una condizione di certo migliore di quella di cui gode un comune onesto cittadino.
Berlusconi ha girovagato liberamente per il Paese con scorta e codazzo di auto blu, a spese dei contribuenti, ha svolta normale attività politica ed affaristica, ha incontrato chi, dove e quando ha voluto,  con un solo limite, non potersi recare all’estero.
I lacchè berlusconiani si sono resi conto, quindi, che per nove mesi il loro padre padrone ha condotta una vita esageratamente libera per essere un pregiudicato ?
Solo poco più di un mese fa, infatti, il Giudice di Sorveglianza ha deciso che Berlusconi espiasse l’anno di pena, quello non indultato, in affidamento ai servizi sociali e non in stato di detenzione domiciliare.
Ciò nonostante per Berlusconi e la sua combutta si tratterebbe di una tragedia, in quanto il Tribunale avrebbe imposte, a Berlusconi, tre intollerabili limitazioni della sua libertà.
Il primo vincolo è l’obbligo di rientrare ogni giorno al suo domicilio, Roma o Milano che sia, prima delle ore 23:00.
La seconda condizione è quella di ottemperare allo spropositato impegno di quattro ore, in un solo giorno della settimana, da dedicare alla assistenza di anziani presso l’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
La terza intollerabile restrizione è costituita dal divieto di frequentare, oltre a tossicodipendenti, anche pregiudicati.
Secondo i reggicoda si tratterebbe di un vero e proprio isolamento forzoso dagli amici a lui più affini, tutti con condanne passate in giudicato : da Dell’Utri a Previti, da Ciarrapico a Farina, da Sallusti a Mulè, da Bossi a Maroni, da Sgarbi e Belpietro, etc..
Sarebbero queste le gravi “mutilazioni” alle quali si riferisce Paolo Romani ?
Suvvia, non prendiamoci in giro ! Berlusconi, in campagna elettorale, ha battuto, in piena libertà, uno dopo l’altro tutti gli studi televisivi e le stazioni radio, ha incontrati giornalisti, ha rilasciate interviste, ha fatti comizi, ha diffusi video, si è messo in contatto telefonico con ogni riunione e convegno.
Se il Giudice di Sorveglianza avesse disposta la detenzione domiciliare, secondo logica e giustizia, di certo il pregiudicato Berlusconi, oltre a non poter incontrare pregiudicati e tossicodipendenti, oggi non sarebbe libero di muoversi tra Milano e Roma, di continuare ad oltraggiare pubblicamente magistrati ed istituzioni, di essere con continuità in radio, TV e giornali, di fare i comodacci suoi ogni giorno … fino alle ore 23:00 !
A pensarci bene, infatti, lascia perplessi la smisurata disparità tra i vincoli della detenzione domiciliare e quelli della esigua pena inflitta al pregiudicato Berlusconi.
Una disparità, frutto della discrezionalità del Giudice di Sorveglianza, che però nega l’equità della pena ed alimenta il dubbio che, di fatto, la legge non sia uguale per tutti.

martedì 27 maggio 2014

“Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco"

Di fronte all’aforisma di Gioanin Trapattoni, “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, è naturale che ci si possa rimanere stupiti e confusi.
Se ci si sofferma, però, a ricercare il probabile significato di queste parole scopriamo che il Trap suggerisce, con la sua semplicità, di non affrettarsi a cantare vittoria.
Quindi, se il M5S si fosse affidato al Trap per la comunicazione elettorale, sicuramente oggi, dopo aver conosciuti i risultati delle elezioni europee, gli sconsolati pentastellati non sarebbero costretti a rinchiudersi in silenzi così fragorosi.
Eppure, molti hanno sostenuto per mesi che, proprio grazie alla sapiente guida dei due guru della comunicazione, Casaleggio e Grillo, il M5S fosse in grado di parlare, meglio di altri, alla pancia degli italiani.
Sarà, però di certo il flop del M5S, alle elezioni di domenica, non è imputabile né alla imprevista presenza di alieni nei seggi elettorali, né ad oscure manovre dei presidenti di seggio, né a malefici da magia nera di Giorgio Napolitano e Matteo Renzi.
Forse lo slogan “#vinciamonoi”, creato e lanciato da Casaleggio, era troppo spocchioso e dava per scontato un risultato trionfale.
Forse se al “#vinciamonoi” oltre allo tsunami di idiozie, ululate in campagna elettorale da Grillo, sommiamo anche la villania degli insulti rivolti agli antagonisti politici, il non stop dei “vaffa”, la inutile scurrilità del linguaggio, i toni aggressivi e minacciosi, non dovremmo stupirci per il fallito sorpasso del PD da parte del M5S.
La verità è che il M5S non solo non ha stravinto, come vaneggiavano Grillo e Casaleggio, ma ha persi per strada, dal 24 febbraio 2013, quasi tre milioni di voti.
D’altra parte, i guazzabugli verbali da provetto ciarlatano, confermavano come Grillo evitasse con cura di proporre risposte concrete ai problemi degli italiani, limitandosi invece a recitare la sua pseudo rivoluzione da operetta.
Una operetta, con testi e musica di Gianroberto Casaleggio, che Grillo si impegnava a mandare in scena, per esempio, con una marcia su Roma, con l’assedio del Quirinale e la destituzione del Capo dello Stato, con il domicilio coatto di Giorgio Napolitano in una casa di riposo, con un governo pentastellato nel quale Casaleggio fosse ministro dell’innovazione e Grillo ministro dell’economia e finanza, con sommari processi popolari a carico di politici, giornalisti ed imprenditori, con un falò, dei trattati internazionali dell’Italia, acceso nell’emiciclo del Parlamento europeo, e via via con altre assurdità del genere.
Beppe Grillo era così sicuro dell’apoteosi elettorale del M5S da asserire incautamente, in una intervista a La Repubblica del 3 aprile: “o vinciamo alle Europee o me ne vado a casa. E non scherzo !”.
Queste parole, peraltro ripetute più volte in campagna elettorale, hanno fatto credere, a qualcuno, che il buffone parolaio si presentasse oggi sulla pubblica piazza, umiliato ed afflitto, per annunciare urbi et orbi il suo ritiro dall’attività politica.
Non è accaduto e non accadrà mai !
Come potrebbe fare un passo indietro lui dal momento che l’atto costitutivo del M5S, redatto davanti a Filippo D’Amore, notaio in Cogoleto, contempla che il signor Giuseppe Grillo sia l’unico titolare del simbolo e del blog e che a lui spettino, perciò, titolarità, gestione e tutela del contrassegno, oltre a titolarità e gestione della pagina del blog ?
Perciò, “o vinciamo alle Europee o me ne vado a casa” era soltanto una delle mille ciarlatanerie proferite dal guitto genovese.
Non c’è, comunque, da stupirsi né da scandalizzarsi perché nella politica italiana di certo non sarebbe il primo caso di parole dette a vanvera.
Ad esempio, era il maggio 2001, mancavano pochi giorni alle elezioni politiche ed in televisione un altro cialtrone sottoscriveva, in pompa magna, un “contratto con gli italiani” con il quale si impegnava a realizzare, se eletto, ben cinque obiettivi.
Il bello è che, insieme alla specifica dei cinque obiettivi, nel contratto era richiamato anche questo impegno molto preciso: “Nel caso che al termine di questi 5 anni di governo almeno 4 su 5 di questi traguardi non fossero raggiunti, Silvio Berlusconi si impegna formalmente a non ripresentare la propria candidatura alle successive elezioni politiche”.
Ebbene, poiché nessuno dei cinque traguardi è stato mai raggiunto, e poiché dal 2001 si sono svolte altre 3 tornate di elezioni politiche, tutti noi siamo testimoni che il cialtrone ha continuato a candidarsi con la connivenza di giornalisti e commentatori che non hanno osato mai ricordargli l’impegno tradito.
Perciò Grillo, nel ricevere il testimone, ha voluto semplicemente dimostrare di non essere da meno di Berlusconi nel turlupinare gli italiani.

venerdì 23 maggio 2014

Il Feudo degli intoccabili

Come è nell’ordine naturale delle cose, la Magistratura continua a lavorare anche quando, fuori dai palazzi di giustizia, infuriano le campagne elettorali.
In queste settimane, poi, per volgarità, villania, menzogne, insulti, i toni della campagna elettorale hanno più volte lambito il codice penale.
Negli ultimi venti anni, però, gli italiani si sono così assuefatti al mortificante imbarbarimento della politica e dei suoi protagonisti, da non sapere più distinguere tra ciò che è giusto ed etico e ciò che, invece, in un paese civile e democratico, dovrebbe essere considerato illecito, menzognero, indecente, disonesto.
Ad esempio, nessuno sembra percepire quanta ipocrisia ci sia nell’insinuazione “giustizia ad orologeria”.
Una accusa che viene rivolta ai provvedimenti della Magistratura quando ad essere colpito sia uno dei farabutti che gremiscono l’habitat politico.
Una insinuazione farisea e ridicola perché tra elezioni regionali, provinciali, comunali, politiche ed europee, il Paese vive uno stato permanente di campagna elettorale, per cui è impossibile pretendere che il corso della giustizia non debba incrociarsi con un ciclo elettorale.
Sarebbe più pratico e forse anche più semplice, invece, se i partiti, all’ingresso delle loro sedi, adottassero efficaci tornelli antidelinquenza in modo da prevenire che i farabutti diventino loro esponenti e, prima o poi, finiscano perseguiti dalla Magistratura.
Che l’insinuazione “giustizia ad orologeria” sia una scemenza così assurda da esaltare la scarsa intelligenza di chi la propone lo dimostrano proprio gli accadimenti di queste ore.
A Genova, per disposizione della Magistratura genovese, la Guardia di Finanza ha eseguite sette ordinanze di custodia cautelare nei confronti, tra gli altri, dell’ex presidente e dell’ex amministratore delegato di CARIGE, accusati di associazione a delinquere, truffa e riciclaggio ai danni della stessa banca della quale erano al vertice.
Nelle stesse ore, per disposizione della Procura di Milano sono state eseguite perquisizioni negli uffici di Bologna del gruppo assicurativo UnipolSai, il cui amministratore delegato, insieme ad altri manager, è indagato per il reato di aggiotaggio.
Insomma, attività investigatrici e giudiziarie del tutto normali, naturale conseguenza di indagini intraprese da tempo.
Quindi, avrebbe dovuto essere considerato del tutto normale che un Pubblico Ministero, in un’aula del Tribunale di Milano, svolgendo la sua requisitoria proponesse le richieste di pene per gli imputati.
Ed invece no !
Infatti, in quest’ultimo caso, è esplosa l’insinuazione di “giustizia ad orologeria” anche se imputati non erano politici di questo o quel partito.
Perché mai, allora, l’inconsulta reazione  ?
Semplicemente perché tra gli imputati c’erano un erede ed alcuni famigli del Feudatario di Arcore.
Nel processo Mediatrade per frode fiscale, ad essere imputati, insieme a PierSilvio Berlusconi, sono Fedele Confalonieri, Frank Agrama, ex manager Fininvest, un banchiere e due cittadine di Hong-Kong.
È bastato che il Pubblico Ministero osasse soltanto toccare eredi e famigli del Feudatario di Arcore perché il solito gruppuscolo di galoppini, foraggiato da Forza Italia e  capeggiato da Renato Brunetta e Paolo Romani, insorgesse con le monocordi tiritere: “persecuzione giudiziaria” e “giustizia ad orologeria”.
Finalmente, grazie a Brunetta e Romani, oggi gli italiani si possono rendere conto che i precetti forzisti vorrebbero “intoccabili” non solo i politicanti gaglioffi e pregiudicati, ma anche i manigoldi loro parenti e sodali.

mercoledì 21 maggio 2014

Un voto a scelta tra impostori, nichilisti ed illusionisti

Insieme ad altri 50 milioni di italiani anch’io, fra quattro giorni, dovrei recarmi al seggio per depositare nell’urna il mio voto per eleggere il Parlamento Europeo.
Uso il condizionale perché, con il passare delle ore, si va facendo strada l’evenienza che, domenica mattina, rimetta nel cassetto la tessera elettorale e, per la prima volta decida di non esercitare il mio diritto-dovere di voto.
Sarebbe una scelta sofferta, in contrasto con il mio convincimento che astenersi sia un po’ sfuggire alle proprie responsabilità civili.
Cosa fare, però, di fronte ad una campagna elettorale indecorosa e del tutto fuorviante ?
Trattandosi di “elezioni europee”, pensavo di dover valutare con quali intenti e con quali programmi le forze politiche in campo propongano di candidarsi al Parlamento europeo.
Ora, a meno che in queste settimane io non abbia vissuto in catalessi, o non mi sia assentato per una breve escursione su Marte, non sono riuscito a cogliere idee e progetti sull’Europa, sui suoi problemi e su come risolverli.
All’orecchio mi sono giunti solo alcuni slogan insensati ed ingannevoli che minacciano, ad esempio, l’uscita dall’euro del nostro Paese.
Per il resto solo tanta volgarità, violenti scambi di insulti, fandonie di ogni tipo, ma soprattutto un appiattimento totale sulle vicende di casa nostra.
Mi domando, ad esempio: cosa avranno a che vedere con il futuro dell’Europa le fanfaluche che un rintronato Berlusconi racconta per abbindolare gli elettori ?
Dal cilindro delle mistificazioni berlusconiane, infatti, è spuntata fuori la promessa di donare, a tutti gli anziani indigenti, impianti dentali gratuiti (sia chiaro … non dentiere !).
Credo che la vera preoccupazione degli anziani indigenti, però, non siano gli impianti dentali, bensì la possibilità di avere ogni giorno qualcosa da mettere sotto i denti.
Detto fatto ! Ecco saltar fuori dal cilindro l’aumento ad 800 euro di tutte le pensioni minime.
Siamo ai corsi e ricorsi mistificatori dell’ex cavaliere.
Infatti, l’aumento delle pensioni minime era già uno degli impegni assunti da Berlusconi con il famoso “contratto con gli italiani”, teatralmente firmato in TV, a “Porta a Porta”, sotto lo sguardo del maggiordomo Bruno Vespa.
Era l’8 maggio 2001, altra campagna elettorale.
La verità è che non solo quella, ma tutte le promesse fatte nel “contratto con gli italiani” sono state disattese, incluso l’impegno a non più ripresentarsi alle elezioni, se non fossero stati realizzati almeno 4 dei 5 punti indicati.
È evidente che, da incallito impostore, Berlusconi conta oggi sulla smemorataggine dei soliti gonzi che hanno continuato a votare per Forza Italia.
Ad andare fuori tema nella sua campagna elettorale, però, è anche Matteo Renzi.
Incurante, anche lui, del fatto che si tratti di elezioni europee, Renzi non perde occasione per magnificare, in modo asfissiante, i provvedimenti presi dal suo governo nei primi tre mesi di attività.
Si va dal bonus di 80 euro al decreto lavoro, dal tetto per le retribuzioni dei manager pubblici alla vendita online delle auto blu, dalla privatizzazione di Poste Italiane ed ENAV alla soppressione di cinque ambasciate, e via dicendo.
In nessuno di questi provvedimenti, dei quali Renzi si incensa, riesco ad scorgere, però, orientamenti e proposte per il cambiamento della politica europea, per cui mi domando: quali sono i contenuti del progetto europeo di Matteo Renzi ?
A dar prova di non aver capito assolutamente nulla del voto del 25 maggio è sicuramente Beppe Grillo che, come un invasato, farnetica sugli irreali effetti che tale voto dovrebbe avere sulle istituzioni politiche del nostro Paese.
Da settimane Grillo, sicuro di vincere le elezioni con un voto plebiscitario, con gli occhi fuori dalle orbite ed il suo lessico scurrile, sbraita a squarciagola che il giorno dopo le elezioni andrà al Quirinale ed imporrà le dimissioni al Capo dello Stato e le immediate elezioni politiche.
Grillo, vaneggiando, conferma di essere un cialtrone, ignorante della Costituzione e delle regole democratiche.
Minaccia marcia su Roma, processi popolari a politici, giornalisti ed imprenditori, epurazioni e lupara bianca per i suoi avversari.
In pratica il progetto di un regime totalitario, a scelta tra lo stalinismo, il nazismo, il fascismo, etc. etc.
Purtroppo, però, in attesa che gli impongano bavaglio e camicia di forza, Grillo prosegue nella sua azione nichilista, turlupinando i grullini che ancora lo stanno ad ascoltare.
Perciò, di fronte ad un quadro così squallido sarebbe etico astenersi domenica ?

domenica 18 maggio 2014

Il Gr(u)llo si prostituisce a “Porta a Porta”

M5S … vale a dire M(arionette) al 5 livello di S(tupidità), si conferma essere sempre più una accozzaglia di perdigiorno con l’hobby di ascoltare, ma quel che è peggio di farsi abbindolare dalle fesserie e dalle bassezze di una Marionetta capofila, il Gr(u)llo genovese.
Già, perché gli occulti marionettisti che, con astuzia, manovrano i fili sia del Gr(u)llo che delle altre marionette, lo fanno, per fini arcani, consapevoli che:
  • il livello di stupidità congenita, di Gr(u)llo e dei suoi reggicoda, è tale da poterli condizionare nel dire e nel fare qualunque cosa, incapaci di comprendere il significato di ciò che fanno e dicono;
  • se per venti anni, in Italia, milioni di gonzi hanno votato per Berlusconi, credendo alle sue panzane e corbellerie, esiste la possibilità che gli stessi gonzi si gettino nelle braccia del Gr(u)llo e delle sue vomitevoli stronzate e trivialità;
  • lo squallore dello scenario politico italiano, sconquassato da corruzione, ruberie, malaffare, collusioni mafiose, suscita sentimenti di insofferenza e riottosità così incurabili da esporli facilmente alle idiozie blaterate da Gr(u)llo;
  • anche l’ultimo rifugio, infine, nel quale larga parte dell’opinione pubblica cercava conforto, cioè la Magistratura, inizia a mandare segnali di cedimento. L’affidamento del pregiudicato Berlusconi ad un irrisorio servizio sociale, ed il volare di stracci tra i componenti la Procura di Milano, storico baluardo contro la degenerazione della politica, non fanno che accrescere lo stato di insofferenza generale.

La strategia, elaborata sulla base di questi assunti dagli occulti marionettisti, ha indicato come opzione principale, ad esempio, quella di prendere le distanze da tutto ciò che è mondo reale e sistema della comunicazione.
Così, al Gr(u)llo, è stato imposto  di usare solo il Web, avversando tutti i mezzi di informazione, denigrando i giornalisti ed il loro lavoro, fino ad espellere con ignominia, dal movimento, chiunque osasse rilasciare interviste o partecipare ai talkshow.
Quanti pentastellati sono caduti sotto la mannaia di questa assurda decisione ?
Improvvisamente, però, in questi giorni dai marionettisti è giunto il contrordine ed il Gr(u)llo si è uniformato al nuovo diktat.
Così i talkshow si sono affollati, improvvisamente, di rappresentanti del M5S, e lo stesso Gr(u)llo si è messo a disposizione di Enrico Mentana per una intervista televisiva.
Per la sua non eccelsa capacità intellettiva, Gr(u)llo non ha capito che nulla avrebbe potuto renderlo più ridicolo degli sforzi che stava facendo per non sembrare grottesco.
Ma … ubi maior Gr(u)llo cessat !
Così, dopo aver diffamato Bruno Vespa, dicendo di lui “chi striscia non inciampa”, asserendo che la sua presenza in TV “è un danno per il Paese, per l’economia e per l’informazione libera”, conferendogli il “microfono di legno”, che fa Gr(u)llo, manovrato dai soliti marionettisti ?
Senza interpellare la comunità M5S via internet, accetta l’invito dello “strisciante” Bruno Vespa ed acconsente a partecipare domani, lunedì 19 maggio, alla tanto deprecata trasmissione “Porta a Porta”.
Ma come, dopo aver blaterato ai quattro venti che tutte le scelte del M5S sarebbero state sempre approvate via internet dalla comunità M5S, e dopo aver sostenuto che fosse credibile solo l’informazione espressa dal blog del Gr(u)llo e dagli streaming pentastellati, la marionetta capofila va a prostituirsi a “Porta a Porta” ?

venerdì 16 maggio 2014

Ci risiamo con la balla di trame e complotti

Ci mancavano le fumose e speciose rivelazioni di Tim Geithner, ex numero uno del Tesoro a stelle e strisce, su immaginarie trame per far cadere il governo Berlusconi, nel 2011, per ridare fiato all’ormai esangue ex cavaliere nella sua disperata campagna elettorale.
Fumose, perché Geithner si riferisce a non meglio identificati “funzionari europei” che avrebbero chiesto al Presidente Obama di scendere in campo per liquidare Silvio Berlusconi. Se è vero, perché non li cita con nome e cognome ?
Speciose, perché Geithner, collocando le supposte trame solo ai primi giorni del novembre 2011, in concomitanza con il G 20 di Cannes, dimostra di ignorare che Berlusconi ed il suo governo navigassero in mari tempestosi, da molto tempo, sia sul versante interno che su quello internazionale, ben prima perciò che a Cannes si svolgesse il G 20.
Ad esempio sul versante interno, dopo lo scontro passato alla storia come il giorno del “Altrimenti che fai ? Mi cacci ?”, Gianfranco Fini ed i suoi fedelissimi (33 deputati e 10 senatori) lasciarono il Popolo della Libertà per costituire i gruppi autonomi di Futuro e Libertà.
Era l’aprile 2010, senza i voti dei finiani il governo, alla Camera, non aveva più la maggioranza.
Tra l’altro la stessa compagine governativa continuava a perdere pezzi, ad esempio: Claudio Scajola si era dimesso da ministro dello Sviluppo Economico, perché indagato sulla provenienza del denaro con cui aveva acquistata la casa fronte Colosseo, poi Aldo Brancher, ministro per Sussidiarietà e Decentramento, dopo soli 17 giorni dal mandato rassegnò le dimissioni perché coinvolto nel procedimento giudiziario sullo scandalo Antonveneta, anche Nicola Cosentino si dimise da sottosegretario all’economia prima che la Camera votasse la mozione di sfiducia nei suoi confronti. Solo per citare alcuni dei molti casi.
Probabilmente, a Geithner deve essere sfuggito che il 10 ottobre 2011, cioè 23 giorni prima del G 20 di Cannes, il governo era stato battuto, alla Camera, sulla approvazione del Rendiconto di bilancio 2010 (NdR: il Rendiconto sarebbe stato poi approvato l’8 novembre 2011 per la decisione delle opposizioni di astenersi dal voto, avendo Berlusconi già preannunciate le sue dimissioni).
Come a Geithner non deve essere giunta notizia che Enzo Scotti, sottosegretario agli Affari Esteri, rassegnando le dimissioni aveva invitato Berlusconi a dimettersi per lasciare il posto ad un governo di unità nazionale.
Dimissioni che Berlusconi rassegnò nelle mani del Capo dello Stato il 12 novembre 2011 dopo aver ottenuto che la Camera approvasse il bilancio di previsione pluriennale 2012-2014.
Perciò, checché ne dicano Berlusconi ed i suoi lacchè, il governo da oltre un anno viveva in stato comatoso, salvato di volta in volta o dalle boccate di ossigeno che gli arrivavano ora da questo ora da quel parlamentare, o dalle infornate di sottosegretari nominati “ex voto suscepto”.
La bufala delle trame internazionali o delle cospirazioni dei poteri forti serve, solo ed ancora, per abbindolare i soliti citrulli, malati di amnesia, che votano Forza Italia.
E’ verosimile che si dovesse tramare a livello internazionale per far cadere un governo, manifesto malato terminale ?
È vero, invece, che sul versante internazionale Berlusconi ed il suo governo avevano persa, da tempo, ogni credibilità.
Convinto, infatti, di poter raccontare balle anche nei consessi internazionali, così come ha sempre fatto per anni per turlupinare gli elettori di Forza Italia, Berlusconi ha continuato ad esporre il nostro Paese a pessime figure, sproloquiando di politiche e di impegni per il risanamento dei conti pubblici o le riforme strutturali.
E ciò che fece, ad esempio, anche in occasione del vertice del Capi di Stato e di Governo dell’Area Euro, il 21 luglio 2011, millantando un illusorio programma di interventi che l’Italia avrebbe dovuto realizzare, a cominciare proprio dal pareggio di bilancio nel 2014.
Proprio per questo la BCE, preoccupata per la crescente sfiducia dei mercati internazionali verso il Sistema Italia e scettica sulle ennesime nuove promesse di Berlusconi,  prese carta e penna ed il 5 agosto 2011 gli inviò una lettera riservata, a firma congiunta Mario Draghi e Jean-Claude Trichet, con la quale, rivolgendosi al “Caro Primo Ministro” ricordava gli impegni che lui aveva presi con l’UE e lo sollecitava a realizzarli, fissando per alcune misure urgenti anche i relativi tempi di attuazione.
Per esempio, la BCE richiedeva a Berlusconi di emanare decreti legge urgenti, che il Parlamento potesse ratificare entro il mese di settembre 2011, in materia di: liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali, riforma del sistema di contrattazione salariale collettiva, politiche di riallocazione delle risorse non occupate, riforma delle pensioni di anzianità, etc.
Mancavano tre mesi al G 20 di Cannes e, probabilmente, anche di questa lettera Geithner non deve aver avuta notizia.
Fatto sta che, a Cannes Berlusconi si presentò senza aver attuato nessuno degli impegni presi e sollecitatigli da BCE.
Confermatosi incapace di rispettare gli impegni da lui stesso assunti, minato dalla sfiducia degli investitori nel Sistema Italia, che sui mercati internazionali si concretizzava nel vertiginoso rialzo dello spread, Berlusconi scelse di fuggire da Palazzo Chigi e di lasciare al suo successore l’onere di dare attuazione agli impegni che lui aveva assunti con tanta leggerezza.
Questi sono i fatti, altro che oscure trame internazionali !

martedì 13 maggio 2014

I peccati veniali di tangentopoli

Può darsi che, con la stagione di “mani pulite”, qualcuno si fosse illuso che tutta l’erbaccia che inquinava la politica italiana fosse stata annientata.
Il passare degli anni ha evidenziato, però, anche a quelli di noi più distratti, che corruzione, malaffare, ruberie, collusione con mafia, etc., continuavano ad infestare l’aria, ricorrendo forse a modi più rozzi e per fini ancora più gretti.    
Chi di noi non ha legittimamente pensato, almeno una volta, che, per impegnarsi in politica, tra i requisiti richiesti ci fosse una inclinazione comprovata a violare ogni norma del codice etico e di quello penale ?
L’immoralità, infatti, è così presente e normalizzata a tutti i livelli, da indurre perfino il sospetto che le cosiddette scuole di partito organizzino corsi di specializzazione e rilascino master in ogni tipologia possibile di illecito.
È certo che, alla luce della degenerazione etica alla quale abbiamo assistito negli ultimi venti anni, i misfatti di “tangentopoli” possano sembrare, oggi, insignificanti peccati veniali, giustificabili allora con la esigenza di foraggiare i costosissimi apparati dei partiti e di arricchirne i leader.   
Lo tsunami giudiziario che, agli inizi degli anni ’90, si abbatté sulla scena della politica italiana si poggiava, infatti, su un unico capo di imputazione, il “finanziamento illecito dei partiti” attraverso il malcostume affaristico delle tangenti.
Purtroppo, però, la stagione di “mani pulite” non è riuscita a sradicare dal bagaglio culturale e comportamentale, dei politici nostrani, la vocazione per tutto ciò che è disonesto ed illegale.
Solo che, oggi, lo scopo primario degli illeciti commessi dai politici sembrerebbe l’arricchimento personale come testimonierebbero, ad esempio, lo scandalo sanità in Lombardia con il rinvio a giudizio di Roberto Formigoni, ed in questi giorni l’inchiesta “EXPO 2015”, con l’arresto dei redivivi Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, già protagonisti e condannati ai tempi di “tangentopoli”.
In realtà, troppi politici, pervasi dalla aberrante presunzione di potersene infischiare di leggi, codici e sentenze, svolazzano tra i reati contemplati dal codice penale, confidando nella loro presunta aureola di impunità ed infischiandosene del disgusto e dell’insofferenza che monta nell’opinione pubblica.
Ci tocca assistere, perciò, a parole e comportamenti improntati ad una sfrontatezza intollerabile.
Ad esempio, è indecente che pregiudicati, con condanne definitive sulle spalle, come Berlusconi e Dell’Utri, abbiano la faccia tosta di dichiararsi perseguitati dalla giustizia e giungano perfino a considerarsi “prigionieri politici”.
E cosa pensare delle insolenti parole di Dell’Utri che, condannato dalla Cassazione a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, dalla sua confortevole latitanza in Libano pretenderebbe dettare alla Giustizia le sue condizioni per il rientro in Italia,  esigendo che la pena gli sia commutata negli stessi grotteschi servizi sociali di cui già gode, inspiegabilmente, il suo sodale Berlusconi ?
Di fronte ad atteggiamenti così spudorati e folli c’è da chiedersi se siano dettati da crassa ignoranza delle leggi e dei codici, e/o dalla convinzione di essere, per grazia divina, al di sopra di leggi e codici.
Come valutare, per esempio, le parole con cui Berlusconi ha definito immotivato l’arresto di Claudio Scajola sostenendo che l’ex ministro avrebbe “solo aiutato un amico latitante” ?
Le aberranti parole di Berlusconi confermano, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, la completa sua carenza di una cultura etica e giuridica.
Infatti, Berlusconi dimostra di ignorare che l’art. 378 del codice penale prevede il reato di “favoreggiamento personale” di cui si rende colpevole chiunque aiuti un pregiudicato a sottrarsi all’Autorità giudiziaria.
Non solo, ma per Berlusconi è eticamente trascurabile che a commettere il reato di “favoreggiamento personale” sia stato Claudio Scajola, ex ministro dell’interno del suo governo.
D’altra parte perché meravigliarsi ancora della bassezza morale di colui che, oltre a circondarsi da una corte di inquisiti e pregiudicati, ha ospitato per anni nella sua villa di Arcore un criminale mafioso, pluriomicida, come Vittorio Mangano ? 

giovedì 8 maggio 2014

Susanna Camusso sulla tramvia a cavalli

C’era una volta … il biciclo, il treno a vapore, la tramvia a cavalli, il padrone delle ferriere ed anche … Susanna Camusso !
Potrebbe essere l’inizio di un pamphlet sulla storia del sindacalismo italiano sennonché, ascoltando le voci che giungono dal congresso CGIL, in corso in questi giorni a Rimini, si ha l’impressione che molti sindacalisti siano convinti ancora oggi di viaggiare sulle tramvie a cavalli e di confrontarsi con i padroni delle ferriere.
Riecheggiano, come verità assolute, parole che rivelano una concezione del mondo del lavoro che non ha nulla a che vedere con la realtà dei giorni nostri.
Concertazione, garanzie per i lavoratori, diritti sindacali, contratti a tempo indeterminato, precariato, solo per citarne alcuni, sono linguaggi che stridono con un quadro sociale in cui a farla da padrone sono la disoccupazione, la cassa integrazione, la povertà dilagante, la chiusura delle imprese, la perdita del potere di acquisto di salari e pensioni, etc. etc.
Parole che vorrebbero riaffermare idee e modelli inconciliabili con i cambiamenti che, negli anni, hanno interessato l’economia ed il mondo del lavoro.
Un sindacato incapace di rendersi conto che, per effetto di una disoccupazione galoppante e di una cassa integrazione sempre più a perdere, finirà inevitabilmente per rimanere avvizzito dalla diminuzione, giorno dopo giorno, del numero di lavoratori attivi, dei quali tutelare privilegi e diritti.
Quello che più disturba, in questo assurdo riecheggiare di vecchi slogan, è la totale assenza, da parte dei massimi esponenti sindacali, di un seppur fugace cenno di autocritica per gli errori commessi e per la responsabilità di aver create le condizioni che hanno fatto precipitare il mondo del lavoro nella crisi attuale.
Il sindacato italiano non può voltare la faccia dall’altra parte e fingere di non vedere le proprie colpe per aver ingessato il mondo del lavoro e, con esso, l’economia italiana.
E poco importa se a consentirlo sia stata la miopia di una classe imprenditoriale che, per convenienze di breve termine, ha ceduto alle pretese sindacali.
Solo con il passare del tempo gli imprenditori si sono accorti di aver accettate e sottoscritte condizioni che hanno resi i rapporti di lavoro più indissolubili di un matrimonio e più dannosi per la competitività delle loro imprese.
A mo’ di esempio prendiamo due elementi costitutivi dello Statuto dei Lavoratori, peraltro datato ormai 44 anni.
È sufficiente aver vissuto in azienda per essersi resi conto come i celebrati “diritti dei lavoratori” siano serviti al sindacato esclusivamente per proteggere, di fatto, dipendenti incapaci, improduttivi, assenteisti.
Il lavoratore responsabile, capace, attivo, non aveva bisogno, infatti, di ricorrere al sindacato od ai pretori del lavoro per far valere i suoi diritti, semplicemente perché erano il suo impegno e la  sua serietà a farlo apprezzare e ad assicurargli la stabilità del posto di lavoro.
Anche il proliferare dei “permessi sindacali” è stato un effetto dello Statuto dei Lavoratori, in applicazione del quale è accordato ai lavoratori, pubblici e privati, dediti ad attività sindacali, il diritto di percepire regolarmente la retribuzione pur non partecipando ai processi produttivi delle loro aziende.
Quella dei “permessi sindacali”, perciò, è una spesa improduttiva che incide sui costi delle imprese.
Dal 1970 in poi i sindacati hanno sempre cercato, e spesso ottenuto, di incrementare il numero delle ore riconosciute per “permessi sindacali”.
Ho avuto modo di conoscere, in questi anni, impiegati, operai, agenti della polizia di Stato, insegnanti che, godendo di “permessi sindacali”, si sono fatti vedere poco o nulla sul posto di lavoro, mentre i colleghi si sobbarcavano l’onere di fare anche il loro lavoro.
È inquietante, perciò, dover constatare oggi che, di fronte alla crisi che travaglia il mondo del lavoro e coinvolge milioni di disoccupati e cassintegrati, dai microfoni del congresso CGIL giunga un solo arrogante messaggio “noi siamo la democrazia”.
Un sindacato, quindi, sul viale del tramonto, a meno che non trovi la forza ed il coraggio di scendere dalla tramvia a cavalli e di adeguarsi alla nuova realtà.

lunedì 5 maggio 2014

Nauseato da questa libertà ipocrita

Non avrei mai pensato che un giorno non mi sarei più compiaciuto di vivere in un Paese soddisfatto di una libertà ambigua !
Non è che, all’improvviso, io abbia perso il bene dell’intelletto.
La verità è che sono stanco di ascoltare tutti quei mistificatori che vorrebbero farmi credere che libertà significhi tollerare … rassegnarsi … giustificare … qualsiasi azione, qualsiasi gesto, qualsiasi parola.
Se non si è disposti a tollerare, rassegnarsi e giustificare, allora si è fascisti e reazionari.
Non sono né reazionario né fascista, ciò nonostante non tollero, non giustifico e non mi rassegno all’idea che nel mio Paese …
… si contrabbandi come una espressione di libertà l’azione devastatrice di delinquenti che, nascondendosi con cappucci, caschi e passamontagna, e sprezzanti dei diritti più elementari di ogni cittadino, colgano qualsiasi pretesto per mettere a ferro e fuoco le città, assaltare banche e negozi, dare alle fiamme automobili;
… si spacci per requisito di libertà il fatto che pendagli da forca possano partecipare alle manifestazioni armati di spranghe, bombe carta, bottiglie molotov;
… si consideri prova di libertà consentire ad un guitto genovese, zotico e volgare, e ad un pregiudicato di Arcore, di vomitare ingiurie, menzogne, calunnie, su tutte le Istituzioni e sui loro esponenti;
… si permetta, in nome della libertà di pochi farabutti, di umiliare il principio sacrosanto “la legge è uguale per tutti”;
… si pretenda rivestire con il manto della libertà gli isterismi di un sindacalismo che, nel patetico tentativo di sopravvivere alla evoluzione dei tempi, giunga perfino a contrastare gli interessi dei disoccupati;
… si arrivi ad intravedere nientemeno che un rivelatore di libertà nel penoso spettacolo di membri delle Istituzioni che negozino, con ceffi da galera, le condizioni per svolgere le partite di calcio senza intolleranze da parte delle tifoserie.
Di questa libertà ipocrita ne faccio a meno volentieri !