venerdì 23 maggio 2014

Il Feudo degli intoccabili

Come è nell’ordine naturale delle cose, la Magistratura continua a lavorare anche quando, fuori dai palazzi di giustizia, infuriano le campagne elettorali.
In queste settimane, poi, per volgarità, villania, menzogne, insulti, i toni della campagna elettorale hanno più volte lambito il codice penale.
Negli ultimi venti anni, però, gli italiani si sono così assuefatti al mortificante imbarbarimento della politica e dei suoi protagonisti, da non sapere più distinguere tra ciò che è giusto ed etico e ciò che, invece, in un paese civile e democratico, dovrebbe essere considerato illecito, menzognero, indecente, disonesto.
Ad esempio, nessuno sembra percepire quanta ipocrisia ci sia nell’insinuazione “giustizia ad orologeria”.
Una accusa che viene rivolta ai provvedimenti della Magistratura quando ad essere colpito sia uno dei farabutti che gremiscono l’habitat politico.
Una insinuazione farisea e ridicola perché tra elezioni regionali, provinciali, comunali, politiche ed europee, il Paese vive uno stato permanente di campagna elettorale, per cui è impossibile pretendere che il corso della giustizia non debba incrociarsi con un ciclo elettorale.
Sarebbe più pratico e forse anche più semplice, invece, se i partiti, all’ingresso delle loro sedi, adottassero efficaci tornelli antidelinquenza in modo da prevenire che i farabutti diventino loro esponenti e, prima o poi, finiscano perseguiti dalla Magistratura.
Che l’insinuazione “giustizia ad orologeria” sia una scemenza così assurda da esaltare la scarsa intelligenza di chi la propone lo dimostrano proprio gli accadimenti di queste ore.
A Genova, per disposizione della Magistratura genovese, la Guardia di Finanza ha eseguite sette ordinanze di custodia cautelare nei confronti, tra gli altri, dell’ex presidente e dell’ex amministratore delegato di CARIGE, accusati di associazione a delinquere, truffa e riciclaggio ai danni della stessa banca della quale erano al vertice.
Nelle stesse ore, per disposizione della Procura di Milano sono state eseguite perquisizioni negli uffici di Bologna del gruppo assicurativo UnipolSai, il cui amministratore delegato, insieme ad altri manager, è indagato per il reato di aggiotaggio.
Insomma, attività investigatrici e giudiziarie del tutto normali, naturale conseguenza di indagini intraprese da tempo.
Quindi, avrebbe dovuto essere considerato del tutto normale che un Pubblico Ministero, in un’aula del Tribunale di Milano, svolgendo la sua requisitoria proponesse le richieste di pene per gli imputati.
Ed invece no !
Infatti, in quest’ultimo caso, è esplosa l’insinuazione di “giustizia ad orologeria” anche se imputati non erano politici di questo o quel partito.
Perché mai, allora, l’inconsulta reazione  ?
Semplicemente perché tra gli imputati c’erano un erede ed alcuni famigli del Feudatario di Arcore.
Nel processo Mediatrade per frode fiscale, ad essere imputati, insieme a PierSilvio Berlusconi, sono Fedele Confalonieri, Frank Agrama, ex manager Fininvest, un banchiere e due cittadine di Hong-Kong.
È bastato che il Pubblico Ministero osasse soltanto toccare eredi e famigli del Feudatario di Arcore perché il solito gruppuscolo di galoppini, foraggiato da Forza Italia e  capeggiato da Renato Brunetta e Paolo Romani, insorgesse con le monocordi tiritere: “persecuzione giudiziaria” e “giustizia ad orologeria”.
Finalmente, grazie a Brunetta e Romani, oggi gli italiani si possono rendere conto che i precetti forzisti vorrebbero “intoccabili” non solo i politicanti gaglioffi e pregiudicati, ma anche i manigoldi loro parenti e sodali.

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