martedì 13 maggio 2014

I peccati veniali di tangentopoli

Può darsi che, con la stagione di “mani pulite”, qualcuno si fosse illuso che tutta l’erbaccia che inquinava la politica italiana fosse stata annientata.
Il passare degli anni ha evidenziato, però, anche a quelli di noi più distratti, che corruzione, malaffare, ruberie, collusione con mafia, etc., continuavano ad infestare l’aria, ricorrendo forse a modi più rozzi e per fini ancora più gretti.    
Chi di noi non ha legittimamente pensato, almeno una volta, che, per impegnarsi in politica, tra i requisiti richiesti ci fosse una inclinazione comprovata a violare ogni norma del codice etico e di quello penale ?
L’immoralità, infatti, è così presente e normalizzata a tutti i livelli, da indurre perfino il sospetto che le cosiddette scuole di partito organizzino corsi di specializzazione e rilascino master in ogni tipologia possibile di illecito.
È certo che, alla luce della degenerazione etica alla quale abbiamo assistito negli ultimi venti anni, i misfatti di “tangentopoli” possano sembrare, oggi, insignificanti peccati veniali, giustificabili allora con la esigenza di foraggiare i costosissimi apparati dei partiti e di arricchirne i leader.   
Lo tsunami giudiziario che, agli inizi degli anni ’90, si abbatté sulla scena della politica italiana si poggiava, infatti, su un unico capo di imputazione, il “finanziamento illecito dei partiti” attraverso il malcostume affaristico delle tangenti.
Purtroppo, però, la stagione di “mani pulite” non è riuscita a sradicare dal bagaglio culturale e comportamentale, dei politici nostrani, la vocazione per tutto ciò che è disonesto ed illegale.
Solo che, oggi, lo scopo primario degli illeciti commessi dai politici sembrerebbe l’arricchimento personale come testimonierebbero, ad esempio, lo scandalo sanità in Lombardia con il rinvio a giudizio di Roberto Formigoni, ed in questi giorni l’inchiesta “EXPO 2015”, con l’arresto dei redivivi Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, già protagonisti e condannati ai tempi di “tangentopoli”.
In realtà, troppi politici, pervasi dalla aberrante presunzione di potersene infischiare di leggi, codici e sentenze, svolazzano tra i reati contemplati dal codice penale, confidando nella loro presunta aureola di impunità ed infischiandosene del disgusto e dell’insofferenza che monta nell’opinione pubblica.
Ci tocca assistere, perciò, a parole e comportamenti improntati ad una sfrontatezza intollerabile.
Ad esempio, è indecente che pregiudicati, con condanne definitive sulle spalle, come Berlusconi e Dell’Utri, abbiano la faccia tosta di dichiararsi perseguitati dalla giustizia e giungano perfino a considerarsi “prigionieri politici”.
E cosa pensare delle insolenti parole di Dell’Utri che, condannato dalla Cassazione a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, dalla sua confortevole latitanza in Libano pretenderebbe dettare alla Giustizia le sue condizioni per il rientro in Italia,  esigendo che la pena gli sia commutata negli stessi grotteschi servizi sociali di cui già gode, inspiegabilmente, il suo sodale Berlusconi ?
Di fronte ad atteggiamenti così spudorati e folli c’è da chiedersi se siano dettati da crassa ignoranza delle leggi e dei codici, e/o dalla convinzione di essere, per grazia divina, al di sopra di leggi e codici.
Come valutare, per esempio, le parole con cui Berlusconi ha definito immotivato l’arresto di Claudio Scajola sostenendo che l’ex ministro avrebbe “solo aiutato un amico latitante” ?
Le aberranti parole di Berlusconi confermano, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, la completa sua carenza di una cultura etica e giuridica.
Infatti, Berlusconi dimostra di ignorare che l’art. 378 del codice penale prevede il reato di “favoreggiamento personale” di cui si rende colpevole chiunque aiuti un pregiudicato a sottrarsi all’Autorità giudiziaria.
Non solo, ma per Berlusconi è eticamente trascurabile che a commettere il reato di “favoreggiamento personale” sia stato Claudio Scajola, ex ministro dell’interno del suo governo.
D’altra parte perché meravigliarsi ancora della bassezza morale di colui che, oltre a circondarsi da una corte di inquisiti e pregiudicati, ha ospitato per anni nella sua villa di Arcore un criminale mafioso, pluriomicida, come Vittorio Mangano ? 

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