martedì 29 aprile 2014

Grillo, ciarlatano o truffatore ?

Per il dizionario della lingua italiana dicesi “truffatore colui che, per l’ottenimento di un vantaggio personale o di una parte, inganni altri soggetti con asserzioni false, raggiri o artifici”.
Fraudolenta ed ingannevole è qualsiasi affermazione che, approfittando della presunta ignoranza di una o più persone, contrabbandi per concreti e/o realizzabili interventi, progetti, comportamenti.
Qualsiasi azione truffaldina presuppone, pertanto, due condizioni di base.
La prima, che esistano individui ignoranti o creduloni ai quali poter propinare asserzioni false.
La seconda, che il truffatore sia consapevole di rifilare, per vere, affermazioni prive di ogni fondamento.
Ciò premesso è impossibile non rendersi conto che Beppe Grillo, approfittando della dabbenaggine e della ignoranza di molti “grullini”, sia un autentico truffatore, e non un banale ciarlatano. Lo confermano le recenti dichiarazioni rilasciate dal guru del M5S alla inviata di Agorà RAI 3.
Dando per scontato che le elezioni europee saranno una “marcia trionfale” per il M5S, Grillo afferma: “se avrò un candidato in più del PD … vado io da Napolitano, ci deve dare l’incarico (ndr: di governo).
È chiaro, prima di tutto, che l’ex guitto genovese imbrogli sulla parola “elezioni” per infinocchiare i suoi accoliti, non dicendo loro che qualora il M5S ottenesse, il 25 maggio, un “candidato in più del PD”, costui occuperebbe uno scranno a Bruxelles e non a Roma, nel Parlamento italiano.
È grave che Grillo inganni i “grullini” asserendo: in caso di vittoria del M5S “vado io da Napolitano, ci deve dare l’incarico”.
È un truffatore perché sa molto bene che, anche vincendo le “Elezioni Europee”, il risultato non potrà avere alcun effetto sul governo italiano.
Infatti, nel Parlamento italiano il M5S rimarrebbe una minoranza senza alcuna chance, perciò, di poter piatire, dal Capo dello Stato, l’incarico di formare un governo.
Ma l’intento truffaldino di Grillo emerge anche da un’altra dichiarazione rilasciata all’inviata di Agorà RAI 3.
Sempre nel caso che il M5S vincesse le elezioni del 25 maggio, Grillo ha assicurato: “… vado in Europa, dico che abbiamo questi contratti firmati da questa gente qua, da tutti i partiti, e li strappiamo lì davanti. Il Fiscal Compact non lo rinegoziamo, lo strappiamo. Il debito, se siamo una comunità, ce lo spalmiamo”.
Parole così farneticanti da legittimare il sospetto che Grillo ormai sia affetto da una schizofrenia galoppante.
Infatti, o è uno psicotico oppure non sa più quello che dice pur di turlupinare i “grullini”.
Infatti, anche ad un guitto, profano come lui di Costituzione e regole della democrazia, non dovrebbe sfuggire che eventuali eletti del M5S, al Parlamento Europeo, non avrebbero alcun potere di rappresentanza dello Stato Italiano.
A Bruxelles potrebbero rappresentare solo quei “grullini” che li avessero votati.
Quindi, gli accordi dello Stato Italiano con l’Unione Europea non sono pezzi di carta stracciabili né da un ciarlatano qualsiasi come Beppe Grillo, né dai suoi accoliti.
Ancora una volta, perciò, Grillo ha parlato con il palese scopo di prendere per i fondelli e truffare quei “grullini” che ancora lo stanno ad ascoltare.
Concludo prendendo spunto da queste parole del ciarlatano, “il debito, se siamo una comunità, ce lo spalmiamo”, per dare un suggerimento ai “grullini”: se avete debiti, pochi o tanti che siano, non abbiate scrupoli a “spalmarli” con il plurimilionario guitto genovese, anche il M5S infatti è una “comunità” !!!

sabato 26 aprile 2014

Matteo, il topolino in trappola

Se avessi ancora nipotini in età da apprezzare le favole, oggi saprei cosa raccontare loro.
C’era una volta un …? Assolutamente no !
Il racconto lo inizierei più semplicemente con queste parole: nelle nostre contrade si aggira un topolino tanto presuntuoso quanto grullo.
Eppure, papà topo si era preoccupato di farlo studiare, mentre mamma topo aveva dedicato anni alla sua educazione, facendo in modo che frequentasse la Chiesa, l’oratorio, i bivacchi dei mice scout.
Quel topolino, però, crescendo si era montato la testa convinto, giorno dopo giorno, di essere un grande leader perché i suoi amici apprezzavano e si divertivano alle facezie che lui squittiva con scilinguagnolo toscano.
Gli anni passano ed il nostro topolino, spinto da una ambizione senza uguali, si annoia ad essere un semplice leader di provincia ed a trascorrere le sue giornate in un Palazzo Vecchio.
Il suo sogno era di andarsene da quel Palazzo Vecchio, diventare un principe, anzi il principe assoluto per entrare nelle potenti e damascate stanze dei bottoni da cui signoreggiare su tutto il Paese.
Un sogno grandioso ed affascinante ma, proprio per questo, impossibile da realizzare senza l’aiuto spregiudicato di qualche vecchio marpione.
Pensa che ti ripensa il topolino si ricorda di aver sentito tanto parlare di un vecchio gatto spelacchiato, oramai ghettizzato dopo una vita dissoluta e manigolda, ma con una esperienza impareggiabile in espedienti, imbrogli, raggiri e tranelli per conseguire qualsiasi obiettivo.
Fu così che il topolino ambizioso, ma sempre più grullo, decise di bussare alla porta del gatto spelacchiato per implorare da lui qualche consiglio su come realizzare il suo sogno.
Anche se vecchio ed emarginato, quel gatto lestofante non aveva smarrita però la perfida prontezza nel comprendere che quel topolino, così sempliciotto ed incauto, avrebbe potuto tornargli molto utile.
Il topolino, invece, felice ed esaltato per aver acquisita l’attenzione di un così esperto e smaliziato furbacchione, non si rese conto, tra una tazza di tè ed un pasticcino, di infilarsi in una trappola perversa.
Fatto sta che, tra salamelecchi, squilli di tromba e sbandierate, il gatto promise al topolino non solo di agevolargli l’accesso alle dorate stanze dei bottoni, ma anche di sostenerlo ed agevolarlo in quella nuova esperienza.
In cambio, il topolino avrebbe dovuto tirar fuori il gatto dalla fastidiosa ghettizzazione, in cui si era cacciato lui stesso con i suoi misfatti, ed introdurlo al gran ballo a corte, in pompa magna, mascherato da riformatore e padre della patria.
Detto fatto !
Il topolino, con imbrogli e raggiri, si è infilato nelle auree stanze dei bottoni, ma …
Già c’è sempre un ma a rompere l’incanto.
Infatti, il gatto marpione, una volta uscito dal ghetto e dopo aver avuto accesso al gran ballo a corte, ha dimenticato di punto in bianco l’impegno con il topolino di sostenerlo e assecondarlo nella nuova esperienza.
Non solo ma, da navigato imbroglione, si è messo a fare di tutto e di più per sconfessare i patti e fare la festa al topolino.
Morale della favola: non ti fidare di chi, pensando al proprio tornaconto, si professa tuo alleato. Prima o poi ti volterà le spalle.

giovedì 24 aprile 2014

Ossessioni da sindacalista

Non è da oggi che l’economia italiana appare come una autovettura costretta a procedere con il freno a mano tirato.
A tirare il freno a mano sono le arcaiche fisime del sindacalismo nostrano, interessato più ad ampliare e tutelare i diritti di chi un posto di lavoro ce l’ha, piuttosto che a preoccuparsi per chi il posto di lavoro l’ha perso o non l’ha mai avuto.
L’atteggiamento dei sindacati, ed in particolare della CGIL, influenza i comportamenti anche di numerosi politici della sinistra, rendendoli miopi di fronte ai disagi reali di disoccupati, precari e cassintegrati.
Questo ottuso modo di affrontare le problematiche del mondo del lavoro, si è riproposto, ancora una volta, in questi giorni.
Prendiamo il decreto sul lavoro il cui testo originale, licenziato dal governo, prevedeva, ad esempio, che un datore di lavoro potesse prolungare fino a tre anni un contratto a tempo determinato, ricorrendo ad 8 opzioni di rinnovo.
A seguito dei capricci della CGIL, che in ogni contratto di lavoro non a tempo indeterminato scorge il mostro della precarietà, gli esponenti della sinistra del PD si sono dati da fare, in Commissione Lavoro, per ridurre le opzioni da 8 a 5.
Se avessero provato a mettersi nei panni di un disoccupato, che da anni si sbatte in cerca della dignità di un lavoro, si sarebbero resi conto di quanto stupida sia la modifica introdotta al decreto.
Infatti, se il disoccupato non è uno scansafatiche ed è alla ricerca di una occupazione per lavorare con serietà, gli interesserebbe poco o nulla se il possibile datore di lavoro gli rinnovasse per 5 o per 8 volte il contratto.
Anzi, per quel disoccupato sarà molto più importante, con le sue capacità ed il suo impegno, convincere il datore di lavoro a rinnovargli il contratto per tutti i tre anni e, magari, a prolungarlo anche oltre.
Già, ma agli ottusi, trincerati a difendere uno Statuto dei lavoratori fuori dal tempo, poco importa che ad un disoccupato sia offerta l’opportunità di un lavoro che, oltre ad un corrispettivo economico, gli dia anche la dignità di protagonista del mondo produttivo.
Sono così ottenebrati dalla conservazione del passato che non si sono ancora resi conto  che il mondo, intorno a loro, è cambiato.
Così, quando in occasione delle recenti festività di Pasqua, Pasquetta, 25 Aprile e 1° Maggio, molte imprese commerciali hanno deciso di tenere aperti i loro punti vendita, per offrire un servizio oltre che a milioni di cittadini, rimasti in città, anche a milioni di turisti, Susanna Camusso si è indignata.
A parte il fatto che la maggior parte dei lavoratori aveva manifestata la propria disponibilità ad essere presente, cogliendo anche il beneficio delle maggiorazioni per il lavoro festivo, il sindacato ha persa un’altra occasione per cavalcare la situazione.
Perché, ad esempio, invece di sbraitare, la signora Camusso non ha avanzata alla Confcommercio la proposta di integrare gli organici dei punti vendita, nei giorni festivi, con giovani disoccupati da impiegare nelle attività di più facile apprendimento ?
È pur vero che avrebbero lavorato solo pochi giorni ma, oltre a guadagnare qualche euro, avrebbero avuta l’opportunità di un primo accostamento al mondo del lavoro e, forse, di mettere in evidenza le loro capacità.
Ma che orrore !!! Un’altra modalità di precariato !!!
P.S. – Per correttezza devo confessare che l’idea mi è stata suggerita da alcuni giovani in cerca di un lavoro anche occasionale. Già, perché il sindacato non lo sa, ma molti giovani volenterosi, piuttosto di bighellonare, si accontenterebbero anche di lavori occasionali.

martedì 22 aprile 2014

Qualche perplessità su Matteo Renzi

Nonostante tutta la buona volontà non riesco proprio ad aggregarmi all’onda di quanti, da settimane, largheggiano in approvazioni e plausi per Matteo Renzi ed il suo operato.
Eppure non sono mai stato prevenuto nei confronti di Renzi.
Tuttavia non posso fare a meno di accostarlo a certi annunci di auto usate che, per attirare i clienti, ricorrono a descrizioni formidabili del tipo: “vettura in condizioni impeccabili di motore e carrozzeria, pari al nuovo, unico proprietario, chilometri certificati e tagliandati presso concessionaria ufficiale, full optional, occasione unica ad un prezzo incredibile”.
Se però qualcuno, incuriosito, decidesse di prendere visione della favolosa proposta, quasi certamente sarebbe accolto da un venditore che, con fare dispiaciuto, lo informerebbe che proprio quella vettura, purtroppo, era già stata venduta il giorno prima, ma approfitterebbe, ovvio, per magnificargli decine di altri catorci disponibili.
Ecco, appunto, la sensazione è che anche Renzi ricorra ad annunci esageratamente accattivanti che poi, alla prova dei fatti, dimostrino di non avere le favolose valenze proclamate.
Ad esempio, pomposo ma confuso e subdolo, l’annuncio della eliminazione delle Province si è rivelato una panzana perché, di fatto, si è trattato solo del mancato rinnovo dei consigli provinciali in scadenza, mentre la cancellazione effettiva  delle Province potrà avvenire se e quando il Parlamento approvasse la riforma del Titolo V della Costituzione.
Altrettanto è avvenuto nel caso dei tanto declamati 80 euro in più nelle buste paga mensili di coloro che percepiscono uno stipendio lordo annuo fino a 28.000 euro.
In realtà si è scoperto che godranno effettivamente del bonus di 80 euro solo una parte degli aventi diritto, mentre per tutti gli altri il bonus sarà inferiore agli 80 euro. 
Anche se quelle di Renzi ricordano tanto le fanfaronate ascoltate nei mercatini di paese e di cui Berlusconi aveva già fatto largo uso,  a lasciarmi perplesso c’è altro.
Ad esempio, mi preoccupa la costante ambiguità di Renzi.
Quella ambiguità che lo ha portato a tranquillizzare Enrico Letta, con decine di #stai sereno”, fino a poche ore prima di scalzarlo in malo modo da Palazzo Chigi.
Inoltre, più che ambiguo ed oscuro è il rapporto che ha instaurato con un pregiudicato, Silvio Berlusconi.
Renzi, infatti, non solo è riuscito a riscattare Berlusconi dalla emarginazione politica, ma gli permette di dettare molte delle scelte che poi finiscono per condizionare la sua azione sia di capo del governo che di segretario del PD.
Qualche esempio ?
Berlusconi, pur standosene all’opposizione, ha ottenuto che Renzi facesse suo, a scatola chiusa, quell’obbrobrio di legge elettorale, oppure che nominasse ministro del governo Federica Guidi, di provata fede berlusconiana, ed anche che designasse alle Poste, come presidente, Luisa Todini, già europarlamentare di Forza Italia, oppure che riducesse le pene previste per il voto di scambio mafioso, per non dimenticare il depennamento dal DEF, all’ultimo momento dopo una cena con Berlusconi, dell’impegno ad “affrontare definitivamente il problema dei tempi di prescrizione.
L’impressione è che, di fatto, l’azione di governo sia pilotata a quattro mani, per la influenza che esercita su Renzi il leader di Forza Italia, che è all’opposizione.
Un rapporto, quello con Berlusconi, così pregnante e sospetto se riesce a condizionare Renzi anche da segretario nella gestione del PD, al punto da indurlo a rifiutare e calpestare ogni confronto interno pur di non contrariare i desiderata dell’ex cavaliere.
Così è stato, tra l’altro, per la legge elettorale, imposta alla direzione PD senza concedere margini alla discussione, come per il progetto di riforma del Senato.
Infine, se a queste perplessità aggiungo l’inquietudine per il suo abborracciato menù, cucinato con superficialità, indeterminatezza, vaghezza, approssimazione, non vedo un solo motivo per lasciarmi trascinare dall’onda di ammirazione ed approvazione per l’operato di Matteo Renzi.

venerdì 18 aprile 2014

Anche Brunetta nel suo piccolo si incazza

Confido che Marcello Marchesi mi perdoni, dall’aldilà, se ardisco mutuare il suo aforisma “anche le formiche nel loro piccolo si incazzano” parafrasandolo in “anche Brunetta nel suo piccolo si incazza”.
Il fatto è che non passa giorno che Renato Brunetta non manifesti tutta la sua rabbia dando sfogo a nevrotiche scorribande verso qualche personaggio politico.
Oddio, in verità Brunetta non è mai stato un gentleman né con le parole né con i comportamenti.
A Cortina d’Ampezzo, ad esempio, nel 2009 quando era ministro della Pubblica amministrazione ed innovazione, dal palco di un convegno dell’allora Popolo della Libertà, Brunetta ululò alla sinistra, agitando i braccini e con gli occhi di fuori, “vada a morire ammazzata”.
Né fu più civile con il segretario della CISL di Brescia al quale, dopo un botta e risposta, disse “vaffanculo tu e il sindacato”.
Fame di protagonismo ? Ansia da complessato ? Incapacità a reggere il confronto democratico ? Spocchiosa arroganza ? Stress da ambizioni represse ?
Forse un cocktail di tutto questo.
Di certo l’essere ruzzolato giù dal seggio ministeriale, dopo la fuga di Berlusconi da Palazzo Chigi nel 2011, e il rendersi conto, ogni giorno, di essere considerato meno del due di briscola, hanno esacerbate le performance isteriche di Brunetta.
Ce l’ha, ad esempio, con Giorgio Napolitano reo, secondo lui, di avergli impedito di diventare ministro della Giustizia del IV Governo Berlusconi, e così, in questi giorni ha deciso di prenderlo di mira mettendo in dubbio la veridicità dell’emolumento e dei vitalizi che percepirebbe come Capo dello Stato.
Pronta e circostanziata la risposta del Quirinale che ha sconfessate le strampalate ipotesi pubblicate da Brunetta sul suo giornalucolo “Il Mattinale”.
Sempre in questi giorni, con i consueti modi incivili ed irriguardosi, ha aggredita la Presidente della Camera, Laura Boldrini, inducendola di fatto ad abbandonare la “capigruppo” della Camera, riunita per definire il calendario per l’esame del “Documento di economia e finanza”.
E che dire delle continue e deliranti offensive contro Matteo Renzi ed il suo governo ?
Il crescente nervosismo che induce Brunetta ad esasperare parole e modi, non è certamente casuale.
A scrivere il copione, della serie “anche Brunetta nel suo piccolo si incazza”, sono le notizie sul disfacimento inesorabile di Forza Italia, nonostante il premuroso omaggio che il Tribunale di Sorveglianza ha voluto fare a Berlusconi concedendogli una sciocchezzuola di servizi sociali.  
In effetti, Brunetta è stressato dal pensiero che Forza Italia, rilevata in caduta libera dai sondaggisti e superata da M5S, seconda formazione politica dopo il PD, sia lacerata da beghe interne che neppure un despota come Berlusconi riesce a tenere a freno.
Brunetta ha perso il lume della ragione nell’apprendere che l’ideatore e fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, sia stato raggiunto da un mandato di cattura internazionale, e sia ora piantonato a Beirut, nell’ospedale Al Hayat, in attesa di estradizione.
Brunetta è rimasto traumatizzato quando Paolo Bonaiuti, da sempre fedele portavoce di Berlusconi, ha presi armi e bagagli ed ha abbandonato l’ex cavaliere al suo destino.
Insomma, Brunetta sta soffrendo di un travaso di bile nel sentire franare, sotto i suoi piedi, ogni speranza di continuare a strepitare ai quattro venti “lei non sa chi sono io”, e reagisce come è capace, dando fuori di matto.
Anche per lui, quindi, “ha da passà ‘a nuttata”, ed al risveglio scoprirà, con amarezza, di essere ancora e solo il piccolo uomo che era prima di spendersi al servizio di Berlusconi.

domenica 13 aprile 2014

“Dura lex sed lex” … ma per chi ?

Sarà ancora più difficile, da oggi, poter rendere comprensibile, ad alcuni amici stranieri, come cavolo funzioni la giustizia in Italia.
Ci avevo già provato, alcuni mesi fa, quando su alcuni quotidiani europei era stata pubblicata la notizia della signora anziana di 80 anni, con il minimo di pensione, sorpresa a nascondere nella sua borsa, dal vigilante di un supermercato genovese, una bottiglia di latte, una confezione di carne ed un pacchetto di biscotti, non dichiarati nel momento di transitare alla cassa.
Valore dei prodotti “rubati”: meno di 20 euro.
Chiamati dal direttore del supermercato i carabinieri, verbalizzata la denunzia, portavano in caserma la povera pensionata, in stato di fermo.
Accusata di “furto aggravato”, anche se commesso in evidente stato di necessità, il giudice ha ritenuto giusto condannare l’ottantenne pensionata a due mesi e 20 giorni di reclusione.
Tentai, allora, di spiegare ai miei amici, con scarso successo, che il principio “dura lex sed lex” deve valere per ogni cittadino, a prescindere dall’età, dallo stato sociale, dalla condizione economica.
Oggi, però, sarei fortemente in imbarazzo a ripetere loro lo stesso discorsetto se, aggiornati sui fatti di casa nostra dai quotidiani di mezza Europa, mi chiedessero di nuovo: “ma come cavolo funziona la giustizia in Italia ?”.
In effetti, per qualsiasi individuo razionale e di buon senso, credo sia incomprensibile la balzana amministrazione della giustizia alla quale stiamo assistendo in questi giorni.
Il sostituto procuratore generale, Antonio Lamanna, ha espresso parere favorevole, al Tribunale di Sorveglianza di Milano, perché il pregiudicato Silvio Berlusconi possa espiare, affidato ai servizi sociali, i dieci mesi non “indultati” della condanna definitiva a quattro anni, comminatagli per frode fiscale.
È il finale grottesco del processo che, dopo tre gradi di giudizio, si è concluso con sentenza definitiva il 1° agosto 2013.
E’ semplicemente ridicolo, infatti, non solo che Berlusconi abbia vissuto da libero cittadino i nove mesi già trascorsi dal giorno della sentenza di Cassazione, ma che nei prossimi dieci mesi sconterà una “pena” severissima, quella di dedicare quattro ore del suo tempo, ogni settimana, ad una “casa di cura per anziani e disabili”.
In pratica, per Berlusconi, l’anno di condanna non “indultato” si tradurrà di fatto in 160 ore, vale a dire un totale di 6 giorni, da trascorrere presso una “casa di cura per anziani e disabili”.
Chissà cosa ne penserà la pensionata genovese condannata a due mesi e 20 giorni di detenzione, per un “furtarello” di 20 euro !

giovedì 10 aprile 2014

Barbarie del grillismo

Sarebbe stato di pessimo gusto, oltre che incivile e volgare, lasciarsi andare ad un facile e stupido sarcasmo sulla notizia dell’intervento d’urgenza, eseguito presso il Policlinico di Milano, per rimuovere un edema dal cervello del guru del M5S, Gianroberto Casaleggio.
Anche se sono convinto che Beppe Grillo, qualora la situazione avesse interessata una delle migliaia di persone che ha nel mirino, di sicuro non avrebbe persa l’occasione per confermare la sua barbarie e villania.
Ancora più avvilente, però, è constatare che la inciviltà e la volgarità di Beppe Grillo hanno fatto scuola presso i suoi seguaci che non perdono occasione per ricalcarne le orme.
È sorprendente come, a volte, sia il caso a fornire, con il suo tempismo, le prove del degrado in cui sprofonda il grillismo.  
Poche ore prima che Casaleggio fosse ricoverato d’urgenza in ospedale, alcuni esponenti pugliesi del M5S su un social network davano addosso all’assessore regionale alle Politiche Giovanili, Guglielmo Minervini, accusandolo di assenteismo.
Sotto la foto dell’assessore i grillini insinuavano: “manca una volta su cinque e prende il cento per cento dello stipendio”.
Potrebbe sembrare uno dei consueti attacchi che caratterizzano lo scontro politico se non fosse che, ancora una volta, ad eccellere siano state la superficialità e la faciloneria con cui Beppe Grillo ed i suoi proseliti sono soliti infangare gli avversari politici vomitando le loro infamie.
Sarebbe stato sufficiente, infatti, che, prima di espellere il loro veleno, i grillini leccesi avessero raccolte alcune informazioni di pubblico dominio, per evitarsi l’ennesima figuraccia di rozzi petulanti.
Infatti, l’assessore regionale Guglielmo Minervini è costretto, da tempo, a sottoporsi a sedute di chemio per combattere il male che lo affligge.
Questo il motivo che impedisce all’assessore di essere sempre presente alle riunioni del Consiglio regionale.
Ovviamente a Minervini non sono arrivate le pubbliche scuse da parte di questi nuovi barbari, autori di quell’aggressione idiota.
Per questo resto dell’idea che, se ad essere operata al cervello fosse stata una persona invisa al grillismo, il comico genovese ed i suoi seguaci ci avrebbero sguazzato con incivile consuetudine.

martedì 8 aprile 2014

“Patto del Nazareno” tra i falchi e le sparviere

Nato, cresciuto e vissuto sempre in città, immaginavo che la frase “è peggio dell'erba gramigna” fosse solo un modo di dire popolare che non avesse alcuna attinenza con la realtà.
Poi, un giorno, un giardiniere mi mostrò la gramigna, una erbaccia strisciante e ramificata che, se non estirpata, muovendosi bassa sul terreno può infestare coltivazioni e giardini.
Fu allora che compresi non solo il senso del modo di dire popolare, ma, per similitudine, pensai che, in realtà, l’erba gramigna vanta molti emulatori tra gli esseri umani.
Non so come mai, ma subito mi venne in mente Renato Brunetta.
Infatti, animato da un istinto demolitore Brunetta imperversa sulla scena politica, proprio come la gramigna fa nei prati.
È continuamente ostile a tutti ed a tutto.
Soffre, ad esempio, di un complesso di inferiorità nei confronti del genere femminile, come ha dimostrato, anche di recente, osteggiando con sberleffi le stesse sue colleghe di partito impegnate, nel dibattito parlamentare, per far accogliere nella legge elettorale il principio della “parità di genere”.
Oggi, poi, dileggia Maria Elena Boschi, Ministro delle riforme ed i rapporti con il Parlamento, colpevole solo di voler far approvare, nei tempi previsti, una riforma del Senato.
Anche se, ad onor del vero, la riforma proposta è oggettivamente mostruosa ed improponibile, ricorrere al dileggio personale rimane un modo di fare riprovevole.
La realtà è che Brunetta, caricato a molla come quei fantocci che gli ambulanti esibiscono qua e là nei mercatini rionali, si esprime solo attraverso conati velenosi contro chiunque non la pensi come lui, ma soprattutto non sia osservante dei voleri del suo padrone, Silvio Berlusconi.
Annoverato tra i falchi di Forza Italia (nel suo caso sarebbe più appropriata la definizione di falchetto) Brunetta non lesina critiche, in queste ore, neppure a Denis Verdini nei confronti del quale, per di più, nutre una morbosa invidia per l’illimitato accesso che gli è consentito al soglio berlusconiano.
Il falchetto rimprovera a Verdini i tentativi per mantenere in vita il “patto del Nazareno”, concluso in quel cruciale 18 gennaio tra Berlusconi e Renzi.
Svolazzando in testa ad un nutrito stormo di falchi e sparviere, Brunetta vive il “patto del Nazareno” come un “abbraccio mortale” dal quale, a suo dire, a trarne vantaggio sarebbe solo Matteo Renzi.
Il falchetto non ha ancora capito che non si tratta di un “abbraccio mortale”, bensì di un “abbraccio di salvataggio” fortemente voluto da Berlusconi per uscire dalla ghettizzazione politica in cui si era cacciato anche per le sue vicende giudiziarie
Il fatto è che la inagibilità politica di Berlusconi, che dovrebbe essere sancita nei prossimi giorni dal Magistrato di sorveglianza, l’approssimarsi delle elezioni europee, i presagi dei sondaggisti, aumentano, con il passare delle ore, la irrequietezza del falchetto che ha paura di capitombolare definitivamente nell’oblio politico.
Sarebbe la sua rovina personale.
Infatti, non lo attornierebbero più nugoli di compiacenti cronisti, sempre pronti a raccogliere le sue convulsioni verbali.
I commessi di Montecitorio potrebbero non scattare più sull’attenti al suo passaggio.
Perderebbe l’autorità per comandare a bacchetta i componenti del gruppo parlamentare di Forza Italia di cui, come ha bisogno di riaffermare ad ogni piè sospinto, lui è il presidente.
Le sue sfuriate contro il Presidente del Consiglio, la Presidente della Camera, il Capo dello Stato, la Magistratura, la Consulta, e via dicendo, rischierebbero di essere subissate da una valanga di pernacchie.
Insomma, una sciagura che lo ridimensionerebbe … perfino sul piano politico.
Ecco perché il falchetto combatte la sua personale battaglia per far saltare in aria il “patto del Nazareno” a dispetto degli sforzi di Verdini per tenerlo in vita.
Il falchetto, meschinello, non ha ancora capito che solo grazie al “patto del Nazareno” anche a lui sarebbe concesso di apparire tra coloro che partecipano a riformare il nostro Paese.
Eppure, ho sempre sentito dire che i falchi abbiano una vista straordinaria ! 

sabato 5 aprile 2014

La fregola isterica di Matteo Renzi

C’è un antico adagio popolare sul quale dovrebbe riflettere Matteo Renzi: “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”.
Posseduto, infatti, da una fregola isterica più che riformista, il nostro Presidente del Consiglio sembra interessato piuttosto a conquistare un primato cronometrico che non a rimuovere seriamente le afflizioni del sistema politico ed istituzionale.
Lo si era già intuito quando, nel presentare il suo improbabile crono programma, si illudeva di poter realizzare una riforma al mese, sottovalutando la complessità dei problemi da affrontare.
Lo si è compreso, poi molto bene, quando ha scommesso su proposte riformiste qualificabili, con eufemismo, tra il nefasto ed il ridicolo.
È fin troppo chiaro che si comporti, in modo così superficiale ed avventuroso, perché vorrebbe vincere, tra sette settimane, le elezioni europee, ma commetterebbe un errore fatale se pensasse di scopiazzare il suo sodale Berlusconi nel turlupinare gli italiani.
Rischierebbe di pagarla molto cara.
Ha fatto approvare in prima lettura, dalla Camera, una oscena legge elettorale, ricattando i suoi stessi compagni del PD e negando ai parlamentari un confronto democratico per apportare possibili miglioramenti e modifiche.
Tutto ciò perché doveva onorare la cambiale che aveva firmata, al Nazareno, al vero estensore di quella scandalosa legge, Berlusconi.
Sempre con l’arma del ripetuto ricatto, “o si fa così o andiamo tutti a casa”, ha ottenuta l’approvazione, dalla Camera, del DL Delrio che non abolisce le Province, come Renzi continua a strombazzare in ogni occasione, ma semplicemente le congela.
Infatti, continueranno ad essere di competenza delle Province la pianificazione del territorio, dei trasporti, dell’ambiente, della rete scolastica, oltre alla gestione della edilizia scolastica ed al controllo dei fenomeni di discriminazione in ambito occupazionale e promozionale.
L’unica novità è che il Presidente della provincia ed il consiglio provinciale, in futuro, non saranno più eletti dai cittadini ma dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della Provincia.
Quindi Matteo Renzi racconta una panzana quando favoleggia che sono state eliminate le Province.
Si intuisce, però, che Renzi ricorrerà ancora all’arma del solito ricatto anche per la riforma del Senato.
Una riforma cervellotica e senza capo né coda.
I sondaggisti rilevano che la cancellazione del bicameralismo perfetto sia auspicata dall’80% dei cittadini italiani, ma sarebbe una follia farsi forte di questo dato per inventare un nuovo ed assurdo Senato.
Un Senato, cioè, quello che vorrebbe Renzi, del quale dovrebbero entrare a far parte a titolo gratuito, vale a dire senza indennità aggiuntive, 127 amministratori locali, regionali e comunali, e 21 senatori eletti dal Capo dello Stato per “altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”.
Mi domando, ma se gli amministratori locali svolgessero con serietà ed a tempo pieno il mandato affidato loro dai cittadini, come potrebbero trovare anche il tempo per partecipare alle sedute di questo improbabile “Senato delle Autonomie” ?
Non solo, ma Matteo Renzi si è reso conto che più che di un “Senato delle Autonomie” si dovrebbe parlare di un “Porto di mare senatoriale”, nel quale approderebbero e dal quale salperebbero amministratori costretti ad avvicendarsi, a livello locale, per alternanze delle giunte, rimpasti, inchieste giudiziarie, processi ?
Stai a vedere che è proprio vero che “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi” !

giovedì 3 aprile 2014

Dudù, lo stratega politico di Berlusconi

Da quando nell’entourage berlusconiano sono entrati il barboncino Dudù e la sua padrona, Francesca Pascale, che hanno assunto il controllo delle strategie politiche e degli accessi a corte, molte cose sono cambiate, ed i primi ad accorgersene sono stati proprio gli assidui frequentatori del signore di Arcore.
È bastato che Dudù sussurrasse alle orecchie di Berlusconi che, nel nostro Paese, vivono circa dieci milioni di persone che hanno in casa un animale domestico, per scatenare la vocazione del padre padrone di Forza Italia ad elaborare panzane .
I primi segnali, della nuova buggeratura dedicata ai soliti allocchi, sono arrivati dal “Club Forza Silvio” di Roma che, dopo aver offerti sconti sulle cure veterinarie per cani e gatti di provata fede berlusconiana, ha proseguito proponendo, ai loro padroni, protesi dentarie a metà prezzo.
E siamo solo all’inizio !
C’è da aspettarsi, infatti, che, nella incombente campagna per le Elezioni Europee, Berlusconi sarà capace di rimpiazzare il vecchio motivetto della riduzione delle tasse con una nuova panzana, la distribuzione gratuita ed illimitata, a cani e gatti, di crocchette e prelibati bocconcini.
Anche la frottola del poliziotto di quartiere potrebbe essere sostituita dalla promessa di realizzare, in tutti i sobborghi, meravigliosi parchi in cui ogni cane potrà dare sfogo liberamente ai suoi bisogni fisiologici.
Nel tentativo di far dimenticare la millantata ricostruzione dei comuni aquilani terremotati, Berlusconi assicurerà, ad ogni cane e gatto, una faraonica cuccia in cui rilassarsi dopo le sfrenate corse nei parchi loro riservati.
Invece della balla del milione e mezzo di nuovi posti di lavoro, Berlusconi potrà garantire, a cani e gatti, l’assistenza gratuita a domicilio, 24h su 24h, da parte di veterinari membri dei “Club Forza Silvio”.        
E perché non tentare di far dimenticare il mirabolante ponte sullo stretto di Messina, con la promessa di costruire, in amene località, villaggi resort a cinque stelle, in cui cani e gatti potranno rilassarsi a sbafo mentre i loro padroni saranno in vacanza ?
Dopo aver illusi i pensionati più sventurati con la promessa di portare le loro pensioni a mille euro, questa volta si impegnerà a regalare loro i cani randagi rinchiusi in quei lager che sono i canili municipali.  
Infine, per farsi perdonare la bufala della restituzione dell’IMU 2012, potrebbe perfino impegnarsi a costruire confortevoli garçonnière riservate a cani e gatti per gioiosi accoppiamenti.
Così, dopo la buffonata del “contratto con gli italiani”, sottoscritto nel 2001, Berlusconi, di fatto, si appresta a sottoscrivere il “contratto con cani e gatti” sotto lo sguardo vigile e compiaciuto di Dudù.
Ohibò ! Ma per identificare chi siano veramente gli elettori di Forza Italia era proprio necessario aspettare questo nuovo contratto ?

martedì 1 aprile 2014

Matteo Renzi recita a copione

Con il trascorrere dei giorni appare sempre più verosimile che la chiave di lettura, per comprendere Matteo Renzi e la sua avventatezza, sia da ricercare in ciò che accadde il “giorno del baratto”, cioè quel sabato, 18 gennaio 2014, in cui Berlusconi fece visita a Renzi nella sede del PD al Nazareno.
In quei giorni, a Palazzo Chigi c’era ancora Enrico Letta, inviso a Berlusconi per non averne impedita la espulsione dal Senato e, al tempo stesso, considerato da Renzi l’impedimento alla sua ambizione di diventare premier.
Per questo, dopo che Verdini aveva ottenute le garanzie da Renzi che avrebbe accettate le condizioni poste da Berlusconi, i due arrivarono all’incontro con un obiettivo comune, chiaro e definito, quello di mandare a casa Letta ed il suo governo.
Messo in mezzo dal gatto (Berlusconi) e dalla volpe (Verdini) Renzi in quelle ore esultava, gioioso come un bambino, all’idea di potersi trastullare con il giocattolo dei suoi sogni, la poltrona di Palazzo Chigi.
Così, da quel 18 gennaio 2014, Renzi non fa che recitare, battuta dopo battuta, il copione scritto a due mani da Berlusconi e Verdini.
Si tratta, però, di un copione blindato anche nelle virgole, che Renzi non ha licenza di modificare senza il consenso dei due coautori.
Così è stato per la legge elettorale, l’Italicum, un obbrobrio concepito e scritto nella villa di Arcore, rifilato nelle mani di Renzi perché lo facesse approvare nel suo testo integrale, assumendosi anche l’onere di mortificare non solo il dibattito democratico ma i valori stessi di una democrazia parlamentare.
Un metodo di certo autoritario che, agli occhi di tutti, vede come unico responsabile quel grullo di Renzi che, oltretutto, deve fronteggiare anche i mal di pancia dei suoi stessi compagni di partito.
Dopo aver subita la legge elettorale, Renzi ha dovuto cedere anche alla pretesa che al dicastero dello sviluppo economico, con delega alle telecomunicazioni, fosse nominato un ministro di provata fede berlusconiana, Federica Guidi, così da mettere al riparo Mediaset da eventuali iniziative di riforma delle frequenze televisive.
Di certo non è stata una scelta casuale se Berlusconi, nel compiacersi per la nomina di Federica Guidi, abbia commentato: “anche se Forza Italia è all’opposizione abbiamo un nostro ministro nel governo”.
Ed ecco arrivare la riforma del Senato che, tra mille imbarazzi, dovrebbe trasformarsi in Senato della Autonomie, ponendo la parola fine al bicameralismo perfetto.
Indiscrezioni dicono, però, che tra le pieghe di questa riforma sarà infilata anche la proposta per rafforzare i poteri del Presidente del Consiglio, da sempre un cavallo di battaglia di Berlusconi.
Cos’altro è scritto nel copione che Renzi sta recitando ?
Con un po’ di pazienza lo scopriremo nelle prossime settimane, anche perché in queste ore Berlusconi insiste per un nuovo incontro con Renzi.
Non ancora soddisfatto, infatti, per essere stato risuscitato dalla ibernazione politica in cui lo avevano confinato le sue vicende giudiziarie, non ancora appagato per potersi spacciare, grazie a Renzi, come padre delle riforme, Berlusconi pretende ancora visibilità prima di finire agli arresti domiciliari od ai servizi sociali.
È inquietante, però, che Berlusconi, leader di una delle forze di opposizione, dia prova di una inconcepibile sfrontatezza invitando, lui, ad un nuovo incontro il Presidente del Consiglio che già gli ha concesso fino ad oggi più spazio di quanto fosse tollerabile.