martedì 1 aprile 2014

Matteo Renzi recita a copione

Con il trascorrere dei giorni appare sempre più verosimile che la chiave di lettura, per comprendere Matteo Renzi e la sua avventatezza, sia da ricercare in ciò che accadde il “giorno del baratto”, cioè quel sabato, 18 gennaio 2014, in cui Berlusconi fece visita a Renzi nella sede del PD al Nazareno.
In quei giorni, a Palazzo Chigi c’era ancora Enrico Letta, inviso a Berlusconi per non averne impedita la espulsione dal Senato e, al tempo stesso, considerato da Renzi l’impedimento alla sua ambizione di diventare premier.
Per questo, dopo che Verdini aveva ottenute le garanzie da Renzi che avrebbe accettate le condizioni poste da Berlusconi, i due arrivarono all’incontro con un obiettivo comune, chiaro e definito, quello di mandare a casa Letta ed il suo governo.
Messo in mezzo dal gatto (Berlusconi) e dalla volpe (Verdini) Renzi in quelle ore esultava, gioioso come un bambino, all’idea di potersi trastullare con il giocattolo dei suoi sogni, la poltrona di Palazzo Chigi.
Così, da quel 18 gennaio 2014, Renzi non fa che recitare, battuta dopo battuta, il copione scritto a due mani da Berlusconi e Verdini.
Si tratta, però, di un copione blindato anche nelle virgole, che Renzi non ha licenza di modificare senza il consenso dei due coautori.
Così è stato per la legge elettorale, l’Italicum, un obbrobrio concepito e scritto nella villa di Arcore, rifilato nelle mani di Renzi perché lo facesse approvare nel suo testo integrale, assumendosi anche l’onere di mortificare non solo il dibattito democratico ma i valori stessi di una democrazia parlamentare.
Un metodo di certo autoritario che, agli occhi di tutti, vede come unico responsabile quel grullo di Renzi che, oltretutto, deve fronteggiare anche i mal di pancia dei suoi stessi compagni di partito.
Dopo aver subita la legge elettorale, Renzi ha dovuto cedere anche alla pretesa che al dicastero dello sviluppo economico, con delega alle telecomunicazioni, fosse nominato un ministro di provata fede berlusconiana, Federica Guidi, così da mettere al riparo Mediaset da eventuali iniziative di riforma delle frequenze televisive.
Di certo non è stata una scelta casuale se Berlusconi, nel compiacersi per la nomina di Federica Guidi, abbia commentato: “anche se Forza Italia è all’opposizione abbiamo un nostro ministro nel governo”.
Ed ecco arrivare la riforma del Senato che, tra mille imbarazzi, dovrebbe trasformarsi in Senato della Autonomie, ponendo la parola fine al bicameralismo perfetto.
Indiscrezioni dicono, però, che tra le pieghe di questa riforma sarà infilata anche la proposta per rafforzare i poteri del Presidente del Consiglio, da sempre un cavallo di battaglia di Berlusconi.
Cos’altro è scritto nel copione che Renzi sta recitando ?
Con un po’ di pazienza lo scopriremo nelle prossime settimane, anche perché in queste ore Berlusconi insiste per un nuovo incontro con Renzi.
Non ancora soddisfatto, infatti, per essere stato risuscitato dalla ibernazione politica in cui lo avevano confinato le sue vicende giudiziarie, non ancora appagato per potersi spacciare, grazie a Renzi, come padre delle riforme, Berlusconi pretende ancora visibilità prima di finire agli arresti domiciliari od ai servizi sociali.
È inquietante, però, che Berlusconi, leader di una delle forze di opposizione, dia prova di una inconcepibile sfrontatezza invitando, lui, ad un nuovo incontro il Presidente del Consiglio che già gli ha concesso fino ad oggi più spazio di quanto fosse tollerabile.

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