Con il trascorrere
dei giorni appare sempre più verosimile che la chiave di lettura, per
comprendere Matteo Renzi e la sua avventatezza, sia da ricercare in ciò che
accadde il “giorno del baratto”, cioè
quel sabato, 18 gennaio 2014, in cui Berlusconi fece visita a Renzi nella sede
del PD al Nazareno.
In quei giorni, a
Palazzo Chigi c’era ancora Enrico Letta, inviso a Berlusconi per non averne
impedita la espulsione dal Senato e, al tempo stesso, considerato da Renzi l’impedimento
alla sua ambizione di diventare premier.
Per questo, dopo che
Verdini aveva ottenute le garanzie da Renzi che avrebbe accettate le condizioni
poste da Berlusconi, i due arrivarono all’incontro con un obiettivo comune,
chiaro e definito, quello di mandare a casa Letta ed il suo governo.
Messo in mezzo dal
gatto (Berlusconi) e dalla volpe (Verdini) Renzi in quelle ore esultava, gioioso
come un bambino, all’idea di potersi trastullare con il giocattolo dei suoi
sogni, la poltrona di Palazzo Chigi.
Così, da quel 18
gennaio 2014, Renzi non fa che recitare, battuta dopo battuta, il copione
scritto a due mani da Berlusconi e Verdini.
Si tratta, però, di un
copione blindato anche nelle virgole, che Renzi non ha licenza di modificare
senza il consenso dei due coautori.
Così è stato per la
legge elettorale, l’Italicum, un obbrobrio concepito e scritto nella villa di
Arcore, rifilato nelle mani di Renzi perché lo facesse approvare nel suo testo integrale,
assumendosi anche l’onere di mortificare non solo il dibattito democratico ma i
valori stessi di una democrazia parlamentare.
Un metodo di certo autoritario
che, agli occhi di tutti, vede come unico responsabile quel grullo di Renzi che,
oltretutto, deve fronteggiare anche i mal di pancia dei suoi stessi compagni di
partito.
Dopo aver subita la
legge elettorale, Renzi ha dovuto cedere anche alla pretesa che al dicastero
dello sviluppo economico, con delega alle telecomunicazioni, fosse nominato un
ministro di provata fede berlusconiana, Federica Guidi, così da mettere al
riparo Mediaset da eventuali iniziative di riforma delle frequenze televisive.
Di certo non è stata
una scelta casuale se Berlusconi, nel compiacersi per la nomina di Federica
Guidi, abbia commentato: “anche se Forza Italia è
all’opposizione abbiamo un nostro ministro nel governo”.
Ed ecco arrivare
la riforma del Senato che, tra mille imbarazzi, dovrebbe trasformarsi in Senato
della Autonomie, ponendo la parola fine al bicameralismo perfetto.
Indiscrezioni
dicono, però, che tra le pieghe di questa riforma sarà infilata anche la
proposta per rafforzare i poteri del Presidente del Consiglio, da sempre un cavallo
di battaglia di Berlusconi.
Cos’altro è
scritto nel copione che Renzi sta recitando ?
Con un po’ di
pazienza lo scopriremo nelle prossime settimane, anche perché in queste ore
Berlusconi insiste per un nuovo incontro con Renzi.
Non ancora soddisfatto,
infatti, per essere stato risuscitato dalla ibernazione politica in cui lo
avevano confinato le sue vicende giudiziarie, non ancora appagato per potersi spacciare,
grazie a Renzi, come padre delle riforme, Berlusconi pretende ancora visibilità
prima di finire agli arresti domiciliari od ai servizi sociali.
È inquietante, però, che Berlusconi, leader di una delle
forze di opposizione, dia prova di una inconcepibile sfrontatezza invitando, lui,
ad un nuovo incontro il Presidente del Consiglio che già gli ha concesso fino
ad oggi più spazio di quanto fosse tollerabile.
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