domenica 26 febbraio 2017

… E nun ce vònno stà !

Non sono ancora noti tutti i dettagli dell’accordo raggiunto tra il Campidoglio e la AS Roma per la costruzione del futuro stadio ma già i media traboccano dei conati di critiche velenose sparate alla cieca.
In modo particolare nell’insensato gioco di tirassegno ai fantasmi primeggiano gli allievi della facoltà di cialtroneria istituita presso la celeberrima Università di Rignano sull’Arno.
Ascoltata, con deferente attenzione, la lectio magistralis che il docente maximus, Matteus de Rentiana familia, ha impartita sul tema “Blaterate, Blaterate, ma spargete solo balle”, i discepoli hanno iniziato, con impegno, a mettere in pratica l’insegnamento ricevuto.
A mettersi particolarmente in luce, nel mettere in pratica la dottrina del sommo maestro, eccelle soprattutto lui, l’onorevole Andrea Romano.
D’altra parte è comprensibile che l’onorevole faccia di tutto per rifarsi una verginità e far dimenticare i suoi trascorsi politici da voltagabbana.
Infatti, dopo essere stato per anni fedelissimo di Massimo D’Alema diventando, dal 2005 al 2009, perfino direttore della fondazione “Italianieuropei” presieduta da D’Alema, nel 2013 decide di fare il suo primo salto della quaglia per farsi eleggere in Parlamento con “Scelta Civica” di Mario Monti.
Anche il suo slancio civico, però, dura poco e così nell’ottobre 2014, acceso da improvviso amore per Renzi, trasmigra nelle file del PD, il che gli consente di diventare condirettore di “L’Unità”, l’organo del partito.
Puntellato da questo esuberante curriculum politico che ti fa l’onorevole Romano ?
Mentre i tifosi giallorossi, e non solo loro, esultano perché l’annosa vicenda del nuovo stadio è finalmente arrivata a soluzione, Romano decide di fare fuoco contro l’accordo che è stato concluso tra il Campidoglio e l’AS Roma.
L’ex dalemiano, ex montiano ed oggi renziano si è spinto ad affermare infatti: “Ciò che è più grave per la città è che sull’altare dell’ideologia grillina sono state sacrificate il 50% delle opere pubbliche. Cioè meno servizi per i cittadini. L’ennesimo affronto di una giunta cialtrona”.
In evidente stato confusionale questo paladino della coerenza non deve aver capito che il taglio finale del 60% si riferisce solo alle cubature del “business park” ed alla cancellazione delle tre torri, e non alle opere pubbliche che, invece, sono state confermate e pianificate in due fasi.
Eppure sarebbe stato sufficiente, per evitare anche questa pessima figura, che Romano si informasse leggendo, ad esempio, i principali quotidiani nazionali che, di certo, non sono teneri con il M5S.
Certo, così facendo avrebbe disatteso, però, l’insegnamento del sommo maestro “Blaterate, Blaterate, ma spargete solo balle”, e questo non sarebbe stato … coerente !

giovedì 23 febbraio 2017

Informazione libera ? Roba da ridere !

Mi è accaduto di lavorare e vivere, in Spagna, negli ultimi anni in cui al potere c’era il Generalissimo Franco.
Sono stato testimone, perciò, del modello di informazione che veniva propinato agli spagnoli sotto il regime franchista.
Stampa, radio e televisione palesemente ed in forma e modo pedissequi si limitavano a riprodurre notizie e commenti che venivano loro dettati dalle “veline” del regime.
Bastava leggere la stampa estera, che peraltro era presente nelle edicole, per rendersi conto di quanto condizionata e subordinata fosse l’informazione spagnola in quel periodo.
Ho fatta questa premessa perché da qualche tempo ho la sensazione di rivedere, in Italia, un identico predominio delle “veline” di regime sulla informazione nostrana.
Tenterò di chiarire questa mia percezione con gli ultimi due casi di questi giorni.
Mercoledì 22 febbraio la Commissione Europea ha pubblicata la sua analisi annuale della situazione economica e sociale degli Stati membri.
Dopo aver lette le analisi, contenute nel “European Semester 2017”, mi aspettavo che la “libera informazione” nostrana si sentisse in dovere di far conoscere agli italiani, riportandole e commentandole, quali fossero le osservazioni che la CE aveva espresse sul nostro Paese.
Io non sono europeista “a prescindere”, dal momento che considero la UE un male inevitabile, ciò nonostante sono interessato a conoscere come le vicende del nostro Paese siano seguite e giudicate all’estero, in particolare, da coloro con i quali dovremmo convivere nella comune casa europea.
Ebbene, la “libera informazione” nostrana in queste ore si è limitata a riportare e commentare esclusivamente quello che indicavano le “veline” dei poteri dominanti.
Tutti i media, cioè, con qualche rarissima eccezione si sono limitati a mettere in evidenza che la CE ha minacciato di avviare nei confronti dell’Italia la procedura di infrazione per eccessivo disavanzo se il governo non attuasse, entro il prossimo mese di aprile, misure strutturali aggiuntive per 3,4 miliardi di euro.
Qualche media, bontà sua, ha anche fatto cenno che la CE si è detta preoccupata per il nostro sistema bancario che resta gravato da un eccessivo stock di crediti in sofferenza e non esigibili.
Nessun media, pronto a cospargermi il capo di cenere se sarò smentito, ha osato accennare, invece, ad altre considerazioni della CE, verosimilmente perché non suggerite nelle “veline”.
Ad esempio la CE ha osservato che “l’impulso alle riforme si sia esaurito nella seconda metà del 2016 e che permangano importanti insufficienze politiche e legislative per quanto riguarda la concorrenza, la fiscalità, la lotta alla corruzione e la riforma del quadro per la contrattazione collettiva”.
Ho il sospetto che poiché queste osservazioni avrebbero contrariato ed innervosito colui che era al governo nel 2016, il predominante servilismo della nostra informazione abbia consigliato di non portarle a conoscenza dei cittadini.
D'altronde perché parlarne dal momento che, forse, non erano riportate neppure dalle “veline” ?
C’è poi un secondo caso, in questi giorni, che dà prova di come la informazione si prodighi nel depistare gli italiani dalla realtà per il meschino killeraggio politico ispirato dalle “veline” .
Non c’è prima pagina o telegiornale, infatti, che da giorni non metta in evidenza come di grande interesse la vicenda della costruzione dello “Stadio della Roma”, facendo credere agli italiani che il Campidoglio stia conducendo una lotta senza quartiere contro i tifosi giallorossi.
La verità è che materia del contendere è ben altra.
Alla informazione sembra sfuggire, ad esempio, che la costruzione dello Stadio della Roma continui ad essere usata come cavallo di Troia per far passare alla chetichella una speculazione edilizia di oltre un milione di metri cubi, dei quali più o meno solo il 10% sarebbe realmente destinato alla costruzione dello stadio con annessi e connessi.
Il tutto su un terreno a rischio esondazioni come evidenziato dalla Autorità di bacino del Tevere.
Mi domando: perché la informazione si incaponisce a parlare solo dello Stadio della Roma e non accenna mai alla speculazione edilizia che si cela dietro la costruzione dello stadio?
Perché mai la proprietà a stelle e strisce della AS Roma giudica una “catastrofe” la mancata realizzazione di quella speculazione edilizia?
Honni soit qui mal y pense !

mercoledì 22 febbraio 2017

E se il PD diventasse Partito della Nazione ?

Oso credere che Michele Emiliano, governatore della Puglia, non sia uno sprovveduto per cui se ha deciso di rompere il fronte degli scissionisti e rientrare nei ranghi lo avrà fatto per un tornaconto che spieghi la sua improvvisa piroetta.
Intervenendo alla direzione PD di ieri, peraltro, Emiliano ha sparato ancora ad alzo zero contro l’ex segretario del partito, Renzi, riaffermando molte delle critiche che già aveva espresse sabato alla riunione degli scissionisti.
Ha anche confermato di volersi candidare alla segreteria del partito, ispirandosi evidentemente alla massima decubertiana “l’importante non è vincere ma partecipare”.
Immagino che il primo a compiacersi della sconcertante giravolta di Emiliano sia proprio Renzi, il quale sa troppo bene di non potere fare a meno di uno sparring partner per evitare che congresso e primarie appaiano, all’opinione pubblica, come una ridicola sceneggiata.
Infatti, con un partito presidiato ormai in ogni dove da galoppini renziani è scontato che Renzi sarà riconfermato segretario del PD.
In queste ore, dunque, sembrerebbe essere questo l’allestimento scenico creato dall’Assemblea generale di domenica e dalla Direzione di martedì.
Uno scenario sul quale, però, incombono due incognite: la futura legge elettorale e la data delle elezioni.
Per quanto riguarda la data delle elezioni è prerogativa del Capo dello Stato accertare se esistano le condizioni per anticiparle, dopo aver valutati gli effetti che tale decisione potrebbe provocare al Paese ed alla sua instabilità politica, economica e finanziaria.
La spada di Damocle della procedura di infrazione avrà certamente il suo peso, così come lo ebbe nel novembre 2011 dopo la caduta del governo Berlusconi.
Non sarà sufficiente, quindi, la decisione di Renzi di staccare la spina al compagno di partito Gentiloni per indurre Mattarella ad indire elezioni anticipate.
La seconda incognita è rappresentata dalla legge elettorale che il Parlamento dovrà approvare dopo la bocciatura del Italicum da parte della Consulta.
Se, come è probabile, il Parlamento dovesse orientarsi per una legge proporzionale con premio di maggioranza solo alla lista che conseguisse il 40%, la chiara frenesia di Renzi di tornare a Palazzo Chigi dovrà fare i conti con un elettorato che non sembra più anestetizzato dalla sua ciarlataneria.
Infatti, anche se sarebbe avventato, in questo momento, dare credito ai sondaggi, può essere significativo osservare come il PD post-scissione sia accreditato del 22/23%, con un gap cioè di 17/18 punti da quel 40% che garantirebbe la maggioranza almeno alla Camera.
Poiché il personaggio Renzi, dopato da una smodata ambizione personale, non si contenterebbe di un ruolo marginale, non è irragionevole immaginare che già stia rimuginando sul da fare.
Ad esempio, potrebbe ipotizzare di dettare al PD, ormai liberatosi delle minoranze, una ulteriore sterzata centrista che agevoli la formazione di un listone babelico nel quale convergano NCD ed UDC, i verdiniani di ALA ed i conservatori riformisti di Cor, oltre a formazioni minori oggi presenti in Parlamento.
Sempre che, in alternativa, non emergano, ad esempio, accordi inconfessati del Patto del Nazareno che prevedano la confluenza di PD e Forza Italia in una nuova formazione politica che si presenti unita alle elezioni.
In entrambe queste ipotesi, molto somiglianti a quel Partito della Nazione che Renzi ha già vagheggiato in più occasioni, che ne sarà dei vari Emiliano, Cuperlo, Damiano e dei loro amici che ancora sperano in una svolta a sinistra del PD ?
Spireranno nuovi venti di scissione ?

martedì 21 febbraio 2017

Una inaccettabile vergogna

Ho sempre ritenuto che la prescrizione sia l’istituto giuridico più vergognoso ed immorale della legislazione italiana.
Che un delinquente la possa far franca semplicemente grazie al trascorrere del tempo dal giorno in cui ha commesso il reato è, per me comune cittadino, inconcepibile ed intollerabile.
E lo è per almeno tre buone ragioni.
La prima perché la vittima di un crimine continua, molto spesso, a patirne le conseguenze nel tempo. Un tempo incapace, però, a prescrivere effetti e sofferenze del reato subito.
La seconda perché, in molti casi, chi ha commesso un reato ne ha goduto o continua a godere le utilità dell’atto criminoso.
La terza, infine, è perché l’istituto della prescrizione invalida definitivamente quella certezza del diritto nella quale avevo creduto, ingenuamente, fino dai banchi di scuola.
Che la prescrizione sia vergognosa ed intollerabile lo confermano, in queste ore, le parole di Arturo Soprano, Presidente della Corte d’Appello di Torino.
Di fronte al “proscioglimento per sopravvenuta prescrizione” del criminale che ha stuprato ripetutamente una bambina di 7 anni, figlia della convivente, il dott. Soprano ha detto: “Questa è una ingiustizia per tutti, in cui la vittima è stata violentata due volte, la prima dal suo orco e la seconda dal sistema”.     
Sarà pur vero che, per colpa del inefficiente e farraginoso sistema giudiziario italiano, ci sono voluti 20 anni per realizzare i soli primi due gradi dell’iter processuale, ma è comunque aberrante anche il solo immaginare che un delitto abietto ed infame come lo stupro di una bambina possa essere cancellato dalla prescrizione.
Come se tutto ciò ancora non bastasse, a farmi incazzare è stata anche la decisione del nostro ministro guardasigilli, Andrea Orlando, che di fronte a questa vergogna ha considerato sufficiente inviare i suoi ispettori al Tribunale di Torino per sentirsi a posto con la sua coscienza.
Che ipocrisia !
Già, perché proprio lui, Andrea Orlando ministro guardasigilli della Repubblica Italiana, da anni fa ammuffire sulla sua scrivania un progetto di legge che dovrebbe riformare l’istituto della prescrizione.
La realtà è che il sig. Orlando non ha alcuna voglia di riformare la prescrizione perché, inevitabilmente, finirebbe per mettere nei guai molti politici, amici ed amici degli amici, che sono incappati nelle maglie della giustizia per reati di corruzione, malaffare, peculato, abuso di ufficio, concussione, induzione indebita, traffico di influenze illecite, etc.
Il ministro guardasigilli sembra ignorare, cioè, che in Italia mentre il malaffare continua a lievitare ad ogni livello del sistema politico, il malaffare “sanzionato” è sempre più raro, vuoi per la inefficienza del sistema giudiziario, ma vuoi, in larga misura, proprio a causa della prescrizione.
E così, nelle aule parlamentari e nei consigli regionali e comunali convivono, al fianco di molte persone oneste, troppi malfattori prosciolti per i loro reati dalla prescrizione.
Eppure, lo dico da comune cittadino ignorante anche in materia giuridica, sono convinto che basterebbe una legge di poche righe per disporre che la prescrizione, per qualsiasi reato, si interrompa nel giorno in cui la Magistratura avvii il “processo istruttorio”.
Una norma semplice ma efficace grazie alla quale, oggi, non dovremmo vergognarci del proscioglimento in appello di quel infame stupratore che ha abusato di una bambina inerme. 

Chi sta bluffando nel PD ?


La occhiata cupa e malevola, colta da questa foto, di Matteo Orfini che fissava Michele Emiliano al termine del suo intervento, sintetizza il clima astioso che aleggiava nei confronti di chiunque non fosse allineato e sottomesso al verbo renziano durante la Assemblea generale del PD.
Non è la prima volta, a dire il vero, che nel PD si conferma essere “democratico” solo l’aggettivo abbinato al nome del partito.
Un partito che, regnante il ducetto di Rignano, ha smarrita ancor più la disponibilità intellettuale e reale al confronto delle idee, zittite come blasfeme se non osservanti del pensiero renziano.
Eppure, basterebbe un minimo di onestà intellettuale per comprendere che un confronto libero e franco avrebbe evitate al partito, o meglio al governo Renzi, alcune rovinose musate che erano facilmente prevedibili.
Ad esempio, non occorreva essere docenti di diritto costituzionale per rendersi conto che l’Italicum, la legge elettorale architettata da Renzi, contenesse palesi ingredienti di incostituzionalità.
Ma il rignanese, ebbro di arroganza e presunzione, non solo si è rifiutato di ascoltare le voci critiche che si levavano all’interno del suo stesso partito, ma ha fatto perdere mesi di lavoro al Parlamento per dibattere ed approvare a colpi di fiducia una legge che, come prevedibile, la Consulta ha poi bocciata.
Ed oggi siamo senza una legge elettorale mentre il Parlamento sarà costretto a sottrarre altro tempo ai problemi reali ed urgenti del Paese per cercare di sfornare una nuova legge.
Ma elementi di incostituzionalità erano presenti anche nella riforma Madia della Pubblica Amministrazione ed, ancora una volta, ha dovuto intervenire la Consulta per cassarla e rimandarla al mittente.
La Consulta, invece, non ha avuto modo di esprimere il suo giudizio sulla cosiddetta riforma Boschi perché ci ha pensato prima il Popolo Sovrano ad affondarla sotto oltre 19 milioni di “NO” al referendum costituzionale.
Ebbene, pur gravato da un fardello così greve di insuccessi clamorosi, evitabili semplicemente dando spazio ad un confronto ed ascoltando le opinioni di tutti, Renzi ed i suoi tirapiedi hanno trasformata la Assemblea al Parco dei Principi nel più classico dei “j’accuse” rivolto a quanti sembrerebbero non più disposti a rinunciare ad un confronto libero e franco per sottomettersi ai diktat renziani.
Ho scritto “sembrerebbero” perché dopo aver trascorsa la domenica ad essere presi a schiaffi dalle 11.00 alle 17.45, i cosiddetti “non renziani” non hanno sbattuta la porta per dar vita a quella scissione che un minuto prima che iniziasse l’Assemblea tutti davano per certa.
Eppure di aperture nei confronti delle proposte/richieste della minoranza PD non si è intravisto alcuno spiraglio.
Anzi, la sensazione è che, con la convocazione di congresso e primarie, Renzi ed i suoi peones abbiano iniziato a scavare la fossa a Gentiloni per impedirgli di governare fino alla fine della legislatura.
Se questa si dimostrasse non essere solo una sensazione vorrebbe dire che il rignanese, pur di installarsi a Palazzo Chigi, starebbe per compiere un secondo assassinio politico di un compagno di partito, dopo quello di Enrico Letta.
Di fronte a questo inquietante scenario mi domando: è mai possibile che a rabbonire le bellicose argomentazioni di coloro che fanno parte della cosiddetta minoranza PD sia la sola paura di perdere la lauta poltrona di parlamentare o di amministratore locale?
Chi è che sta bluffando nel PD, Renzi che tira dritto sperando di liberarsi delle minoranze per sognare il Partito della Nazione o coloro che fingono la scissione ?

mercoledì 15 febbraio 2017

# Paolostaisereno

Chissà perché, ma il finale della Direzione PD di lunedì scorso, incomprensibilmente allargata, mi ha fatto venire in mente la conclusione di un’altra assise del PD renziano.
Ripenso, cioè, alla Direzione PD di giovedì 16 gennaio 2014 quando Matteo Renzi, dopo aver pubblicamente accusato di “lentezza” il governo Letta, fece sfoggio di una ipocrisia senza pari twittando, ancora una volta, quel falso ed infido “#Enricostaisereno”.
Questa volta, in verità, non c’è traccia di un tweet #Paolostaisereno”, indirizzato a Paolo Gentiloni.
È innegabile, però, che quando Matteo Orfini, con la innata espressione grigia e compunta da beccamorto, ha respinta la mozione che avrebbe impegnato il partito a garantire il sostegno fino a fine legislatura al governo Gentiloni, ne abbia di fatto confermata la incerta durata.
In altre parole il presidente PD con quella mossa ha prefigurate le condizioni perché anche Gentiloni possa essere pugnalato alla schiena all'improvviso, come è accaduto a Letta, da un nuovo dissennato proposito del ducetto di Rignano.
Non solo, ma per domenica 19 febbraio è stata convocata la Assemblea nazionale del PD che dovrà indire a tambur battente il congresso del partito.
Per fare cosa ? Boh !!!
Ora, può anche darsi che io stia prendendo una cantonata, ma ho la sensazione che sulla scena politica italiana ritorni a sfarfallare il fantasma dell’inciucio del Nazareno che solo parzialmente si è manifestato fino ad oggi.
È fantapolitica ? Forse, ma se proviamo a mettere insieme alcune circostanze casuali (???) di questi ultimi giorni può essere consentito qualche sospetto.
Ad esempio, dalle parti del centrodestra Berlusconi, non solo ha etichettato come “sbruffoncello” Matteo Salvini ma gli ha inviato anche il messaggio, forte e chiaro, che non potrà essere mai il leader del centrodestra.
Mi sembra evidente, cioè, che Berlusconi intenda tenersi le mani libere per ritornare a giocare un ruolo da protagonista con quello che ancora resta di Forza Italia.
Nel PD, parallelamente, Renzi sta facendo di tutto e di più per sbarazzarsi delle scomode minoranze interne.
La decisione di convocare frettolosamente e “subito” il congresso, e non una conferenza programmatica come suggerito dal ministro Andrea Orlando, appare una forzatura per costringerle alla scissione.
Solo così, infatti, una volta liberatosi dei Bersani, Speranza, Cuperlo, Emiliano & Co., Renzi potrebbe dar vita finalmente a quel “Partito della Nazione” di cui già aveva iniziato a disquisire, guarda caso, subito dopo aver tramato con Berlusconi al Nazareno nel gennaio 2014.
In realtà se, come è probabile, dopo che la Consulta ha bocciato l’Italicum il Parlamento finirà per approvare una legge elettorale di tipo proporzionale, con un premio di maggioranza per la lista che conseguirà il 40%, è prevedibile che nel listone del “Partito della Nazione” confluiscano, oltre ai reduci del PD, anche i verdiniani, gli alfaniani, gli pseudo centristi sparsi qua e là,e, perché no, in accordo con Berlusconi anche i superstiti di Forza Italia.
Solo mettendo insieme questa specie di guazzabuglio post-ideologico, una torre di Babele il cui collante non sarà la comunanza di idee e di programmi ma solo l’apporto di gerle più o meno imbottite di voti, il “Partito della Nazione” potrebbe sperare di raggiungere l’agognato 40%.
A quel punto, dal momento che Berlusconi sarà fuori gioco perché pregiudicato, la leadership del “Partito della Nazione”, e di conseguenza la candidatura a premier, toccheranno fatalmente a Matteo Renzi.
Probabilmente stiamo per assistere alla realizzazione del disegno politico che Berlusconi, allora premier, e Renzi, allora sindaco di Firenze, avevano già elaborato nel loro primo incontro a Villa San Martino, ad Arcore, il 6 dicembre 2010.
È fantapolitica ? Può darsi … staremo a vedere.

domenica 12 febbraio 2017

Matteo Renzi ed i vasi di Pandora

Secondo indiscrezioni di stampa il premier Gentiloni ed il ministro Padoan si sarebbero indispettiti, per usare un eufemismo, nell’apprendere che 37 parlamentari, di provata fede renziana, avevano sottoscritta una mozione per invitare il governo a non mettere mano alle accise su carburanti e tabacchi.
Per evitare, infatti, che l’UE metta in atto la minaccia di avviare la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, il governo si sta scervellando per trovare quei 3,4 miliardi necessari per attuare la manovra correttiva richiesta dai commissari europei.
Il problema è sorto, di fatto, perché l’eredità fallimentare dei mille giorni del governo Renzi non è solo riconducibile ai rovinosi smacchi subiti da tutte le pseudo riforme volute dal ducetto di Rignano, ma ha lasciata una precarietà dei conti pubblici tale da non sfuggire né ai controlli della UE né alla attenzione dei mercati finanziari.
Il primo effetto, ad esempio, è stato il balzo dello spread a 200 con il conseguente aumento dei tassi che l’Italia dovrà pagare ai sottoscrittori delle prossime emissioni di titoli.
Temo, ahinoi, che solo nei prossimi mesi, poco a poco, noi italiani ci renderemo conto di quanto amaro sarà il boccone che dovremo trangugiare per effetto delle molte decine di miliardi che Matteo Renzi ha dilapidate oltre che in mancette elettorali anche per compiacere industriali, banchieri e compari di ogni genere.
Purtroppo, però, lo sperpero di denaro pubblico non sembra terminato con la partenza di Renzi da Palazzo Chigi.
In questi giorni, ad esempio, il ministro allo sport Luca Lotti, renziano della prima ora, sta facendo ogni acrobazia possibile per far sì che il Parlamento approvi il finanziamento di 97 milioni alla Ryder Cup di Golf che dovrebbe svolgersi a Roma nel 2022.
Insomma, ancora un tentativo di sperperare denaro pubblico per compiacere l’amico Giovanni Malagò ed i 90.000 praticanti di questo sport in Italia (NdR: … proprio mentre ISTAT rende noto che nel 2016 un ulteriore mezzo milione di persone  si è aggiunto ai già molti milioni di poveri che campano indecorosamente in Italia).
Ma torniamo alla mozione che ha infastiditi Gentiloni e Padoan.
Ho il sospetto che quei 37 soldatini delle truppe rignanesi abbiano sottoscritta quella mozione solo per ordine ricevuto dal loro ducetto, senza neppure rendersi conto che solo loro sarebbero apparsi come degli scellerati, disposti cioè a fottersene dei molti guai che si abbatterebbero sul nostro Paese qualora l’UE avviasse la procedura di infrazione.
Un sospetto che, poche ore dopo, è stato avvalorato da due circostanze.
La telefonata, che Renzi avrebbe fatta a Padoan per intimargli di non aumentare le accise su carburanti e tabacchi per rispondere al diktat della UE, e la sfrontata intenzione di mettere in imbarazzo lo stesso Padoan invitandolo alla direzione PD che, verosimilmente, lunedì prossimo avallerà la mozione sottoscritta dai 37 soldatini.
Come non porsi, a questo punto, qualche domanda.
1.      Vuoi vedere che Renzi, conscio di aver devastati i conti pubblici a tal punto da rendere inevitabile la procedura di infrazione della UE, abbia deciso di lasciare Palazzo Chigi per mettere negli impicci Gentiloni ? (NdR: dopo la congiura ordita contro Enrico Letta non mi sorprenderei di un altro sgambetto ad un compagno di partito!)
2.      Essere rimasto abbarbicato alla segreteria PD, sconfessando l’impegno di lasciare la politica se fosse stato sconfitto al referendum del 4 dicembre, è servito a Renzi forse anche per imporre a Mattarella e Gentiloni i suoi ministri fedelissimi per controllare in questo modo che non fossero scoperchiati i vasi di Pandora lasciati agli italiani dal suo governo ?
3.     Infine, la cocciutaggine con cui Renzi insiste per elezioni anticipate non nasconderà, per caso, la paura che, quando saranno scoperchiati via via questi vasi di Pandora, gli italiani si potrebbero rendere conto di quanto disastrosi siano stati per il Paese i suoi 1000 giorni a Palazzo Chigi ?  

venerdì 10 febbraio 2017

L’informazione davvero fa schifo ?

Tra qualche settimana l’organizzazione non governativa RSF (NdR: Reporters sans Frontieres ha ricevuto nel 2005 dal Parlamento Europeo il premio Sakharov “per la libertà di pensiero”) pubblicherà l’annuale classifica con la quale viene valutata la libertà di stampa in 180 Paesi.
Nella classifica resa pubblica nell’aprile 2016 l’Italia figurava in terza fascia al 77° posto, preceduta perfino da Armenia, Nicaragua, Moldova, Burkina Faso e Botswana.
Non solo ma rispetto al 2015 il nostro Paese arretrava di ben quattro posizioni.
Nelle prime 10 posizioni figuravano, nell’ordine, Finlandia, Olanda, Norvegia, Danimarca, Nuova Zelanda, Costarica, Svizzera, Svezia, Irlanda e Giamaica.
Seguendo da molti anni i media nazionali mi sono fatto l’idea che, nel nostro Paese, il degrado progressivo della informazione sia provocato dal travaso di addetti ai lavori dalla categoria “giornalisti liberi” a quella di “giornalisti in cerca di padrone” con l’aspirazione a finire in “giornalisti con padrone” con modi di agire conseguenti.
Quindi non c’è da stupirsi se, giorni fa, qualcuno ha osato dire che l’informazione italiana “fa schifo” provocando la veemente reazione di molti addetti ai lavori.
Tra costoro c’era anche il giornalista del servizio pubblico RAI, Maurizio Mannoni, che su RAI 3 conduce, dal lunedì al venerdì, il programma di informazione “Linea Notte”.
Orbene, il sig. Mannoni da molte settimane ha scelta come sua priorità quella di dedicare il 40/50% della trasmissione a commentare criticamente le traversie della giunta capitolina del M5S, trascurando così di informare i telespettatori su accadimenti di certo non meno significativi ed importanti.
Prendiamo, ad esempio, “Linea Notte” che è andata in onda ieri sera 8 febbraio 2016.
Come da copione i primi 20/25 minuti della trasmissione sono stati riservati al coinvolgimento degli ospiti in studio nel commentare le quotidiane vicissitudini del sindaco Virginia Raggi e dei suoi assessori.
Peccato che il sig. Mannoni abbia omesso di informare i telespettatori su altri fatti del giorno.
Ad esempio non ha fatto alcun cenno che, nella stessa giornata di ieri:
1.      il Presidente del Senato avesse dichiarato inammissibile nel decreto “Salva-banche” il finanziamento pubblico di 97 milioni, voluto dal ministro renziano Luca Lotti, a favore della Ryder Cup di Golf che dovrebbe svolgersi a Roma nel 2022.
2.      L’ex amministratore delegato ENI, Claudio Descalzi, sia stato rinviato a giudizio con l’accusa di corruzione internazionale per aver versato maxi tangenti al governo nigeriano in cambio dello sfruttamento di un giacimento petrolifero.
3.      La Procura di Napoli abbia ascoltata, come persona informata, la on. Valeria Valente del Partito Democratico per lo scandalo Listopoli, relativo a quei “candidati a loro insaputa”, 9 finora accertati, inseriti nelle liste PD per le comunali 2016.
4.      Il Tribunale di Milano abbia condannato a 13 anni e mezzo di reclusione l’ex assessore regionale Domenico Zambetti, di Forza Italia, con l’accusa di aver comprato 4.000 voti dalla ‘ndrangheta in occasione delle regionali 2010.
5.      Proseguendo le indagini CONSIP per corruzione, le Fiamme Gialle abbiano trovato in una discarica il diario autografo delle tangenti pagate.
Il sig. Maurizio Mannoni ha ritenuto che i telespettatori di “Linea Notte” non dovessero essere informati di queste notizie.
Ora, se il sig. Mannoni fosse un conduttore della TV Pinocchietto, il suo comportamento potrebbe apparire meno grave.
Purtroppo, però, il sig. Maurizio Mannoni è lautamente retribuito dalla RAI per assicurare ai telespettatori una informazione completa, con correttezza e professionalità, come esigerebbe un servizio pubblico.
Non c’è quindi da sorprendersi se in base a linee editoriali di questo tipo la classifica REF releghi al 77° posto il sistema informativo del nostro Paese.