La domanda che mi sono posta, lì per lì, nel prendere atto del risultato, peraltro prevedibile, del ballottaggio, è stata: ma con la vittoria
di Bersani il PD si presenterà più forte alle prossime elezioni politiche ?
Non ci sono dubbi sul fatto che quella di
Bersani sia stata la vittoria dell’apparato, cioè di quella nomenklatura che
occupa da anni sia le strutture del partito, sia gli scranni parlamentari.
Un apparato che, impaurito dal vento di rinnovamento che soffiava
da Renzi, si è stretto intorno a Bersani per fare quadrato.
Bastava guardare, in TV dopo il ballottaggio, la faccia gongolante di Rosy
Bindi, come sempre spocchiosa, od ascoltare le parole di un euforico D’Alema: “sono rilassato, ora posso lavorare
tranquillamente”, per comprendere quanta fosse la paura che si era
impossessata di questi personaggi al solo pensiero che Renzi potesse vincere.
Trovo ridicolo che lo stesso D’Alema solo ora, passata la
paura, riconosca che quello scapestrato ragazzaccio fiorentino sia “una risorsa ed una delle maggiori personalità del PD” !
Un voltafaccia che non sorprende in un
personaggio, come D’Alema, avvezzo a ben altri ribaltamenti, ma che induce a
supporre che lo stesso “baffo di ferro”
si sia reso conto, subito dopo la vittoria di Bersani, delle inquietudini che affliggeranno
i vertici del PD nei prossimi mesi.
Da un lato, ci sarà l’incognita della cambiale che Bersani
dovrà pagare a Vendola, in cambio dell’indiscutibile e determinante sostegno
che il segretario ha ricevuto, al ballottaggio, soprattutto nelle regioni del
Sud.
E, sicuramente, Vendola non si accontenterà del solo
riconoscimento dei matrimoni gay.
E' troppo evidente l’esultanza che lo
stesso Vendola esterna, da domenica, convinto com'è di avere in mano ottime carte da
giocarsi con Bersani.
Dall’altro lato, sarà necessario capire che fine farà, in tutto
od in parte, quel 1.200.000 di voti che, al ballottaggio ha puntato su Matteo
Renzi confidando in un rinnovamento della politica, del partito e della sua classe
politica.
L’incognita è se, alle prossime elezioni, quei voti saranno
ancora per il PD, oppure se prenderanno la strada, ad esempio, del M5S che,
almeno a parole, sembra portare avanti alcuni dei progetti per il quali si è battuto
Renzi, dalla cancellazione del finanziamento pubblico alla limitazione dei
mandati parlamentari, dai tagli alla spesa pubblica a nuove regole per il mercato del
lavoro.
Non c’è dubbio, infatti, che le primarie abbiano fatta
risaltare la contrapposizione tra due concezioni diverse, finanche inconciliabili,
del come fare politica e del come condurre il PD; la visione di Bersani, preoccupato
di consolidare il passato, e la visione di Renzi, determinato a rinnovare il
partito per proiettarlo nel futuro.
Ecco perché da oggi ha inizio la vera sfida per Bersani.
Sarà realmente in grado di rinnovare il partito, oppure si
lascerà condizionare dalle prevedibili pressioni della nomenklatura che non è
disposta a farsi da parte ed a mollare le poltrone ?
Solleciterà, ad esempio, la condivisione di Renzi nella
compilazione delle liste elettorali, oppure darà ascolto a coloro, come Bindi e
Marino, che proprio nei giorni scorsi hanno ribadito, all’unisono, essere prerogativa
della sola segreteria la designazione dei candidati alle elezioni ?
E quale atteggiamento assumerà Renzi ?
Si accontenterà di essere un semplice militante del PD e
di fare il sindaco di Firenze, come ha confermato nelle ultime ore, oppure cederà alle
pressioni di quanti lo hanno affiancato e sostenuto nella campagna delle
primarie, perché prosegua nel suo tentativo di rinnovare il partito ?
Sarà interessante, nei prossimi giorni, analizzare i
sondaggi per comprendere se la vittoria di Bersani produrrà un contraccolpo
sulle intenzioni di voto dei simpatizzanti del PD.
Tra il 1° ed il 29 novembre, infatti, anche per il traino
del confronto Bersani-Renzi, nei sondaggi condotti dallo stesso istituto (SpinCon), il PD è passato dal 27% a più
del 30%.
In che misura ha inciso sul trend un possibile successo di Renzi ?
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