A notte fonda, mentre gli italiani, inquieti per l'ansia
del giorno dopo, tentavano di prender sonno dopo una giornata di lavoro o di amara
disoccupazione, il Consiglio dei Ministri varava la “legge di stabilità”.
Al risveglio, gli insonnoliti italiani hanno appreso, così, di un
nuovo taglio delle spese per la sanità, e dell’aumento dell’1% di IVA dal 1°
giugno 2013.
Mentre già si levava il coro d’imprecazioni contro Monti,
ecco che a zittire tutti, o quasi, alle loro orecchie giungeva una notizia sbalorditiva:
dal 2013 le aliquote IRPEF saranno ridotte dal 23% al 22% e dal 27% al 26%.
Un risveglio agrodolce che provoca qualche legittima perplessità.
Nel giro di soli 10 mesi il Governo Monti ha emanata una
quantità ciclopica di provvedimenti, a volte contradditori, sui cui effetti concreti,
però, gli italiani non hanno avuto alcun riscontro se non la certezza del loro
impoverimento.
Ad esempio, si mormora che la tassazione di yacht e
velivoli privati abbia ottenuti risultati scarsissimi ed inferiori alle
previsioni fatte dal Governo, così come in questi giorni si viene a sapere che,
mentre gli italiani hanno già versato il loro esoso acconto di IMU, per gli
edifici ecclesiastici con destinazione commerciale l’IMU è ancora di là da
venire.
Questo susseguirsi di provvedimenti, privi del riscontro provato
della loro efficacia, alimenta la sensazione che il Governo stia procedendo a
zig zag, improvvisando di giorno in giorno il da farsi.
Da un Governo, imbottito di professori
universitari, manager di elevato profilo, professionisti di provata esperienza,
mi attendevo un approccio metodologico più rigoroso.
Mi sarei atteso, ad esempio, che prima di prendere
provvedimenti “svincoli e sparpagliati”,
come li avrebbe definiti Gaetano Pappagone, celebre personaggio di Peppino De
Filippo, il Governo si fosse preoccupato di acquisire un quadro d’assieme in
base al quale predisporre una strategia d'intervento, per programmare successione
e priorità delle azioni da attuare, per armonizzarle tra loro.
Il susseguirsi, ad esempio, di tagli della spesa sanitaria
ha provocati continui “stop and go” nelle
scelte, da parte degli amministratori locali, che inevitabilmente hanno finito
per produrre inefficienze e sperperi di denaro pubblico.
Sarà anche vero che la situazione dell’Italia era, nel novembre 2011,
sull’orlo del collasso, e che un Paese in crisi è più complesso di una qualsiasi azienda
disastrata e decotta, ma mutuare il metodo, di cui si avvale il “crisis management”, per risanare le aziende, sarebbe stato quasi
sicuramente di aiuto.
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