sabato 20 luglio 2013

Italia ed italiani presi a paccheri

Nella cucina partenopea i paccheri sono un tipo di pasta, con la forma di maccheroni giganti, che viene usato per preparare piatti sostanziosi e molto appetitosi.
Nel dialetto napoletano, però, pacchèro è anche lo schiaffo assestato con la mano aperta che, oltre a lasciare l’impronta sulla parte percossa, produce un suono acuto.
Ebbene, di pacchèri, in senso figurato ma non per questo meno sgradevoli, l’Italia e gli italiani continuano a subirne in serie, per colpa di una classe politica che scredita il nostro Paese, con i suoi comportamenti scriteriati e disdicevoli.
Ad esempio, non soddisfatto dell’ignominioso “pasticciaccio kazako”, che ha provocato sdegno e biasimo nell’opinione pubblica italiana ed internazionale, ieri mattina il Senato della Repubblica ha voluto metterci sopra il carico da 11.
In quelle stesse ore, con un editoriale dal titolo significativo “Rome’s imbroglio”, il Financial Times, e non il giornalino della parrocchia, richiamandosi al caso della signora Shalabayeva e della sua figlioletta, ridicolizzava le nostre forze dell’ordine scrivendo: “non sono famose per la loro efficienza ma a maggio la polizia è stata sorprendentemente veloce nel deportare la moglie e la figlia di un dissidente kazako”.
L'editorialista inglese proseguiva, poi, analizzando contraddizioni ed ombre della relazione, confezionata dal capo della Polizia Alessandro Pansa, per notare come nessuno si fosse assunta la responsabilità politica del caso e, quindi, per suggerire ad Alfano di rassegnare le dimissioni allo scopo di non minare la credibilità dell’intero governo.    
Mentre questo numero del Financial Times era diffuso nelle edicole di mezzo mondo, a Roma 226 senatori, del PD, PdL e Scelta Civica, agli ordini dei  rispettivi capibastone, facevano finta di essersi bevuta la ricostruzione manipolata del “pasticciaccio kazako”, respingendo, con il loro voto, la mozione di sfiducia presentata contro il ministro dell’interno.
Di fatto, i 226 senatori belanti oltre ad aver sputtanate le nostre forze dell’ordine, avallando, con il loro voto, il pesante giudizio espresso dall’editorialista del Financial Times, hanno finito per gettare ulteriore discredito sulle istituzioni parlamentari.
Si è replicata, cioè, nel Parlamento italiano, il mortificante spettacolo che aveva già visti belanti pecoroni credere che Ruby fosse nipote di Mubarak.
Chi, come me, s’illudeva che spettacoli così umilianti e dis“onorevoli” appartenessero al passato, evidentemente si sbagliava!
Nella giornata di ieri, però, ad assestare pacchèri al prestigio del nostro Paese non ci hanno pensato solo i 226 senatori.
Da ventiquattro ore, infatti, si era diffusa una palese soddisfazione nel governo alla notizia che Robert Lady, ex capo della CIA in Italia, già condannato a nove anni per il rapimento e la deportazione in Egitto dell’Imam di Milano, Abu Omar, fosse stato fermato dalla polizia panamense.
Immediatamente sia il ministro della giustizia che quello degli esteri si erano attivati con le autorità panamensi per ottenere l’estradizione di Robert Lady.
Evidentemente, però, l’Italia gode di così scarso credito, a livello internazionale, che dopo poche ore da Panama giungeva notizia che Robert Lady era stato rilasciato e stava rientrando in volo negli Stati Uniti.
Il commento amareggiato di Anna Maria Cancellieri, ministro della giustizia: “La nostra richiesta è stata disattesa senza plausibili motivazioni”.
Chissà perché !!!

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