Caro Presidente Napolitano,
approfitto di essere quasi Suo coetaneo per usare un tono
informale del quale, sono certo, Lei vorrà scusarmi.
Oltre all’età, in comune abbiamo anche la condizione di
pensionati, solo che, mentre Lei è un agiato pensionato ancora in intensa
attività, io sono uno di quei pensionati che arrancano per arrivare a fine
mese.
Ma non è dei miei problemi che Le voglio parlare, bensì
dei suoi che, sicuramente, sono più gravi ed interessano il nostro Paese.
Avevo apprezzato molto il suo “primo” settennato,
rigoroso ma ricco di umanità, discreto ma determinato ogniqualvolta le
contingenze Le abbiano suggerito di intervenire con la Sua intelligenza ed
esperienza politica.
Ecco, proprio perché avevo ammirate, di Lei, intelligenza
ed esperienza politica, sono rimasto sorpreso, ed anche un po’ deluso, quando, cedendo alle pressioni di PD e PdL, ha deciso di rimanere al Quirinale.
Per carità, non vorrei essere frainteso!
La delusione non era causata dal fatto che Lei rimanesse
ancora sul Colle, anzi, ma dal perché Lei avesse accettato di essere rieletto.
Cioè, quella pulsione a dar vita al cosiddetto “governo delle
larghe intese”.
Eppure, perbacco, da una poltronissima di prima fila Lei
aveva già assistito alle fatiche ed alle alterne fortune di Mario Monti, che
aveva cercato di governare il Paese, confidando nel malfermo sostegno di
centrodestra e centrosinistra.
Ciò nonostante Lei ha voluto riprovarci con il governo
Letta.
Comprendo che, ad una certa età, diventiamo tutti un po’
più testardi, però abbiamo dalla nostra esperienza e buon senso per evitare di
ripetere gli errori.
Invece, Lei, ha voluto, ancora una volta, mettere insieme
il diavolo e l’acqua santa, senza tener conto che, questa volta, l’impresa
sarebbe stata molto più complessa per cause endogene ed esogene.
Infatti, non solo il PD avrebbe dovuto fronteggiare i
contrasti intestini, conseguenti alla segreteria fallimentare di Bersani, ma
anche il PdL avrebbe vissuto in permanente stato di fibrillazione per i guai
giudiziari di Berlusconi, prossimi alla resa dei conti.
Il risultato, ahimè, è che, dopo quasi
tre mesi, il governo Letta non ha ancora fatto nulla per affrontare la
drammaticità congiunturale della crisi.
Troppe aziende continuano a tirare giù la clèr per colpa
della crisi o strangolate dalla morosità della pubblica amministrazione, la
disoccupazione, specialmente giovanile, continua a crescere toccando livelli inquietanti,
il disagio sociale rischia di esplodere con imprevedibili conseguenze, sempre
più italiani vivono tra gli stenti.
L’azione del governo Letta, soprannominato “governo
camomilla”, o “governo della morfina”, od ancora “governo dilatorio”, è neutralizzato
dagli interessi contrastanti di PD e PdL.
Si sono persi giorni, e continuano a perdersi, per
parlare di IMU ed IVA, senza concentrarsi sulle tre o quattro vere priorità su cui
impegnare le scarse risorse disponibili.
Il discorso programmatico che Letta ha pronunciato in
Parlamento, all’atto del suo insediamento, oggi appare una velleitaria valigia
dei sogni.
Non s’intravede neppure la volontà di mettere mano al “porcellum”, cosa che Lei aveva già sollecitato ai partiti, durante il governo Monti.
Mi scusi, ma il Suo buon senso La induce a credere che PD
e PdL possano mettersi d’accordo, ad esempio, su riforme istituzionali,
riduzione dei costi della politica, moralizzazione della vita pubblica, lotta
alla corruzione, spending review?
Signor Presidente, Lei ha infilato il Paese in un cul-de-sac dal quale ha il dovere di tirarlo
fuori al più presto, prima che sia troppo tardi.
L’Italia è precipitata troppo vicina a quella soglia di
rating che etichetterebbe come titoli spazzatura i titoli di Stato.
Le cancellerie europee e l’Alto commissariato ONU per i
rifugiati sono sconcertati dalla superficialità con cui sono stati violati i
diritti della moglie e della figlia del dissidente Ablyazov, espellendole in
gran fretta per compiacere il presidente autocrate del Kazakistan.
Signor Presidente La prego, abbia il coraggio di
riconoscere che il governo “delle larghe intese” è un fallimento e corra ai
ripari.
Formuli,
Lei, un programma di sette, otto,
dieci priorità da realizzare in un lasso di tempo ragionevole, ed affidi
l’incarico ad un governo formato da quelle forze politiche che ci stanno senza
se e senza ma.
Per favore, compia questo gesto d’amore verso
l’Italia e gli italiani, prima che la situazione precipiti irrimediabilmente.
Buon lavoro, signor Presidente, da parte di un
italiano esasperato da politicanti incapaci e disonesti.
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