E’ da
tempo, ormai, che in questo Paese la legge ha smarrita la peculiarità di essere “uguale per tutti”.
Infatti,
ogni giudice interpreta leggi e codici a suo piacimento e troppo spesso,
purtroppo, secondo le convenienze del momento.
Non c’è
quotidiano o TV che in queste ore non abbia dedicato ampio spazio alla
decisione del TAR di Napoli che, nel prodigioso tempo record di soli 29 giorni,
ha deciso di reintegrare Luigi de Magistris sullo scranno di primo cittadino
della città partenopea, bloccando il provvedimento di sospensione disposto dal
Prefetto.
Condannato
in primo grado dal Tribunale di Roma ad 1 anno e 3 mesi per abuso d’ufficio,
Luigi de Magistris era stato sospeso dal mandato di sindaco in ottemperanza al
disposto della cosiddetta Legge Severino
(Dlgs 235 del 31 dicembre 2012) che all’art.
11 prescrive che siano “sospesi di
diritto dalle cariche” gli amministratori locali che abbiano riportata una
condanna anche non definitiva.
È vero
che il TAR di Napoli, accogliendo il ricorso di de Magistris, di fatto ha solo
sospeso provvisoriamente gli effetti del provvedimento emesso dal Prefetto di
Napoli, ed ha inviati gli atti alla Consulta.
E’
altrettanto vero, però, che già il 29 ottobre 2013 la Sezione V del Consiglio di Stato
si era espressa in materia giudicando che una condanna anche non definitiva,
come previsto dalla Legge Severino,
sia “un requisito negativo per la capacità
di continuare ad esercitare un pubblico ufficio”.
Inoltre,
nello stesso dispositivo il Consiglio di Stato aveva chiarito anche che “non vi è neppure contrasto tra le
disposizioni sanzionatorie ed afflittive stabilite da Dlgs 235 ed il principio
di retroattività della legge penale”.
Ora vorrei
augurarmi che ai giudici del TAR di Napoli sia almeno giunta voce, a suo tempo,
di quanto deciso dal Consiglio di Stato.
Così
come mi piacerebbe pensare che ai giudici del TAR di Napoli non siano sfuggite neppure
le decisioni assunte dai loro colleghi di altri TAR regionali.
Ad
esempio, il TAR Molise aveva respinto il ricorso, presentato da Angelo Michele
Iorio, contro il provvedimento di sospensione dalla carica di consigliere
regionale, per effetto della Legge
Severino, in seguito alla condanna in primo grado ad un 1 anno e 6 mesi per
abuso di ufficio. La condanna pur confermata in appello è stata annullata però
in Cassazione per “prescrizione del reato”,
così oggi Iorio è ritornato a fare il consigliere regionale.
Oddio,
è pur vero che la “prescrizione del reato”
non è una assoluzione per non aver commesso il fatto, ma tant’è dobbiamo ammettere
che la moralità non è nel DNA dei politici nostrani di ogni colore !
Non
solo, ma pochi chilometri a nord di Napoli, in seguito ad una condanna in primo
grado ad 1 anno ed 8 mesi per abuso d’ufficio, Armando Cusani, per effetto del Dlgs 235 è stato sospeso dalle cariche sia
di Presidente della Provincia di Latina che di consigliere comunale di
Sperlonga.
E, nello
stesso mese di giugno anche il sindaco di Sperlonga, Rocco Scalingi, è stato
sospeso dall’incarico per aver subita una condanna in primo grado ad 1 anno e 2
mesi per abuso di ufficio.
In
breve, solo nei primi dodici mesi, dopo l’entrata in vigore della Legge Severino, sono stati almeno cinquanta
gli amministratori locali costretti a lasciare lo scranno pubblico che
occupavano, senza che le loro vicende abbiano sollevato, né da parte degli
interessati né da parte dei media, il cancan a livello nazionale del caso de
Magistris.
Questa
vicenda, però, ha dato origine anche ad un aspetto grottesco, vale a dire lo
schiamazzo contro la Legge Severino da
parte dei berluscones ad oltranza che, all'improvviso, hanno ripreso a sfogare le
loro fregole contro l’espulsione dal Senato del loro padrone pregiudicato.
Assurda,
invece, appare la sentenza vergognosa di assoluzione, di tutti gli imputati, che
ha concluso proprio oggi il processo di appello per la uccisione di Stefano
Cucchi.
Perciò, dopo una giornata come questa, cosa
altro dire se non proporre l’oscar della dabbenaggine a chi, in Italia, crede ancora
che “la legge è uguale per tutti”.
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