Questa mattina, in un bar di Torino, mentre sorseggiavo un marocco fumante, mi è capitato di ascoltare un cliente che, conversando con il barista del più e del meno, proponeva una stupenda definizione del governo Letta: "è il governo dei munsù travet".
Nel dialetto piemontese "travet" è sinonimo di impiegato di modesto livello che svolge compiti esecutivi, di scarsa rilevanza, con diligenza ma senza inventiva, desideroso solo di tirar sera.
Ripensandoci mi sembra un parallelismo molto azzeccato con il modo di governare il Paese da parte di Enrico Letta.
Ad esempio, nell'atteggiamento con cui il travet si pone nei confronti del suo lavoro c'è il proposito di fare lo stretto necessario perché i compiti assegnatigli siano eseguiti bene, seguendo le direttive, evitando, però, qualsiasi iniziativa personale o innovativa per timore di essere redarguito.
Ebbene, cosa fa il governo Letta, oramai da oltre sette mesi, se non il minimo necessario per gestire alla meno peggio il tran tran quotidiano ?
Eppure, nel suo discorso di insediamento Enrico Letta aveva manifestati propositi di ben altro respiro che non il semplice disbrigo dell'ordinario.
Perlomeno, era quello che avevano sperato milioni di italiani ascoltando le sue parole.
Con il trascorrere dei giorni e delle settimane, però, Enrico Letta si è dimostrato molto abile nel parlare, assicurare, fantasticare, ma assolutamente incapace di tradurre le parole in fatti.
Tutto ciò mentre intorno a lui la situazione economica e sociale del Paese si andava aggravando di giorno in giorno, con una disoccupazione galoppante, con imprese allo stremo, con la povertà che si propagava a macchia d'olio.
E' sconcertante, ma non ricordo una sola iniziativa del governo Letta, un solo colpo di reni per affrontare con risolutezza ed impegno uno dei tanti problemi che affliggono il Paese.
La stessa "legge di stabilità", in fase di approvazione da parte delle Camere, è un coacervo di provvedimenti scialbi.
Ancora oggi, rispondendo ai giornalisti, Letta ha affermato che il suo compito è quello di "tenere i conti in ordine", esattamente come un qualsiasi travet avrebbe risposto a chi gli avesse chieste notizie del suo lavoro.
Ma c'è un'altra caratteristica che accomuna l'atteggiamento del travet con quello del nostro Capo del Governo.
Mentre esegue con diligenza i suoi compiti, il travet pensa soltanto a conservare il suo posto di lavoro fino al giorno dell'agognata pensione.
Ebbene, Letta vive la stessa ansia del travet.
Perché Letta vive ogni giorno con la paura di essere sloggiato da Palazzo Chigi prima di poter essere lui a gestire il semestre di presidenza europea; per questo si destreggia nel governare senza infamia e senza lode pur di evitare lo sgambetto di questo o di quello.
Già, perché c'è un particolare in cui Letta si differenzia dal travet.
Enrico Letta, infatti, a differenza del travet, è mosso da una sfrenata ambizione personale.
Vuole approfittare di questa irripetibile occasione per accreditarsi con una immagine internazionale di uomo politico, e perché no anche di statista.
Da quando si è insediato a Palazzo Chigi, infatti, ha trascorse più ore in giro per il mondo per rilasciare interviste, dissertare sui macrosistemi, fare comparsate televisive, che non a presiedere il Consiglio dei Ministri per risolvere i problemi del Paese.
Nel frattempo ... il Paese va a rotoli !
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