Ogni giorno di più
mi rendo conto che questo non è il Paese in cui avrei voluto trascorrere la mia
vecchiaia e nel quale potessero vivere il loro futuro i miei figli e nipoti.
Riflessione amara, non
dettata da una improvvisa botta di pessimismo, ma alimentata quotidianamente da
ciò che accade sotto il cielo del nostro Bel Paese.
Mi piacerebbe pensare
che sia solo un periodo particolarmente sventurato, poi però volgo lo sguardo verso
chi dovrebbe farci uscire da questa melma ed il pessimismo si trasforma in angoscia.
Il degrado morale,
politico, culturale che ha ghermita la nostra società come i tentacoli di una
piovra negli ultimi venti anni, è così diffuso e tollerato da non provocare neppure
indignazione.
Oddio, non che i
primi quaranta anni della nostra storia repubblicana siano trascorsi senza degenerazioni,
ambiguità, misteri ed ombre, sulle quali un giorno, forse, sarà fatta luce.
Sono stati anni,
però, in cui il Paese si è risollevato dalle macerie di una guerra perduta, c’era
fiducia nelle istituzioni, lo sviluppo economico offriva opportunità di lavoro
consentendo a milioni di italiani di vivere un periodo di benessere almeno materiale.
Accoccolatosi su
queste concretezze, agli inizi degli anni '90 il Paese è stato scosso dal ciclone di “tangentopoli” che ha messo a nudo
il malaffare, non solo politico, che si era consolidato negli anni.
Sarebbe stato logico
attendersi che dalle nuove macerie, questa volta di “tangentopoli”, il Paese sapesse trarre stimolo e determinazione
per una nuova rinascita.
Invece no ! Lo sdegno
popolare per gli scandali di “mani
pulite” è stato soffocato da scaltri mistificatori che, poco a poco, sono
riusciti a far passare l’idea che la magistratura avesse sbagliato a
contrastare il malaffare perché corruzione, immoralità, disonestà, sono componenti ineluttabili del
nostro tempo.
Una logica farneticante
che ha reso possibile l’accesso alle stanze del potere di corrotti e
corruttori, indagati e pregiudicati, mafiosi e collusi, e via dicendo.
Da allora la legge non è
stata più uguale per tutti perché con la scappatoia delle “leggi ad personam” i potenti si sono presi gioco della giustizia.
La magistratura,
mortificata e derisa, ha smarrita più volte la sua autorevolezza ed
indipendenza lasciandosi sballottare dallo stormire del potere.
La cura dei governanti
per i loro interessi personali ha messo in secondo ordine i bisogni della gente,
trascinando il Paese in una crisi dagli effetti devastanti.
Questo andazzo non
poteva che far vacillare la fiducia nelle istituzioni, cedendo campo a
movimentismi disfattisti capeggiati da personaggi grotteschi, incapaci e
sconclusionati.
Il Paese sta vivendo,
perciò, una stagione di anarchia morale, culturale e politica che genera sgomento,
insicurezza, avvilimento, disperazione.
È in questo clima
anarcoide che si colloca, ad esempio, la reazione inquietante di Luigi de
Magistris, un ex-magistrato condannato ad un anno e tre mesi per concorso in
abuso di ufficio.
De Magistris,
infatti, non solo non riconosce la sentenza di condanna ma ha lanciate invettive
indecorose contro i suoi ex colleghi che lo hanno processato.
Evidentemente De
Magistris, quando è entrato a far parte dell’Ordine Giudiziario, era poco consapevole
e sincero nel prestare il suo giuramento, se oggi disconosce le leggi dello
Stato, e non accetta che la “legge
Severino” lo sospenda dal mandato di Sindaco di Napoli.
Altro squallido
esempio di questa trista stagione ce lo propone Francesco Schettino, responsabile
del naufragio della Costa Concordia e della morte di 32 passeggeri.
Questo individuo non
solo non è in galera, ma da libero cittadino è ospite d’onore di ricevimenti e
banchetti, ed è stato perfino invitato dall’Università La Sapienza di Roma a
tenere una lectio agli studenti sulla
“gestione del panico”.
Se tutto ciò non
fosse ignominioso potremmo sorridere al pensiero che l’Università La Sapienza, per
tenere una lectio sulla “gestione del panico”, abbia invitato proprio
Schettino, cioè colui che ha dimostrata tutta la sua codardia abbandonando, tra
i primi dopo il naufragio, la nave di cui era il comandante, disonorando così
la marineria e le sue leggi.
Poiché, però, in
questa stagione indecorosa di anarchia morale può accadere di tutto, ecco che mentre
Schettino se la gode tra festini e lectio,
gli strali dell’iniquità si abbattono sul Comandante De Falco.
Sì, proprio quel
Comandante De Falco che. la notte del disastro della Costa Concordia, rivolse a
Schettino il celebre e perentorio ordine “torni
subito a bordo, cazzo!”.
Ebbene, colpevole di
aver organizzati e coordinati i soccorsi ai naufraghi della Costa Concordia, salvando
così quattromila vite umane, il Comandante De Falco è stato rimosso dai compiti
operativi e relegato in un ufficio amministrativo.
Insomma, in questa
stagione di anarchia morale, culturale e politica il succo amaro è che se vuoi
essere considerato ed avere successo devi per forza delinquere.
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