A Enrico Letta è stata sufficiente una frequentazione di
pochi mesi con i compari di governo del PdL, per diventare anche lui un
cacciaballe, avvalorando così il detto che chi va con lo zoppo impara a
zoppicare.
Dopo il discorso d’insediamento alla Camera, del 29
aprile, per presentare quello che avrebbe dovuto essere il “governo al servizio dell’Italia”, nel giro di poche settimane Letta
è riuscito, di fatto, a trasformarsi nel Presidente di un “governo al servizio del PdL”.
Che fine hanno fatto tutti gli impegni che costituivano
l’ossatura programmatica di quel pregevole discorso?
Come non ricordare, ad esempio, l’enfasi con cui Letta
parlò, alle Camere, dell’emergenza lavoro, affermando con forza: “è e sarà la prima priorità del mio governo”,
ed assicurando in suo impegno: “anzitutto
a ridurre le tasse sul lavoro, in particolare su quello stabile e quello per i
giovani neo assunti”.
Nella stessa occasione manifestò il suo rammarico perché “tanti cittadini e troppe famiglie sono in
preda alla disperazione ed allo scoramento”.
Purtroppo, trascorsi ormai quattro mesi da quel giorno, i
mali che affliggono il Paese sono rimasti al palo.
Le imprese sono sempre più in difficoltà, molte
falliscono, la disoccupazione continua ad aumentare.
La disoccupazione giovanile ha ormai raggiunto la
spaventosa soglia del 40%.
I dati ISTAT testimoniano che gli italiani in stato di
povertà relativa hanno già superati i dieci milioni, mentre sono più di cinque
milioni quelli in stato di povertà assoluta, ed a vivere questa angosciosa
condizione non sono solo disoccupati e precari ma anche operai e pensionati,
impiegati e lavoratori autonomi.
Per questo, dopo quattro mesi, è legittimo domandarsi che
fine abbia fatto, ad esempio, la riduzione delle tasse sul lavoro, presupposto necessario
per dare ossigeno alle famiglie, incentivare l’occupazione soprattutto
giovanile, rilanciare i consumi.
La scusa ricorrente è che il governo dispone di risorse scarse,
da utilizzare con oculatezza, scegliendo dove e come impiegarle per il bene del
Paese.
Ora, per carità, che le risorse disponibili siano
limitate è un dato di fatto, ma proprio per questo perché non destinarle all’emergenza lavoro, al quale Letta aveva dato così tanto
rilievo da indicarla come “la prima
priorità del mio governo”?
Invece no!
Per Letta ed il suo governo la priorità è diventata la
cancellazione dell’IMU, solo per dare soddisfazione a Berlusconi, Alfano,
Brunetta & Co., e permettere loro di strombazzare ai quattro venti che
avevano onorato l’impegno preso in campagna elettorale.
Una scelta insensata, in palese contrasto con obiettivi
di giustizia sociale e tutela del lavoro che erano le linee guida del programma
presentato alle Camere.
Una scelta sconsiderata ed ancora più inopportuna in un
momento di così grave sofferenza del Paese.
Così, mentre Berlusconi, Alfano, Brunetta, Santanchè,
Schifani si pavoneggiavano in TV del successo ottenuto, Letta si vedeva costretto
a turlupinare gli italiani, emulando i cacciaballe del PdL.
Ha esordito con la più colossale delle balle: “l’IMU scomparirà dal vocabolario italiano e
non sarà sostituita da altre tasse”.
Fantastico, avranno pensato in molti!
Poi, sempre più numerosi si saranno domandati: ma allora che
cos’è la “Service Tax”, che gli italiani dovranno pagare dal 2014? Forse una nuovo
gioco di società?
La verità è che Letta non dice agli italiani che, con la “Service
Tax”, l’IMU cambia nome e si chiamerà “Tasi”, e che dal 2014 la pagheranno tutti
i proprietari di casa, ma anche sei milioni di cittadini che sono in affitto.
Dopo che il decreto è stato pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale ci si è imbattuti, però, in altre amare sorprese.
Si è scoperto, ad esempio, che, per finanziare l’abolizione dell’IMU,
sono stati tagliati i fondi destinati ad investimenti e manutenzioni della rete
ferroviaria, tanto si sa che solo pendolari e poveracci usano i treni e, se
qualche incidente ferroviario li coinvolgerà, non sarà la fine del mondo.
Oppure è venuto fuori che si è dato un bel taglio alle
risorse destinate alla lotta all’evasione fiscale (con gran gioia del PdL!).
Così come è stato ridotto il potenziamento degli organici
delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco.
Ma il vero gioiello d’ipocrisia è stato il taglio, di 250
milioni, dei fondi per l’occupazione, alla faccia dell’emergenza lavoro
indicata come priorità!
Ma, la lettura del decreto riserva un altro regalo per
gli italiani.
Tra le righe, infatti, è stata inserita una “clausola di
salvaguardia” in forza della quale, se saranno insufficienti le risorse per
coprire il mancato gettito dell’IMU, il governo interverrà aumentando le
accise, ad esempio, su benzina e gasolio, cioè nuovi balzelli che graveranno sempre
e solo sulle nostre tasche, perché, comunque, loro, quelli della casta, viaggiano
gratis sulle auto blu.
Come
non chiedersi a questo punto: ma Letta c’è o ci fa?
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