In
queste ore, assistendo alla bagarre, inscenata dai pidiellini dopo che la
Giunta del Senato ha deciso il voto palese sulla decadenza di Berlusconi, ho
ripensato alla celebre frase che Shakespeare fa pronunciare a Marcello
nell’atto I, scena 4 dell’Amleto.
Parafrasando,
infatti, l’espressione shakespeariana non ho potuto fare a meno di domandarmi: “c’è del marcio in Parlamento?”.
Da
sempre, considero una vergogna che i parlamentari possano nascondersi dietro al
voto segreto, negando così agli elettori il diritto di conoscere come si
comportano i loro rappresentanti, ma non è questo il motivo della domanda che
mi pongo ora.
Né
trovo interessante addentrarmi nei regolamenti parlamentari, o tentare di
comprendere perché i regolamenti di Camera e Senato debbano prevedere modalità
diverse per il voto segreto o palese.
Sarei
curioso, invece, di capire cosa ci sia, in realtà, dietro le scomposte reazioni
con cui il PdL ha accolta la decisione
della Giunta.
Se
fossi malizioso potrei essere indotto a pensare che la scelta del voto palese
abbia rotte le uova nel paniere a qualche macchinazione che i berlusconiani, e
non solo loro, avevano predisposta.
Potrebbe
essere, ad esempio, che Verdini, Schifani, Santanchè, Brunetta ed altri, si
siano resi conto che con il voto palese falliranno i cospicui investimenti fatti
per comprare i voti di quei quaranta senatori che avrebbero dovuto salvare
Berlusconi.
Oppure,
potrebbe anche darsi che alcuni senatori del PD e di Scelta Civica, per colpa
del voto palese, non potranno fare i franchi tiratori per evitare la decadenza
di Berlusconi.
Certo
è che, in Senato, se bastasse il ricorso al voto palese per buttare all'aria
inciuci e intrichi … allora sarebbe confermato che “c’è del marcio in Parlamento”, e questa volta senza il punto
interrogativo.
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