Allo Stadio di San Siro,
durante i preliminari della partita di calcio Italia-Germania, il consueto drappello
d’inutili idioti ha pensato bene di fischiare l’inno tedesco.
Sono certo, ad ogni buon
conto, che la giornata di venerdì 15 novembre 2013 non sarà ricordata per questa
ennesima manifestazione d’imbecillità collettiva.
Ho idea, piuttosto, che la
giornata sarà rievocata come il “division’s
day” dello scenario partitico italiano.
Per una coincidenza, che oserei
definire non casuale, nelle stesse ore hanno vissuta la loro
scissione due delle tre formazioni politiche che sostengono il governo delle “larghe intese”.
Poche ore prima del
Consiglio Nazionale del “Popolo della Libertà”, convocato per decidere la
riesumazione di Forza Italia, Angelino Alfano, ed una cinquantina di parlamentari
pidiellini, hanno formalizzata la loro decisione di non traslocare in Forza
Italia.
Formeranno autonomi gruppi
parlamentari sotto il nome di “Nuovo Centrodestra”,
sempre che il finiano Italo Bocchino, titolare del marchio “Nuovo Centrodestra”, registrato già nel maggio 2011, ne conceda loro l’utilizzo.
Il Consiglio Nazionale del “Popolo della Libertà”, come previsto, ha
approvato il passaggio a Forza Italia non prima, però, di aver dovuto assistere
alla sceneggiata del solito malore ad effetto di Berlusconi, assistito sul
palco dal suo medico di fiducia, Zangrillo, e da
Renato Brunetta che gli teneva amorevolmente la mano.
Aldilà dell’aspra conflittualità
tra colombe e falchi, o governativi e lealisti che dir si voglia, la vera causa
della rottura va ricercata nella diversa scelta di assicurare la governabilità
del Paese, invece di consentire che la decadenza da senatore del pregiudicato
Berlusconi spingesse nel caos il Paese.
Nelle stesse ore in cui si
attuava lo strappo nel PdL, i rappresentanti di Scelta Civica erano riuniti in
Assemblea per decidere sul futuro del movimento e dell’alleanza con l’UdC.
All’Assemblea, Scelta
Civica è arrivata martoriata dai contrasti, sempre più evidenti, tra i “montiani”, intenzionati a portare
avanti il progetto riformista ispiratore del movimento, ed i “popolari”, sostenitori, invece, del
ritorno alle logiche vecchie di una politica ottusa, priva di una visione progettuale
sul futuro del Paese.
Abbandonando con
ostentazione l’Assemblea, i “popolari”
hanno sancita, di fatto, la scissione.
La contestualità, però, di
questi accadimenti stimola qualche riflessione, ma soprattutto giustifica qualche
sospetto.
Ad esempio, è quantomeno peculiare
che tra i più attivi promotori, di entrambe le scissioni, campeggiassero personaggi di
“comunione e liberazione”, la consorteria
bianca degli affari.
Così come desta curiosità
che, tra le file degli scissionisti, ci siano molti ex democristiani, probabilmente
ancora nostalgici della balena bianca.
Come non riflettere, anche,
sulle assidue frequentazioni che alcuni dissidenti hanno avuto, nelle ultime
settimane, con gli esponenti di UdC, Casini e Cesa ?
Proprio Casini e Cesa,
eletti in Parlamento solo grazie alla benevolenza, a dir poco incauta, di Mario
Monti dal quale, però, hanno prese le distanze, con animosità, non appena assicuratesi
le poltrone parlamentari.
Vuoi vedere che dietro la manfrina
di queste scissioni c’è la regia di un noto veterano marpione della politica ?
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