Assistendo allo
streaming dell’incontro tra la delegazione del M5S e quella del PD, capitanata
da Matteo Renzi, mi è sembrato che, aldilà delle scontate parole di
compiacimento, Renzi si trovasse a disagio.
A metterlo in difficoltà,
forse, l’incertezza del suo ruolo in quei momenti.
Probabilmente era lacerato
da un dilemma: ma a questo incontro sto partecipando come segretario del PD
oppure come Presidente del Consiglio ?
Una perplessità tutt’altro
che banale, proprio per la diversa risonanza che i suoi atteggiamenti e le sue parole
avrebbero avuto sulla scena politica.
Renzi, cioè, era in
difficoltà per il timore di dire o fare qualche ammissione o concessione, al
M5S, che risultasse indigesta al suo sodale e partner Berlusconi.
Infatti, per tutto
il tempo l’ombra del “patto del Nazareno”
ha aleggiato su Renzi fino a rendere le sue parole stucchevoli, da un lato, e
sfuggenti, dall’altro.
Ad esempio, mi è sembrato
fastidioso ed irritante che Renzi abbia ripetuto ai rappresentanti grillini, come un mantra, che la nuova legge elettorale dovrà garantire la “governabilità”.
Mi sembra
inevitabile che risulti fastidioso ed irritante chiunque voglia prendere per i
fondelli gli italiani raccontando loro la favola della “governabilità”.
Ora, Renzi ripete a
pappagallo che, per lui, è irrinunciabile poter conoscere, poche ore dopo la
chiusura dei seggi, chi abbia vinte le elezioni, e fino a qui nulla da eccepire.
Chiunque abbia un po’
di buon senso, però, può rendersi conto che Renzi sia in stato
confusionale quando pretende di far credere che la “certezza della vittoria elettorale” produca come effetto garantito la “governabilità”.
Può darsi che, su questa ambiguità non semantica ma sostanziale, anche Renzi nutra qualche inconfessata
perplessità se, alle reiterate osservazioni con cui Di Maio lo incalzava, è
sgusciato via senza mai rispondere.
D’altra parte anche lui sa che, da
che mondo è mondo, le elezioni le ha sempre vinte il partito od il candidato che
ha ottenuto un voto in più dei suoi contendenti.
Perfino in Italia questo
è potuto accadere in tutte le tornate elettorali, politiche, amministrative,
europee, a dispetto dei miscredenti.
E’ altrettanto vero,
però, che in Italia non sempre la vittoria elettorale abbia garantita al vincitore la
possibilità di governare stabilmente.
È stato così per il
primo Governo Berlusconi (10 maggio 1994 – 17 gennaio 1995), per il primo Governo Prodi (18 maggio 1996 – 21 ottobre 1998), per il secondo Governo Prodi (17 maggio 2006 – 7 maggio
2008), per il quarto Governo
Berlusconi (7 maggio 2008 – 16 novembre 2011).
La storia documenta,
cioè, che a causare la “non
governabilità” non siano state le leggi elettorali, bensì le coalizioni messe
insieme soltanto per fare massa critica, senza il collante di valori e
programmi comuni.
Poiché anche l’Italicum prevede la partecipazione
di coalizioni elettorali, quanti ancora si ostinano ad accreditare l’Italicum della garanzia di “governabilità”, dimostrano di essere in
malafede, oppure di possedere uno scarso quoziente intellettivo.
Si è in presenza,
tra l’altro, di una legge elettorale che, oltre a dare il via libera a raffazzonate coalizioni ed a sconsiderati premi di maggioranza, espropria l’elettore del diritto sacrosanto di scegliere con
le preferenze i propri rappresentanti.
Ciò nonostante,
però, Renzi sembra non poter fare a meno di esibirsi in fregnacce come la “governabilità”, pur di difendere l’Italicum che Berlusconi gli ha dettato,
parola per parola, nel loro tête-à-tête al Nazareno.
Ecco perché, preso
in contropiede dal M5S, Renzi ha accettato il confronto con i pentastellati sulla
legge elettorale solo per non sputtanarsi dopo che, urbi et orbi, aveva proclamato di voler fare le riforme con la
partecipazione di tutti.
Il suo imbarazzo,
però, di fronte alle proposte della delegazione pentastellata è apparso
evidente.
Renzi era angosciato
dalla preoccupazione che ogni sua apertura, pur minima, al M5S avrebbe scatenate le
ire di Berlusconi e dei suoi lacchè.
Il che, del resto, si
è verificato puntualmente.
Anche per questo non sono necessarie doti di chiaroveggenza per prevedere che il confronto tra PD,
Renzi ed il M5S, sul percorso delle riforme, si sia esaurito in realtà ancor
prima di iniziare.
Tra le pieghe del “patto del Nazareno”, infatti, potrebbero esserci intese in grado di condizionare la libertà e le scelte di Renzi anche come capo del
governo.
E’ facile prevedere, perciò, che ad approfittare di
questo pastrocchio sarà Beppe Grillo che, ancora una volta, non si lascerà
sfuggire l’occasione per vomitare nuovo fango su Renzi e sui fumosi accordi che
lo legano a Berlusconi ed a Forza Italia.
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