Come deciso dai
ministri degli esteri dell’UE, nell’incontro del 15 agosto, le commissioni
esteri e difesa, del Parlamento italiano, hanno votato a favore dell’invio di armi
ai peshmerga curdi, impegnati nel contrastare l’avanzata degli jihadisti.
Per annunziare la lieta novella Matteo Renzi si è
precipitato a Baghdad e poi a Ebril con un biglietto di andata e ritorno a
bordo di un aereo di Stato.
Che l’ISIS agisca in modo infame, turpe, spregevole,
spietato, disumano, è un dato di fatto, e la bestiale decapitazione del
reporter statunitense James Floey ne è solo l’ultima conferma.
Aiutare, con l’invio di armi, coloro che combattono così tanta
efferatezza potrebbe avere, perciò, anche una ovvia giustificazione.
Per lo Stato italiano, tra l’altro, l’intervento per di
più sarà a costo zero perché, a quanto si apprende, ai curdi saranno inviate
armi e munizionamenti, di fabbricazione ex-sovietica, sequestrate
circa venti anni fa durante il conflitto dei Balcani.
C’è da augurarsi, per la incolumità dei peshmerga, che di
questi armamenti, accatastati da tempo nei depositi dell’esercito, ne venga almeno
verificato lo stato di efficienza prima di spedirli.
Non credo, comunque, che fornire armi sia il modo migliore
per dare soluzione alle violente turbolenze che interessano l’intera area
mediorientale, e da settimane anche la Libia.
Sembra che le diplomazie occidentali si muovano per
emotività, in modo estemporaneo, senza una strategia.
Qualche mese fa, infatti, al diffondersi della notizia che
forse, in Siria, al-Assad stesse facendo uso di armi chimiche nella lotta agli oppositori
del regime, molte diplomazie europee ventilarono come ipotesi la fornitura di
armi agli antigovernativi.
Gli Stati Uniti arrivarono perfino ad inviare, nelle
acque antistanti la Siria, la portaerei Eisenhower pronta ad intervenire per
bombardare gli arsenali chimici.
L’ONU, turbato dalle notizie di centomila morti e di
decine di migliaia di feriti, vittime civili della violenta repressione governativa,
adottò le consuete inutili risoluzioni di condanna.
E’ stato sufficiente, però, che al-Assad consegnasse le
armi chimiche per la loro distruzione, perché più nessuno parlasse di
detronizzare al-Assad, e finisse nel dimenticatoio la guerra civile che in
Siria continua ancora oggi a fare strage soprattutto di civili.
Fortuna volle che al proposito di fornire armi agli
oppositori del regime non fu dato seguito, altrimenti molte di quelle armi
sarebbero finite anche nelle mani di una fazione della galassia oppositrice di al-Assad,
quella degli jihadisti, cioè gli stessi contro i quali oggi si decide di armare
i curdi.
Ancora una volta tanta ipocrisia e superficialità nell’opera
delle diplomazie, ipocrisia e superficialità che si stanno riproponendo nella
gestione della crisi ucraina che miete ogni giorno vittime civili nella guerra
di Kiev contro i separatisti filorussi, peraltro sostenuti, armati e finanziati
da Vladimir Putin.
Ebbene, cosa sono state capaci di partorire fino ad oggi le
diplomazie occidentali di fronte al conflitto ucraino ?
Niente più che adottare sanzioni contro la Russia,
abdicando ancora una volta al loro ruolo di mediazione per evitare spargimenti
di sangue che alla fine, chiunque vinca, finiranno per insinuare nella gente
sentimenti di odio e di vendetta.
Perché, ad esempio non lavorare per promuovere un accordo
che offra alle popolazioni, di madrelingua russa, di decidere del loro futuro
attraverso un referendum popolare, gestito e controllato da un organismo
neutrale ?
Si tratterebbe, in pratica, di replicare con maggiori garanzia quanto già
avvenuto in Crimea dove, il 16 marzo 2014 la popolazione ha scelto, attraverso
il referendum, di diventare parte integrante della Federazione Russa.
Da quando le diplomazie occidentali si sono adeguate alla
diabolica idea di George W. Bush di “esportare
la democrazia”, la destabilizzazione ha colpite molte aree del pianeta.
Certamente Saddam Hussein, così come Mu’ammar Gheddafi
erano dittatori spietati e sanguinari che avevano sottomessi i loro paesi con
la violenza e la paura, ma dopo la loro caduta ciò che sta accadendo in Iraq e
Libia è sotto gli occhi di tutti.
Nessuno può affermare, oggi, che in questi paesi abbia
avuto successo l’esportazione della democrazia, anzi.
Può darsi che io abbia un concetto un po’ retrò della diplomazia,
perché mi aspetto di riscontrare, nel suo operare, avvedutezza, equilibrio, discrezione,
tatto, equità di giudizio.
E questo mi induce anche ad essere indisponente e provocatorio.
Ad esempio mi domando: forse gli oltre 400 bambini
palestinesi morti sotto le bombe dei raid israeliani avevano minori diritti di
essere protetti rispetto ai bimbi iracheni massacrati dagli jihadisti?
Ed inoltre: perché le diplomazie dell’UE non hanno sentito
il bisogno di condividere anche la decisione di inviare ai palestinesi armi
antiaeree ed anticarro per contrastare i raid israeliani che hanno distrutti senza
distinzioni asili ed ospedali, scuole dell’ONU ed abitazioni civili, uccidendo oltre 2.000 civili ?
Ed
infine: al servizio di chi sono le diplomazie dell’UE ?
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