Erano mesi, ormai, che chiunque
avesse osservato con un po’ di attenzione quanto stava accadendo in Scelta
Civica, avrebbe potuto intuire che il giocattolo stava per rompersi.
Un rischio, quello della rottura,
che ha accompagnata Scelta Civica fin dal momento della sua nascita, quando,
cioè, è mancato il coraggio di fare scelte coerenti con la volontà dichiarata di
offrire agli elettori una proposta capace di “trasformare i contenuti e lo stile della politica italiana”.
Non bisognava essere navigati
conoscitori degli usi e costumi della politica italiana per rendersi conto che
l’inesperienza politica di Mario Monti, insidiata per di più dagli interessi personali
di inaffidabili consiglieri, avrebbe esposto il movimento al pericolo di finire
sulle secche.
Pur non essendo un
chiaroveggente, già nel mese di gennaio, in questo blog, manifestavo alcune
perplessità che sintetizzavo parlando di “peccato
originale di Scelta Civica”.
Mi chiedevo, ad esempio,
come fosse realistico pensare di dare attuazione all’impegnativa “Agenda Monti”, che non conteneva solo un
progetto riformista, ma proponeva idee destabilizzanti per uno scenario
politico ormai avvizzito, contrassegnato da immobilismo e rifiuto del cambiamento.
Avevo pensato, allora, di
trovare risposta, ai miei dubbi, nell’impegno di Monti ad attivare un processo
di selezione dei candidati che mirasse soprattutto a puntare su persone che
avessero maturate esperienze nella società civile, lasciando fuori dai giochi i
soliti professionisti della politica.
Una ipotesi, questa, ben
presto smentita dai fatti.
In realtà, Scelta Civica,
che mirava a proporsi come protagonista del rinnovamento, aveva finito per
cedere, inspiegabilmente, agli adescamenti di alcuni scafati mestieranti della
politica italiana.
Scelta Civica si è lasciata
convincere, così, a prenderli a bordo, senza rendersi conto che avrebbe avuto a
che fare con tizi, ormai decaduti ed invisi all’elettorato, preoccupati solo di
imbarcarsi su un vascello che assicurasse loro ancora una poltrona in
Parlamento.
Individui avvezzi, tra
l’altro, a tramare ed a far uso di ogni espediente pur di ottenere tornaconti
personali.
Questo “peccato originale” è costato caro a Scelta Civica già nelle urne,
il 24 e 25 febbraio, avendo delusi molti potenziali elettori.
Non solo, ma dalle urne, è uscita
una rappresentanza parlamentare, di Scelta Civica, disarmonica controfigura di ciò
che Mario Monti aveva immaginato.
Il risultato: personaggi
desiderosi di riformare la politica, di condurre il Paese verso il salto di
qualità, di mantenere fede alla promessa di rinnovamento fatta agli elettori,
si sono trovati a convivere con individui portatori delle logiche di una
politica in caduta libera, sempre più detestata dai cittadini.
Inevitabile, perciò, che differenze
così profonde, nel modo di vivere la missione politica, provocassero contrasti
insanabili.
Una convivenza difficile, minimizzata
e sottaciuta troppo a lungo, colpevolmente.
Una convivenza impossibile,
favorita anche dall’incapacità di Scelta Civica di mantenere vivo un flusso comunicazionale
con l’opinione pubblica, che ha ricevute, perciò, solo avvisaglie di iniziative,
convegni e testimonianze difformi e stonate.
C’è chi, come Enrico Letta,
ha tratto vantaggio da questa vuoto informativo, ad esempio attribuendosi, sui
media, i meriti della chiusura della procedura d’infrazione per deficit
eccessivo, ottenuta, invece, solo grazie ai sacrifici che il governo Monti
aveva imposti ai cittadini.
Comunque, per mesi i
marpioni della politica, ospiti di Scelta Civica, hanno continuato con i loro
armeggi, pronti a zompare da una ciambella di salvataggio all’altra pur di
rimanere a galla.
Ancora una volta,
l’inesperienza ha trattenuto Mario Monti dall’affrontare il toro per le corna, dal
costringere i doppiogiochisti ad un confronto a muso duro, dall’espellerli
prima che la situazione degenerasse.
Ed è
proprio la mancanza di risolutezza che ha spinto Monti a dimettersi, esponendo Scelta
Civica ad un futuro incerto.
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