Se
volessi usare un linguaggio da caserma, avrei solo l’imbarazzo della scelta tra
diversi eloquenti modi di dire per spiegare cosa abbia indotto Berlusconi ad
un ennesimo plateale voltafaccia, ieri mattina, in Senato, mentre era in corso
la discussione sulla fiducia al governo Letta.
L’impressione
è che brividi di panico debbano avergli percorsa la schiena in quelle ore.
L’arrogante
spavalderia dell’ultima settimana si deve essere dissolta, all’improvviso, di
fronte allo spettro di un definitivo clamoroso tracollo.
Infatti,
non solo da lì a qualche giorno, la giunta del Senato ratificherà la sua
decadenza da senatore, ma, nel giro di qualche ora, anche il suo fallimento
politico sarebbe stato sotto gli occhi di tutto il mondo.
Dopo
aver tentato di mettere sotto scacco il governo Letta, prima con le dimissioni
in bianco dei parlamentari del PdL, e poi imponendo le dimissioni anche ai
ministri pidiellini, era oramai evidente che il governo Letta, grazie al manipolo di dissidenti, avrebbe ottenuta la fiducia e lui si sarebbe ritrovato estromesso definitivamente dai giochi.
E così, nonostante le reiterate minacce di fare lo sgambetto al governo, alla fine ha ordinato ai suoi lacchè di votare la fiducia.
Ma, a ferirlo profondamente nel suo orgoglio, è stata la consapevolezza
che la sua inossidabile leadership si stava sbriciolando.
Berlusconi
avrà mugugnato tra sé e sé, “Tu quoque,
Angelino, fili mi?”, pensando ai dissidenti che lo stavano abbandonando!
Non
vorrei scomodare la storia, ma gli accadimenti di questi giorni mi hanno
riportato alla memoria, come un flashback, anche un evento storico che ricordo
di aver studiato, a scuola, sui libri di storia.
Mi
riferisco ad una data storica per l’Italia, il 25 luglio 1943 quando Mussolini
convocò il Gran consiglio del fascismo per affrontare la difficile contingenza dello
sbarco in Sicilia degli alleati anglo-americani.
Quando
Mussolini terminò il suo discorso, prese la parola Dino Grandi che si limitò a
leggere un documento con il quale un gruppo di gerarchi dissidenti esautorava,
di fatto, Mussolini che, dopo qualche ora, veniva arrestato per ordine del Re.
Berlusconi,
come tutti i despoti inebriati di onnipotenza, ha smarrito il senso della
realtà, e non si è reso conto che intorno a lui montava una problematica inquietudine
sfociata, poi, in un vero e proprio dissenso.
Non
so se anche il 2 ottobre 2013 finirà sui libri di storia per ricordare la
sconfitta, dopo 20 anni, di un altro despota.
È certo,
però, che gli italiani sono stati costretti ad assistere ad un’altra ridicola
sceneggiata, contraddistinta dai soliti giochetti di una politica imbarazzante che,
di sicuro, non meriterà neppure un cenno sui libri di storia dei nostri figli e
nipoti.
2 commenti:
doveva dimettersi cosi usciva con un po di dignita.....fa pena.....ciaoooooooooo
Sono d'accordo sulla prima parte del tuo commento ... non di certo sul fatto che faccia pena !!!
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