All’inizio si era
presentato sul palcoscenico atteggiandosi a rottamatore per cambiare il
vecchiume della politica.
Dopo decenni di
indignazione per le nefandezze di ogni genere, commesse nei palazzi del potere, molti
italiani avevano sperato che Matteo Renzi fosse davvero il messia del rinnovamento,
cioè colui in grado di fare dell’Italia un paese normale.
È stato sufficiente,
però, che alle narici di Renzi salissero i primi effluvi del potere perché, inebriato,
riponesse i propositi di cambiamento nelle cantine del palazzo.
Così, da un giorno
all’altro per Renzi l’inciucio è diventato prassi politica, il confronto
democratico un orpello di cui fare a meno, l’etica è ridotta a slogan da
usare solo alla Leopolda, il Manuale Cencelli è la norma perfetta per dispensare
poltrone, e via dicendo.
Percezione esagerata
e troppo severa ?
Forse che non puzzi
di inciucio, la nuova legge elettorale concertata nel chiuso di una stanza tra Renzi
e Berlusconi ?
E non è, forse, negazione
del confronto democratico la decisione di blindare la legge elettorale, imponendo
al Parlamento di votarla così com’è … altrimenti “salta tutto” ?
E nella formazione
della compagine di governo non è evidente, a tutti, che i ministri siano stati scelti
non in base alle loro capacità e competenze, ma piuttosto con la formula
algebrico-deterministica del “Manuale
Cencelli” ?
Sciaguratamente, anche
le ingenue speranze di rinnovamento morale della classe politica sono state
frustrate due settimane dopo la fiducia accordata, al governo, dal Parlamento.
Eppure, Renzi sembrava
attento allo sconforto disperato degli italiani che, ogni giorno, vengono a sapere, dalla
Magistratura, dell’uso illecito del denaro pubblico che fanno i politici nelle
amministrazioni locali.
Dopo che a gennaio c’era
stato il rinvio a giudizio per peculato del presidente della Regione Piemonte,
Roberto Cota, e di 39 consiglieri, è di queste ore la notizia che la Procura di
Milano si appresti a chiudere l’indagine su “accattopoli”
ed a chiedere il rinvio a giudizio di 64 consiglieri ed ex consiglieri della
Regione Lombardia.
Sono solo gli ultimi
casi della sequela di politici che, pur beneficiando di stipendi mensili di
10.000 euro a carico della collettività, sono stati pizzicati a far man bassa di
soldi pubblici per spese a dir poco atipiche: dal gratta e vinci alle mutande
verdi, dal cappuccino e brioche ai fuochi d’artificio, dalle cartucce da caccia
a salumi e formaggi, dai cioccolatini ai conti del gommista, dalla nutella alle
libagioni nei pub, dai fasulli diplomi di laurea ai gioielli, e così via.
Per questo gli
italiani si sarebbero attesi, da Matteo Renzi, che le sue scelte fossero
caratterizzate da segnali di risanamento dei costumi almeno nel suo governo, ad
esempio attorniandosi di individui al di sopra di ogni sospetto.
Invece, anche nella
scelta dei sottosegretari sembra che Renzi abbia volutamente ignorato l’impegno
moralizzatore assunto nella campagna per le primarie PD.
Così, anche il
rinnovamento etico è finito affossato dal rancidume politico al quale Renzi si
è prontamente conformato.
Ora, anche se è verosimile
che sia difficile individuare politici “puliti” nella folta schiera di pregiudicati,
condannati, rinviati a giudizio, indagati, tuttavia era ragionevole attendersi maggiore
oculatezza da Matteo Renzi.
Invece, a
sottosegretari del Governo Renzi, sono stati nominati quattro personaggi che, alla
luce dei fatti, di certo non possono essere al di sopra di ogni sospetto.
È il caso
dell’eurodeputata Francesca Barracciu che è stata nominata sottosegretaria al
Ministero dei beni culturali, nonostante, in Sardegna, sia indagata come
consigliera regionale per aver utilizzati ad uso personale i fondi pubblici del
suo gruppo.
Così come il
senatore Filippo Bubbico, confermato vice ministro degli interni, anche se sulla
sua testa penda il rinvio a giudizio per abuso
di ufficio.
Sottosegretario al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, invece, è stato nominato il deputato
Umberto Del Basso De Caro, indagato in Campania per peculato ed uso privatistico
dei fondi per il funzionamento dei gruppi regionali.
Infine, a
sottosegretario del Ministero della salute è assurto Vito De Filippo, già agli
arresti domiciliari come presidente della Regione Basilicata, perché indagato
per peculato nell’utilizzo dei rimorsi ai gruppi regionali.
A lasciare perplessi non è tanto lo spiccato attaccamento
alle poltrone di questi quattro soggetti che, ovviamente, si rifiutano di
rassegnare le dimissioni, ma piuttosto l’atteggiamento del Presidente del
Consiglio, Renzi, il quale non solo non rimuove dal loro incarico questi
sottosegretari, ma anzi li protegge, facendosi beffe del proclamato rinnovamento
etico della politica.
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