Come da programma, a
mezzogiorno di ieri l’accoppiata dei due Renati, Brunetta e Schifani, è salita
al Colle per chiedere a Giorgio Napolitano che Silvio Berlusconi ritrovi quella
“agibilità politica” di cui l’ha privato, di fatto, la condanna definitiva
della Suprema Corte.
È probabile che i due personaggi si siano presentati al Capo dello Stato trascinando due voluminose valige.
Una contenente i 7.332.667 di schede elettorali che altrettanti cittadini hanno depositate nelle urne, il 24 e 25 febbraio, con la croce sul simbolo del PdL.
L’altra con dentro le dimissioni di ministri e sottosegretari PdL, rimesse nelle mani di Berlusconi perché ne faccia l’uso che vuole.
Non sapremo mai se Brunetta e Schifani avranno aperte le valige per fare pressione su Napolitano e coartarne la decisione.
Certo è che se avessero compiuto un atto così mafioso sarebbero incorsi nel reato di estorsione, contemplato dall’art. 629 del Codice Penale.
Spetterà, comunque, al Capo dello Stato, dopo l’incontro, fare le debite valutazioni e prendere le decisioni più opportune.
Però, premesso che non mi permetterei mai di suggerire a Giorgio Napolitano cosa fare o cosa dire, come un qualsiasi cittadino che si sia recato alle urne in febbraio, confiderei che, incontrando gli emissari del PdL, non gli siano sfuggiti 24.079.414 particolari per nulla trascurabili.
Di certo, infatti, Brunetta e Schifani si saranno presentati al Capo dello Stato come portavoce di quei 7.332.667 elettori che hanno dato il loro voto al PdL ed al suo leader Berlusconi, ed avranno fatto leva su questi numeri per fare pressione su Napolitano.
La realtà è che, purtroppo, nello splendido e solenne salotto del Quirinale, in cui sono stati ricevuti i due pidiellini, c’era un grande assente.
Non era presente, cioè, il portavoce di quei 24.079.414 cittadini che non solo non hanno votato per il PdL, ma che, anzi, con il loro voto speravano di rendere inoffensivo sulla scena politica l’ex premier Berlusconi.
Sono trascorsi poco più di cinque mesi e l’imbarazzante ex premier è diventato, da qualche giorno, addirittura un pregiudicato.
Con queste premesse il Capo dello Stato, prima di decidere, avrebbe il dovere di domandarsi come sarebbe accolto un qualsiasi provvedimento di clemenza, concesso a Berlusconi, dagli oltre ventiquattro milioni di elettori italiani che non erano rappresentati in quel salotto del Quirinale.
Di certo, pur essendo la stragrande maggioranza degli elettori, non minaccerebbero la guerra civile, come ha fatto il pidiellino Sandro Bondi, però nessuno impedirebbe loro di perdere la completa fiducia nelle istituzioni, a cominciare proprio dal Capo dello Stato, e di considerare la Carta Costituzionale ridotta ad un feuilleton.
Peraltro, a pensarci bene, qualsiasi beneficio Giorgio Napolitano concedesse, al pregiudicato Berlusconi, avrebbe un’efficacia effimera, valida cioè fino a quando in Cassazione non arrivassero le sentenze degli altri processi in cui Berlusconi è coinvolto.
Dovremmo assistere, perciò, ai continui pellegrinaggi al Colle di Brunetta e Schifani?
Non solo, ma se le mie reminiscenze leguleie non sono del tutto ottenebrate dalla senilità, in caso di eventuale nuova condanna definitiva, a Berlusconi verrebbe revocato anche l’indulto dei tre anni di cui gode con la condanna Mediaset passata in giudicato, per cui qualsiasi atto di clemenza di oggi risulterebbe vano.
A meno che, in previsione di questa eventualità, Napolitano non riscriva subito, di suo pugno, un nuovo codice penale ed un nuovo codice di procedura su misura per Berlusconi.
Ho troppa stima, però, di Giorgio Napolitano per pensare che possa prendere una decisione perché incantato dalle promesse del PdL di continuare a sostenere il Governo Letta.
Nelle ultime ventiquattro ore, infatti, Berlusconi è già passato dal proclama “elezioni a ottobre” alla dichiarazione “avanti con il Governo Letta”.
L’inaffidabilità di Berlusconi è proverbiale ed è chiaro che, ottenuta dal Capo dello Stato l’eventuale “agibilità politica”, nel giro di qualche giorno, o settimana, faccia saltare il banco per andare a nuove elezioni in autunno.
Comunque, non potrei concludere questa nota senza pormi una domanda sospettosa.
Ammesso che il Capo dello Stato arrivi ad escogitare una qualche forma di beneficio “ad personam” pur di garantire a Berlusconi la sua “agibilità politica”, questa opzione varrebbe automaticamente poi per i politici, di ogni parte, che, dopo una condanna definitiva, reclamassero, a loro volta, la “agibilità politica”?
Potrei fare un lungo elenco dei possibili candidati ma non vorrei approfittare del tempo di chi legge.
È probabile che i due personaggi si siano presentati al Capo dello Stato trascinando due voluminose valige.
Una contenente i 7.332.667 di schede elettorali che altrettanti cittadini hanno depositate nelle urne, il 24 e 25 febbraio, con la croce sul simbolo del PdL.
L’altra con dentro le dimissioni di ministri e sottosegretari PdL, rimesse nelle mani di Berlusconi perché ne faccia l’uso che vuole.
Non sapremo mai se Brunetta e Schifani avranno aperte le valige per fare pressione su Napolitano e coartarne la decisione.
Certo è che se avessero compiuto un atto così mafioso sarebbero incorsi nel reato di estorsione, contemplato dall’art. 629 del Codice Penale.
Spetterà, comunque, al Capo dello Stato, dopo l’incontro, fare le debite valutazioni e prendere le decisioni più opportune.
Però, premesso che non mi permetterei mai di suggerire a Giorgio Napolitano cosa fare o cosa dire, come un qualsiasi cittadino che si sia recato alle urne in febbraio, confiderei che, incontrando gli emissari del PdL, non gli siano sfuggiti 24.079.414 particolari per nulla trascurabili.
Di certo, infatti, Brunetta e Schifani si saranno presentati al Capo dello Stato come portavoce di quei 7.332.667 elettori che hanno dato il loro voto al PdL ed al suo leader Berlusconi, ed avranno fatto leva su questi numeri per fare pressione su Napolitano.
La realtà è che, purtroppo, nello splendido e solenne salotto del Quirinale, in cui sono stati ricevuti i due pidiellini, c’era un grande assente.
Non era presente, cioè, il portavoce di quei 24.079.414 cittadini che non solo non hanno votato per il PdL, ma che, anzi, con il loro voto speravano di rendere inoffensivo sulla scena politica l’ex premier Berlusconi.
Sono trascorsi poco più di cinque mesi e l’imbarazzante ex premier è diventato, da qualche giorno, addirittura un pregiudicato.
Con queste premesse il Capo dello Stato, prima di decidere, avrebbe il dovere di domandarsi come sarebbe accolto un qualsiasi provvedimento di clemenza, concesso a Berlusconi, dagli oltre ventiquattro milioni di elettori italiani che non erano rappresentati in quel salotto del Quirinale.
Di certo, pur essendo la stragrande maggioranza degli elettori, non minaccerebbero la guerra civile, come ha fatto il pidiellino Sandro Bondi, però nessuno impedirebbe loro di perdere la completa fiducia nelle istituzioni, a cominciare proprio dal Capo dello Stato, e di considerare la Carta Costituzionale ridotta ad un feuilleton.
Peraltro, a pensarci bene, qualsiasi beneficio Giorgio Napolitano concedesse, al pregiudicato Berlusconi, avrebbe un’efficacia effimera, valida cioè fino a quando in Cassazione non arrivassero le sentenze degli altri processi in cui Berlusconi è coinvolto.
Dovremmo assistere, perciò, ai continui pellegrinaggi al Colle di Brunetta e Schifani?
Non solo, ma se le mie reminiscenze leguleie non sono del tutto ottenebrate dalla senilità, in caso di eventuale nuova condanna definitiva, a Berlusconi verrebbe revocato anche l’indulto dei tre anni di cui gode con la condanna Mediaset passata in giudicato, per cui qualsiasi atto di clemenza di oggi risulterebbe vano.
A meno che, in previsione di questa eventualità, Napolitano non riscriva subito, di suo pugno, un nuovo codice penale ed un nuovo codice di procedura su misura per Berlusconi.
Ho troppa stima, però, di Giorgio Napolitano per pensare che possa prendere una decisione perché incantato dalle promesse del PdL di continuare a sostenere il Governo Letta.
Nelle ultime ventiquattro ore, infatti, Berlusconi è già passato dal proclama “elezioni a ottobre” alla dichiarazione “avanti con il Governo Letta”.
L’inaffidabilità di Berlusconi è proverbiale ed è chiaro che, ottenuta dal Capo dello Stato l’eventuale “agibilità politica”, nel giro di qualche giorno, o settimana, faccia saltare il banco per andare a nuove elezioni in autunno.
Comunque, non potrei concludere questa nota senza pormi una domanda sospettosa.
Ammesso che il Capo dello Stato arrivi ad escogitare una qualche forma di beneficio “ad personam” pur di garantire a Berlusconi la sua “agibilità politica”, questa opzione varrebbe automaticamente poi per i politici, di ogni parte, che, dopo una condanna definitiva, reclamassero, a loro volta, la “agibilità politica”?
Potrei fare un lungo elenco dei possibili candidati ma non vorrei approfittare del tempo di chi legge.
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