giovedì 27 febbraio 2014

A quando la ghigliottina per i dissidenti M5S ?

Non sono un telespettatore assiduo e se mi pongo davanti alla TV è principalmente per ascoltare notiziari e servizi di inchiesta.
Tuttavia, alcune volte, facendo zapping mi sono imbattuto in telefilm, a stelle e strisce, nei quali la polizia è sempre alle prese con bande di teppisti in lotta tra loro.
Mi è capitato, una volta, di assistere al ridicolo processo sommario al quale una banda stava sottoponendo un suo componente che aveva sgarrato, trasgredendo alle regole, paradossali e stolte, che la gang si era date.
Alla fine, il colpevole veniva espulso dalla banda con ignominia.
Spegnendo il televisore pensavo, tra me e me, che solo negli States potessero accadere farse di quel genere, quando all’improvviso, come in un flashback, mi sono ricordato di aver sentito parlare di buffonate del genere, anche nel nostro Paese.
Già, perché in realtà anche in Italia esiste una combriccola che, essendosi date regole grottesche e insensate, ne impone il rigoroso rispetto a tutti i suoi militanti, pena il rischio di incorrere in processi sommari diffusi, a volte, anche in streaming.
Mi sono tornati in mente, ad esempio, i ridicoli processi cui sono stati sottoposti i membri della combriccola che non erano stati in grado di esibire gli scontrini fiscali a giustificazione delle spese sostenute.
Perbacco, però, non custodire sotto chiave lo scontrino di un caffè è davvero una negligenza imperdonabile che merita senz'altro di finire sotto processo !
A destare, però, maggiori perplessità sono quelle norme del codice di comportamento che vietano agli affiliati di avere e di esprimere idee.
Agli affiliati, accuratamente acefali, è consentito, cioè, solo di vomitare villanie e volgarità contro chiunque non condivida il verbo delirante del loro invasato ed esagitato  stregone, il guitto genovese Beppe Grillo.
Credo sia chiaro, a questo punto, che ogni riferimento non è “puramente casuale”, ma volutamente e consciamente è al M5S.
Un movimento politico (?) così antidemocratico da prevedere un crimine previsto solo nei regimi totalitari, quello di “lesa maestà” per chiunque osi non solo criticare, ma perfino manifestare un pensiero che non sia in sintonia con ciò che fa, dice o pensa lo stregone genovese.
Al presunto reo di “lesa maestà” tocca la gogna ed è offerto, vittima sacrificale, agli affiliati che attraverso la pagliacciata di un “pubblico” processo possono condannarlo, almeno fino ad oggi, all’espulsione dal M5S, in attesa che lo stregone Grillo, con un editto motu proprio, introduca la ghigliottina.
È di questi giorni il processo per “lesa maestà” nei confronti di quattro senatori del M5S, i quali si sono presa la libertà di non condividere la buffonata messa in scena dallo stregone Grillo durante le consultazioni per la formazione del governo Renzi.
Oddio ! Bisogna riconoscere che i quattro “imputati” (Luis Alberto Orellana, Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino, Lorenzo Battista) hanno data prova di non essere proprio vispi e sagaci se, solo dopo mesi e mesi si sono resi conto di seguire il verbo di uno stregone, volgare, privo di ideali ed incapace di idee.
A questo punto la sorte dei quattro malcapitati è stata affidata ad alcune migliaia di grillini che, a mo’ di tribunale del popolo, via internet hanno ratificato il verdetto di espulsione.
Essendo, però, senatori della Repubblica Italiana, eletti dal popolo, in ogni caso potranno continuare a sedere sugli scranni del Senato e riconquistare il loro diritto di pensare e di parlare.
Una riconquista, quella del diritto di pensare e di parlare, che invoglierà, facile previsione, altri parlamentari grillini ad affrancarsi, prima o poi, dalla follia dello stregone, ma soprattutto dalla egemonia di Gianroberto Casaleggio che, in nome e per conto terzi, è il vero despota del M5S.

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