Si
è concluso, presso la Corte d’Assise di Firenze, dopo dodici ore di
camera di consiglio il processo di appello per il delitto Meredith.
I
due imputati, Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati condannati a 28 e 25 anni ed
i loro avvocati hanno già annunciato che ricorreranno in Cassazione.
In
attesa, perciò, del terzo grado di giudizio la sentenza di Firenze non è definitiva così, mentre la Knox vive da libera cittadina negli Stati
Uniti, a Sollecito è stato imposto solo il divieto di espatrio.
Poiché
non so nulla né delle prove e delle deduzioni prodotte dal Procuratore della
Repubblica, né delle arringhe pronunciate dal collegio difensivo, sarebbe
sciocco e sconsiderato, da parte mia, commentare la sentenza.
Vorrei,
invece, soffermarmi qualche istante sulle bizzarre ed incomprensibili astrusità
della giustizia italiana e dei magistrati chiamati ad applicare leggi e codici.
Raffaele
Sollecito, pur condannato in appello a 25 anni, in attesa del processo in
Cassazione vivrà libero con il solo obbligo, come già detto, di rispettare il divieto
di espatrio.
Per
questo, poche ore dopo la sentenza è stato raggiunto, da solerti funzionari
della Questura di Firenze, in un albergo di Venzone, cittadina friulana che la Comunità
Europea ha proclamato “villaggio ideale d’Italia”, dove gli hanno ritirato il
passaporto.
Ora,
è pur vero che in Italia esiste il sovraffollamento delle carceri ma vorrei
capire perché mai Raffaele Sollecito, colpito da una condanna in appello a 25
anni, sia libero mentre, al 31 ottobre 2013, dietro le sbarre vivevano 6.213
detenuti ancora in attesa del processo di appello e ben 4.350 in attesa del
processo in Cassazione.
Sarà
colpa della mia crassa ignoranza in materia ma non riesco a capacitarmi delle
arcane disparità tra condannati detenuti e condannati liberi.
Ma
ancor più, sempre per colpa della mia ignoranza, sono sconcertato dalla incomprensibile
mancata applicazione di un'altra sentenza.
Si
tratta, questa volta, di una sentenza definitiva, cioè emessa dalla Corte di
Cassazione e, perciò, non più appellabile.
Orbene,
nel nostro Paese c’è un pregiudicato che, sette mesi dopo la sentenza
definitiva emessa dalla Cassazione, non è stato ancora sottoposto ad alcuna
misura di restrizione della libertà.
Infatti,
senza impedimenti e senza limiti, si muove sul territorio nazionale (non può espatriare perché a lui, come a
Sollecito, è stato ritirato il passaporto) e, come se si trattasse di un
cittadino integerrimo, la magistratura lo lascia libero di svolgere le sue
attività, di rilasciare dichiarazioni ed interviste per denigrare giudici ed istituzioni,
di diffondere videomessaggi aberranti, di tenere comizi sulle pubbliche piazze,
di gozzovigliare con gli amici, e via discorrendo.
Come
se tutto ciò non fosse già abbastanza perverso, ed oltremodo irriguardoso per quei cittadini
che sono rispettosi di leggi e codici, compreso quello della strada, il
pregiudicato in questione è seguito in ogni dove, giorno e notte, da nutrite
scorte di agenti, posti anche a presidiare le sue residenze; agenti pagati,
ovviamente, dai contribuenti italiani.
Ora,
sarà pur vero che i legali di questo pregiudicato hanno inoltrata, alla
magistratura di sorveglianza, la richiesta di affidamento, del loro assistito, in prova ai servizi sociali, ma nel frattempo perché non viene sottoposto
a detenzione domiciliare ?
Evidentemente
… le leggi e la giustizia non sono uguali per tutti.
Ah ! Che sbadato ! Ho dimenticato di dire che il
pregiudicato a cui mi riferisco è Silvio Berlusconi.
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