Forgiando l’espressione
“repubblica delle banane” lo scrittore
americano O. Henry identificava una nazione politicamente instabile,
dove la corruzione fosse ampiamente diffusa ed il leader di governo fosse in
grado di favorire se stesso, amici ed amici degli amici, infischiandosi delle
leggi.
Una nazione soggetta,
inoltre, ad una forte ingerenza straniera, politica ed economica, esercitata
sia in modo diretto che attraverso il governo locale, e nella quale i membri
del parlamento fossero non solo corruttibili, ma chiamati in causa per
ratificare decisioni prese nelle stanze dei poteri finanziari o già concertate con
le lobbies.
Era il 1904 e, siccome non
era Nostradamus, O. Henry non poteva immaginare che la sua espressione si
sarebbe adattata, cento anni dopo, al nostro Paese.
Una raffigurazione accentuatasi
ancor più negli ultimi venti anni della storia repubblicana.
Ogni giorno, infatti, scorrendo le pagine dei quotidiani si incontrano mille e mille eventi e
situazioni che richiamano uno o più degli elementi distintivi indicati da O. Henry per una “repubblica
delle banane”.
Ad esempio, un Paese
nel quale la giunta della regione Piemonte ha potuto rimanere in carica e
governare, per quattro anni, nonostante fosse eletta con il sostegno di
una lista costellata di firme false e sebbene il responsabile della lista,
Michele Giovine, ne fosse uscito già condannato in via definitiva, per falsi
elettorali, a 2 anni ed 8 mesi di carcere.
Un Paese, l’Italia, arrendevole
nel tollerare che quattro agenti della Polizia di Stato, benché condannati con
sentenza definitiva a 3 anni e 6 mesi per l’omicidio colposo di un giovane di
diciotto anni, siano reintegrati nel corpo di polizia e tornino ad indossare
quella divisa che, per i cittadini, dovrebbe essere simbolo di protezione e
sicurezza.
Un Paese, l’Italia,
dove non ci si infuria se due carabinieri, infastiditi dalle insistenze di un cittadino, padre di una giovane scomparsa da mesi, che chiedeva di perseverare nelle
indagini, ed irritati per l’interesse al caso di una TV, siano stati pizzicati dal
cronista nel proferire offese della giovane, trovata poi morta ai piedi di un
viadotto, definendola “Quella puttana. È una
zoccola e ora non ce ne possiamo più fottere”.
Un Paese, l’Italia, in
cui la gente non si indigna quando un senatore confessi ai magistrati di
essersi fatto corrompere con tre milioni di euro per far cadere, con il suo
voto, il governo Prodi, della cui maggioranza faceva parte.
Un Paese, l’Italia,
nel quale, mentre milioni di persone soffrono i morsi di una crisi rovinosa,
politici di ogni colore ed ordine possono scialacquare il denaro pubblico in
viaggi di piacere, ricevimenti nuziali, acquisto di profumi e dolciumi,
shopping di mutande verdi e lingerie sexy, senza per questo finire nelle patrie galere.
Un Paese, l’Italia,
dove un governo, quello di Enrico Letta, capitoli non perché sfiduciato dal
Parlamento, ma solo per la arrogante ambizione di Matteo Renzi, appena eletto
segretario di una delle formazioni politiche della cosiddetta maggioranza.
Un Paese, l’Italia, i
cui cittadini non insorgono se il pregiudicato Berlusconi, da oltre 6 mesi condannato
per il reato disonorevole di frode fiscale, e colpito anche dalla interdizione
dai pubblici uffici, invece di essere relegato agli arresti, sia legittimato a
salire al Quirinale per partecipare alle consultazioni promosse dal Capo dello
Stato per la formazione del nuovo governo.
Un Paese, l’Italia,
nel quale è consentito a due formazioni politiche, M5S e Lega, di disdegnare l’invito
del Presidente della Repubblica a partecipare alle consultazioni, non solo violando
le più elementari regole della democrazia, ma anche arrecando pubblica offesa
alla più alta istituzione della Repubblica italiana.
Potrei proseguire nella citazione di eventi e
situazioni da “repubblica delle banane”, ma l’insofferenza e la nausea hanno
raggiunti ormai livelli intollerabili e, quindi, non mi resta che porre fine, almeno per questa sera, alle mie sofferenze di cittadino.
Nessun commento:
Posta un commento