Per molti di noi il
1994 ha segnato il passaggio dalla prima alla seconda repubblica.
Ad altri, invece, ricorda
la discesa in campo di Berlusconi, con Forza Italia, e il suo primo
insediamento a Palazzo Chigi, alleato con Alleanza Nazionale e Lega Nord.
Un primo governo
Berlusconi, dalla vita breve perché sfiduciato dopo soli 252 giorni da Bossi.
L’economia italiana,
nel 1994, beneficiava di un trend positivo, anche se rimanevano irrisolti i
nodi strutturali, dalla disoccupazione agli squilibri tra nord e sud, dalle criticità
della finanza pubblica alle tensioni sui mercati finanziari internazionali.
Il 13 agosto dello
stesso anno, il quotidiano La Stampa
di Torino, pubblicava un’intervista all’allora Presidente dell’Università
Bocconi, Mario Monti.
Nell’intervista si
sollecitava Mario Monti ad esprimere la sua valutazione sulla congiuntura
economica e finanziaria dell’Italia nello scenario internazionale.
Rileggendo oggi quell’intervista,
si evidenziano due osservazioni che, pur a distanza di 19 anni, risultano di
assoluta attualità.
“Non c’è nessun complotto, ma i mercati internazionali
sono preoccupati dal buco della finanza pubblica”.
“Gli italiani saranno comprensivi, ma più si aspetta più i
tagli saranno dolorosi”.
Ora, se qualcuno fosse
caduto in catalessi proprio in quei giorni e, all’improvviso, si risvegliasse
oggi, si renderebbe conto che, dopo 19 anni, le criticità di allora sono ancora
attuali.
Berlusconi è sempre lì,
nelle piazze, a fare l’imbonitore promettendo agli italiani la luna nel pozzo.
La disoccupazione
continua ad essere un’emergenza sociale.
Tra le regioni del nord
e del sud permangono gli squilibri.
La finanza pubblica
continua a preoccupare i mercati internazionali.
È la controprova che
tutti i governi che si sono alternati negli ultimi 20 anni, di destra e di
sinistra, siano stati incapaci di incidere sui gangli strutturali del nostro
Paese, limitandosi a politiche di piccolo cabotaggio per curare i loro meschini
interessi di parte.
Quando nel 1994 Monti
indicava, alla classe politica, la necessità di rimuovere le criticità strutturali,
certamente non avrebbe potuto immaginare
che, 20 anni dopo, con il Paese oramai sull’orlo del default, avrebbero chiesto
a lui di togliere le castagne dal fuoco.
Né Monti avrebbe supposto
che, a dispetto della grave crisi, il Parlamento, preoccupato più dell’avvicinarsi
delle elezioni politiche che di risollevare le sorti del Paese, avrebbe
annacquati i provvedimenti da lui proposti, pur di difendere i meschini
interessi di questa o quella parte.
Quello che è
altrettanto sconcertante, però, ascoltando i dibattiti di questa campagna
elettorale è l’impressione che, a questa specie di politicanti da baraccone,
non interessi far uscire l’Italia dallo stato di crisi in cui si dibatte e
neppure intervenire per adottare, con urgenza, le riforme che pongano rimedio
alle criticità strutturali.
Una campagna elettorale
nella quale si sente parlare solo di possibili alleanze postelettorali, si
fantastica di promesse impraticabili, si scambiano accuse, si alimenta lo
tsunami di un ingannevole populismo.
Nessuno parla di come
affrontare e risolvere i problemi degli italiani e del Paese.
Con
queste premesse, non è difficile intravedere all’orizzonte solo giorni lunghi
ed amari !
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