Avremmo volentieri fatto a meno di apprendere che, agli
sproloqui, noiosi e faziosi, dei molti commentatori politici, si sia accodato anche
Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, per dire la sua sui risultati delle
elezioni siciliane.
Non solo perché sia sempre irritante rilevare come la
chiesa, attraverso i suoi rappresentanti, continui a far finta di non capire
che il suo ruolo sarebbe, se ne fosse capace, la cura delle anime ma non certo la
supervisione del potere temporale.
Andando oltre, però, alle ricorrenti invasioni di campo
compiute da prelati di ogni grado, il citato cardinale ha sentenziato, dopo
poche ore dalla diffusione dei risultati elettorali: “… credo che sia impensabile poter governare col 10% dell’elettorato,
perché si ha bisogno di una partecipazione più ampia”.
Dopo aver osservato che questo prelato, di alto rango,
sembra non saper far di conto, perché Rosario Crocetta, eletto con il 30,9%, ha
ottenuti voti, in pratica dal 14,6% dell’elettorato teorico, c’è da
domandarsi come mai il cardinale Romeo abbia sentito il bisogno di impelagarsi
in affermazioni così cervellotiche.
Forse contrariato perché, dopo il condannato Totò Cuffaro e l'indagato Raffaele Lombardo, sia
stato eletto Rosario Crocetta, da sempre impegnato nella lotta alla mafia ?
O forse, allarmato perché i siciliani hanno tributato il successo ad
un movimento, quello di Grillo, i cui atteggiamenti non sono teneri né compiacenti
nei confronti della Chiesa, e del Vaticano in particolare ?
O forse, indispettito perché al Palazzo dei Normanni non avranno più accesso
alcuni picciotti baciapile, deferenti dell’arcivescovo di Palermo ?
O forse perché, in modo
subdolo, ha voluto suggerire a Crocetta di allearsi con qualche politico vicino
alla curia palermitana ?
Ciò che è per lo meno strano è che, nelle stesse ore, argomentazioni
simili a quelle del cardinale Romeo, fossero oggetto di un articolo, a firma Carlo
Alberto Tregua, pubblicato sul “Quotidiano
di Sicilia”.
Nel suo editoriale, il direttore del “Quotidiano di Sicilia”, oltre a ridimensionare al 7% il risultato
ottenuto dal M5S (con lo stesso metodo di
calcolo approssimativo del cardinale), afferma, a proposito del
futuro di Rosario Crocetta: “Sul momento
nessuna previsione è fattibile, ma la probabilità di rivotare l’anno prossimo è
pari a quella della non riuscita dell’attuale compagine governativa”!
Facili da immaginare i gesti scaramantici ai quali sia
ricorso Crocetta nel leggere questo editoriale.
Le considerazioni, del cardinale Romeo e del direttore
Tregua, sembrano trascurare il vero significato che dovrebbe essere attribuito sia
al dato dell’astensionismo sia al voto al M5S.
Che esista un astensionismo fisiologico, in ogni tornata
elettorale, è innegabile.
Ad allarmare, perciò, dovrebbe essere il fatto che l’astensionismo
sia passato dal 33,2%, delle regionali 2008, al 52,6% delle regionali 2012.
Si tratta del palese segnale di un crescente disgusto, e dissenso, dei siciliani nei
confronti dei partiti tradizionali e del loro modo di fare politica, misurabile
sia con la differenza tra i due dati di astensionismo (19,4%), sia con il voto
conquistato dal M5S.
Perciò, è scorretto e pretestuoso voler minimizzare il
successo di Rosario Crocetta e del M5S, rapportando
i risultati delle regionali 2012 ad un ipotetico elettorato totale che mai e poi mai si
è recato, alle urne, coeso nella sua totalità.
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