lunedì 5 novembre 2012

Perché Sergio Marchionni ha ragione

 
FIAT Group Automobiles (FGA), ed in particolare Sergio Marchionni, da giorni sono oggetto di un implacabile fuoco incrociato di polemiche, censure e condanne, per la vicenda dello stabilimento FIP di Pomigliano.
Poiché non sono un politico, smanioso di mietere consensi, e neppure un sindacalista, succube di condizionamenti ideologici, sono libero di ragionare con la mia testa, fino a poter andare controcorrente.
Per questo, da aziendalista convinto, non posso fare a meno di considerare la vicenda Pomigliano, osservandola, però, dalla prospettiva di chi ha la responsabilità di gestire uno stabilimento produttivo, ed il dovere di realizzare obiettivi di produttività e di contenimento dei costi.
Perciò, se per realizzare i programmi di produzione, assegnati allo stabilimento di Pomigliano, l’organico appropriato è stato quantificato, ad esempio, in 2.300 addetti, ogni incremento di organico, in costanza di volumi da produrre, comprometterebbe gli obiettivi di gestione dello stabilimento.
In parole povere, ogni incremento non necessario degli organici renderebbe più caro, e quindi meno competitivo il “costo per unità prodotta”.
Gli organici da impiegare, infatti, non sono una variabile indipendente dai programmi di produzione e dai relativi carichi di lavoro.
Ne consegue che l’inserimento in fabbrica di 19 addetti, rispettando l’ordinanza della Corte di Appello di Roma, creerebbe un esubero parallelo di 19 unità.
Tra l’altro, a causa della crisi in atto, i programmi di produzione dello stabilimento di Pomigliano sono stati ridotti, e si è reso necessario il ricorso alla cassa integrazione per una parte delle risorse occupate.
Proverò, con un esempio, a chiarire il mio punto di vista.
Immaginiamo che, sulla pista di Malpensa, sia in attesa del decollo un Boeing 777 con a bordo 301 passeggeri, tanti quanti sono i posti effettivi dell’aereo.
I portelloni sono già chiusi, quando la torre di controllo informa il comandante che l’ordinanza di un giudice impone di imbarcare assolutamente un passeggero rimasto a terra.
Che cosa dovrebbe fare il comandante, per rispettare l’ordinanza, se non invitare uno dei passeggeri, già imbarcati, a scendere dall’aereo per cedere il suo posto, che legittimamente occupa, al passeggero indicato dal giudice ?
Per lo stabilimento di Pomigliano il problema, però, è più complesso, anche se, con ipocrisia, sindacalisti e politici fingono di ignorarlo.
I 19 lavoratori, che hanno ottenuta l’ordinanza dalla Corte di Appello di Roma, rappresentano, in realtà, solo la pattuglia avanzata di altri 126 lavoratori che, non appena i primi 19 varcheranno i cancelli dello stabilimento, avranno il diritto di richiedere al Tribunale una nuova identica ordinanza.
Questo è il vero proposito subdolo del sindacato FIOM !
Per questo, se oggi la FIAT, rispettando l’ordinanza, desistesse dall'avviare la procedura di mobilità per 19 risorse, al momento occupate a Pomigliano, nel giro di qualche settimana si ritroverebbe a fare i conti con un esubero di organico non più di 19, bensì di 145 unità !
L’idea, cara ai sindacalisti, di considerare gli organici, ed il relativo costo del lavoro, una variabile ininfluente su produttività e redditività delle imprese, è riuscita ad acutizzare, negli anni, la non competitività delle aziende a partecipazione statale, ed è stata causa della smisurata crescita dei costi della pubblica amministrazione; costi che tutti i contribuenti italiani, senza rendersene conto, continuano a sobbarcarsi.
Pensare di imporre anche alle imprese private, questa scellerata ideologia, significherebbe incentivare la delocalizzazione delle produzioni e predisporre il funerale dei comparti produttivi nazionali.
Good luck, Fabbrica Italia !

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi fa piacereeeee.....pensavo di essere l'unica contro corrente.....barbara....