Il Premio Nobel Dario Fo, nel corso di un’intervista
rilasciata a Lilli Gruber, ha dichiarato che il cofondatore del M5S, Gianroberto
Casaleggio, è una persona timida, riflessiva, intelligente e dotato di visione
strategica.
Non avendo il piacere di conoscere Casaleggio non posso che
fidarmi del giudizio, espresso da Dario Fo, per lasciarmi andare a qualche
riflessione su come il personaggio stia già incidendo sullo scenario politico, e
su come lo farà ancora in futuro.
So che qualsiasi ipotesi potrebbe sembrare solo fantapolitica,
ma se è vero, come afferma Dario Fo, che Casaleggio è riflessivo, intelligente
e dotato di visione strategica, è lecito supporre che nella sua mente stia elaborando
gli eventi per dedurne le scelte più favorevoli al M5S.
Il primo evento è senza dubbio il successo elettorale del
M5S che, forse, potrebbe aver sorpresi anche Grillo e lo stesso Casaleggio.
Un successo che potrà essere rinvigorito solo se M5S saprà
mettere in cascina quanti più risultati possibili, per appagare le aspettative
dei suoi oltre 8 milioni di elettori.
Se i risultati fossero inferiori alle attese, infatti, il
M5S rischierebbe di provocare la delusione in buona parte del suo elettorato.
Il secondo evento è il rischio d’ingovernabilità che i partiti,
PD e PdL, potrebbero sfruttare per emarginare il M5S e dimostrarne l’inconsistenza
politica.
Il terzo evento è il PD che, oltre a poter contare solo sulla
maggioranza di seggi alla Camera, è dilaniato al suo interno da vivaci contrasti
sulle decisioni di Bersani il quale, a sua volta, con il passare delle ore
appare sempre più indeciso ed in difficoltà.
Il quarto evento è la risolutezza con cui il PdL tenta di
non farsi tagliare fuori dai giochi, per evitare che l’approvazione di leggi, quali
il conflitto d’interessi, l’anticorruzione, le frequenze TV, il falso in bilancio,
etc., possano nuocere agli interessi personali di Berlusconi.
Ora, lo stratega Casaleggio dopo aver analizzate e valutate
tutte le variabili di questo complesso scenario, difficilmente suggerirebbe una
strategia aventiniana, perché il M5S rischierebbe lo scacco matto.
Peraltro, c’è un quinto evento di cui non si può non tener
conto nel considerare il complesso scenario.
Beppe Grillo continua a sproloquiare a ruota libera e, con
il suo modo barricadiero, a sputare veleni ed insulti su tutti; guarda caso, però,
accanendosi in particolare proprio contro Bersani.
Gatta ci cova ?
Molto probabilmente si, e mi sembra di cogliere alcuni
segnali.
Da un lato c’è l’invito rivolto, da Dario Fo, a Grillo perché
si accordi con il PD, dall’altro c’è l’orchestrato appello, di migliaia di
grillini, a sostenere un governo PD, ed infine c’è una petizione lanciata da
una militante grillina, per sollecitare Grillo a dare la fiducia al PD, petizione
che, in poche ore, ha raccolte più di 30 mila firme.
Già, ma a che pro tutta questa manfrina ?
Suppongo che potrebbero essere due gli obiettivi di queste
manovre.
Il primo intento potrebbe essere di permettere a Grillo una
marcia indietro con applausi, cioè consentirgli di testimoniare la sua
fedeltà all’idea di democrazia popolare accogliendo le istanze espresse dalla
base M5S.
Il secondo intento potrebbe essere di far sì che Grillo si
pronunci per il sostegno al PD in Senato a condizione, però, che Bersani si faccia
da parte e che il PD proponga, come capo del governo, altro nome quale, ad
esempio, quello del quarantasettenne Enrico Letta.
L’esclusione di Bersani, ritenuto responsabile di aver
dilapidato in un mese il vantaggio di 10 punti, sarebbe gradita a molti esponenti
PD.
Enrico Letta, già segretario del Governo Prodi, è personaggio
molto ben visto da Romano Prodi, il quale, guarda caso, avrebbe già avuti i
primi colloqui telefonici con Casaleggio.
A questo punto, qualora queste riflessioni non risultassero
solo fantapolitica ma indovinassero la possibile strategia di Casaleggio, ne scaturirebbe
che:
- il PD avrebbe via libera per formare il governo, e relegare il PdL all’opposizione;
- il M5S avrebbe l’opportunità reale, in pochi mesi, di regalare ai suoi elettori il dimezzamento del numero di parlamentari, la cancellazione del finanziamento pubblico, la nuova legge elettorale, la riduzione di stipendi e pensioni d’oro, una severa norma anticorruzione, etc. etc.
Se tutto ciò avvenisse però
resterebbe da chiedersi: ma che fine farebbero PD e PdL se, dopo dodici mesi,
si tornasse alle urne ?
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