mercoledì 6 marzo 2013

Infantilismo politico di Bersani


È trascorsa una settimana da quando le urne hanno emesso il loro responso e lo scenario politico appare confuso ed in apparenza senza sbocchi.
Ho l’impressione di vivere in un caos dal quale sarà difficile tirarsi fuori.
L’unica formazione che può dirsi soddisfatta, perché uscita vincitrice dalle elezioni, il M5S, pensa di ritirarsi sull’Aventino nell’attesa che si ritorni quanto prima alle urne.
Credo che si tratti di un’opzione tattica per far emergere, in tutta la sua drammaticità, l’inettitudine del sistema partitico tradizionale.
Eppure, PD e PdL sembrano non rendersi ancora conto dello smottamento che ha travolto la dicotomia partitica, e seguitano a giocare con un mazzo di carte fuoricorso e senza valore, incuranti della grave situazione in cui si trova il Paese.
Lo scenario è cambiato, e molto, ma i vecchi partiti si ostinano a ragionare con logiche superate.  
La contrapposizione destra - sinistra è ormai un reperto archeologico che, solo Bersani e la nomenklatura del PD, non riescono a metabolizzare.
Infatti, l’apparato del PD ha pensato bene di segare Matteo Renzi alle primarie, di mettersi a rimorchio di Fassina e Camusso e, con furore masochistico, di avvinghiarsi a Vendola in una coalizione priva di appeal elettorale.
L’intellighenzia PD non ha voluto capire che la scelta di Matteo Renzi sarebbe stato non solo un segnale forte e chiaro di rinnovamento, per attrarre gli elettori desiderosi di novità, ma avrebbe costretto Berlusconi a farsi da parte.
E realisticamente, nel match tra Renzi ed Alfano, il fiorentino avrebbe vinto per KO alla prima ripresa !
Invece il vecchio apparato PD si è preoccupato solo di mettersi al sicuro, puntando su Bersani che non rappresenta nulla di nuovo.
Le primarie non le ha vinte Bersani ma l’apparato del PD anche ingarbugliando le regole.
E così il PD è riuscito ad essere il vincitore perdente delle elezioni.
In un paese normale, il giorno dopo un così clamoroso fallimento il segretario del partito avrebbe avuto il buon gusto di dimettersi.
Bersani no, non solo non si è dimesso, ma si comporta, invece, come un bambino isterico che nasconde il pallone perché nessuno giochi.
Solo che il pallone del premierato lo hanno sgonfiato gli elettori ed anche per Bersani sarà impossibile giocarci.
Il suo incaponirsi sulla strada di Palazzo Chigi avrà come prima conseguenza quella di indurre il Capo dello Stato a conferirgli solo un semplice ed inutile mandato esplorativo ma, soprattutto, causerà l'inevitabile procrastinare  dei tempi necessari per trovare una soluzione alla crisi politica, con le reazioni negative, oggi imprevedibili, da parte dei mercati internazionali.
Non solo, ma Bersani ha la spudoratezza di pretendere che, nel caso si dovesse tornare alle urne, sia ancora lui il candidato premier.
Annebbiato dalla smania di fare il premier, anche se solo per un giorno, Bersani con la sua ossessione rischia non solo di portare il partito al tracollo, ma di provocare danni irreparabili al Paese, sotto lo sguardo gongolante ed irresponsabile di Grillo e Casaleggio.

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