Nella omelia pronunciata da Papa Francesco in occasione della cerimonia d’intronizzazione
sul soglio pontificio, ricorrono alcune espressioni che indicano, secondo me, l’impronta
che il Pontefice intende dare al suo pontificato.
Mi riferisco, in
particolare, ai concetti di “misericordia”,
“tenerezza”, “il potere è servire i deboli”, “custodire
il creato”.
Messaggi indirizzati
non solo al popolo dei fedeli che gremiva Piazza San Pietro ma prima di tutto,
credo, ai tanti capi di stato e di governo presenti alla cerimonia.
D’altra parte, è
apparso evidente, fin dai primi momenti del suo pontificato, che Papa Francesco
abbia la consapevole volontà di rinnovare lo spirito ed il modo di porsi, della
Chiesa Cattolica, nei confronti del sociale e dei più umili e poveri.
Peraltro, ai temi sociali
hanno rivolta sempre molta attenzione i padri gesuiti, ordine al quale
appartiene Jorge Mario Bergoglio che, anche da Papa, ha voluto conservare il suo
stemma cardinalizio nel quale campeggia, appunto, il sole raggiante e
fiammeggiante, sovrapposto dalle lettere IHS, simbolo dei gesuiti.
Chi ha avuto modo di
conoscere Jorge Mario Bergoglio negli anni del suo episcopato a Buenos Aires riconosce
assoluta linearità tra il suo operato in Argentina e questi primi gesti da
Pontefice.
Pur non essendo né un
vaticanista né uno studioso delle vite dei Pontefici, credo però di riconoscere
in Papa Francesco anche lo stesso desiderio di revisionismo che ha animati i 33
giorni del pontificato di Giovanni Paolo I, anche noto come Papa Luciani.
Sicuramente si tratta
di due personalità molto diverse, anche caratterialmente, accomunate però dall’amabilità
del loro sorriso.
Eletti entrambi a
dispetto di ogni previsione, come Papa Luciani anche Papa Francesco si trova a
dover fare i conti con un ambiente curiale non certo bendisposto nei confronti
della sua volontà di cambiamento e di moralizzazione.
Papa Luciani, infatti,
si batteva per il ritorno della Chiesa alla povertà evangelica, era contrario
ad uno I.O.R. attivo nei mercati finanziari internazionali, aveva manifestata l’intenzione
di devolvere ai poveri gran parte degli introiti curiali e di utilizzare le
ricchezze vaticane per realizzare opere a favore dei più bisognosi.
Il suo progetto di
trasformare lo I.O.R. in una banca etica andava a sbattere contro l’egemonia dell’arcivescovo
americano Paul Marcinkus, potente ed incontrastato gestore delle finanze
vaticane.
Ma anche altri propositi
di cambiamento di Giovanni Paoli I non erano graditi alle gerarchie della Curia
romana, dalla sua intenzione di nominare cardinali alcuni vescovi africani, asiatici
e del sud america, all’apertura alle donne della realtà ecclesiale, fino a nutrire
l’idea di una “maternità responsabile”.
Nonostante siano
trascorsi 35 anni dalla morte di Papa Luciani, i suoi propositi, di
moralizzazione e cambiamento, sono rimasti lettera morta sia per l’atavico immobilismo
della Chiesa Cattolica sia, soprattutto, per la caparbia difesa del potere
acquisito e consolidatosi, attraverso decenni, dai membri della Curia romana.
Spetterà, quindi, a
Papa Francesco riprenderne il filo del rinnovamento e cercare di cambiare la
Chiesa con la stessa attenzione per i poveri che già aveva Papa Luciani.
Dopo aver tentato di trovare
una consonanza tra questi due Pontefici progressisti, mi auguro sinceramente,
però, che Padre Amorth, il più famoso esorcista, si sbagli quando, parlando di
Papa Francesco, dice: “temo che faccia la
fine di Papa Luciani”.
Per questo è categorico che
concluda queste righe augurando lunga vita a Papa Francesco !
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