L’azione del Governo Letta sta dando prova, anche ai più distratti, di essere ostaggio degli umori di Berlusconi e dei suoi zerbini.
È bastato che la Consulta confermasse, con una sentenza, quanto era prevedibile anche dai più sprovveduti, perché il vice presidente del consiglio, Angelino Alfano, fosse richiamato all’ordine dal padrone del PdL e minacciasse la caduta del governo, di cui lui stesso fa parte, se non si metterà mano alla realizzazione del programma.
Ma di quale programma si sta parlando?
Di quello, sul quale Letta ha ottenuta la fiducia dal Parlamento, che poneva al primo posto “la questione lavoro” ed indicava, come priorità: riduzione delle tasse sul lavoro, incentivi per l’occupazione giovanile, politiche per la ripresa economica, pagamento alle imprese dei debiti della pubblica amministrazione, moralizzazione della vita pubblica e lotta alla corruzione, etc. etc.?
Oppure del programma elettorale del PdL che ha perse le elezioni? Un programma elettorale che ha sparate a vanvera promesse mistificatorie, non realizzabili perché prive di copertura adeguata?
L’ambiguità c’è ed è esistenziale, non per la durata del governo, che mi sembra un aspetto assolutamente marginale, ma per la vita degli italiani, in particolare dei milioni di disoccupati, precari, cassaintegrati, pensionati, che sono le autentiche vittime, prostrate da una crisi che sembra non aver fine.
Un’ambiguità, però, che non è di questi giorni, ma è nata congiuntamente al “governo delle larghe intese”.
È possibile che Giorgio Napolitano, una persona di provata esperienza politica, sia caduto, in buona fede, nella trappola tesagli da Berlusconi?
È possibile che il Capo dello Stato non sia stato sfiorato, neppure per un attimo, dal dubbio che il Cavaliere, uscito sconfitto dalle urne, cercasse solo di mettere le mani sulla formazione di un governo per condizionarne l’azione a suo personale vantaggio?
È possibile che Giorgio Napolitano non abbia previsti i guai che, al “governo delle larghe intese”, avrebbero create le pendenze giudiziarie di Berlusconi?
È possibile che il Presidente della Repubblica sia stato così ingenuo da prestar fede alle parole ipocrite di Berlusconi, che si diceva pronto a sostenere il “governo delle larghe intese” solo per il bene del Paese?
Ebbene no, non è credibile!
Sono domande alle quali qualunque persona di buon senso non potrebbe che rispondere con una sfilza di no!
La conseguenza è che, dopo due mesi dall’insediamento del governo, gli italiani, quelli che soffrono, non hanno ancora visto neppure un accenno, neppure una traccia delle priorità d’intervento per le quali Enrico Letta si era impegnato nel suo discorso programmatico.
La stessa scala delle priorità è diventata una scala mobile … in base agli umori di giornata del PdL.
Così, in concreto gli italiani non intravedono ancora nessuna possibilità di miglioramento, ma solo annunci, rinvii e speranze.
Mentre Berlusconi si è portato a casa perlomeno il rinvio dell’acconto IMU sul quale, con furbizia, ha ricamato il panegirico del suo successo.
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L’ambiguità, però, non è una prerogativa esclusiva della politica italiana.
Da quasi un mese, ormai, in Turchia il primo ministro Recep Tayyp Erdogan avversa con durezza le manifestazioni di milioni di giovani turchi, scesi in piazza in tutte le città del paese con propositi non violenti, come riferiscono osservatori internazionali.
Le squadre antisommossa, invece, fanno un uso sproporzionato della forza, sparando lacrimogeni ad altezza uomo ed impiegando idranti “arricchiti” di sostanze urticanti.
Il bilancio, ad oggi, è di 6 morti, oltre 4000 feriti, 900 persone fermate tra cui medici ed avvocati che assistevano i manifestanti.
Comportamenti antidemocratici ed al limite della legalità, ma …
Ma la Turchia è membro della NATO ed è aspirante membro dell’UE, per cui la comunità internazionale fa mostra di molta esitazione nel condannare il signor Erdogan, il quale ne approfitta e, di fronte ad un’impacciata censura del Parlamento di Strasburgo ha dichiarato: “Non riconosco il parlamento dell’Unione Europea”.
Per essere il Primo Ministro di un Paese candidato a far parte dell'UE ... una dichiarazione da incorniciare!
L’ambiguità della comunità internazionale si ritrova però anche nelle parole del nostro ministro degli esteri, Emma Bonino che, intervenendo alla Camera, dopo aver scoperto, con un lampo di genio, che “piazza Taksim non è piazza Tahrir, ed i turchi non sono arabi”, si è guardata bene da pronunciare anche una sola parola di condanna delle violenze di Erdogan, mentre se l’è presa con Bruxelles per aver rinviata l’ammissione della Turchia all’UE.
Sta a vedere che l’acuta Emma Bonino è convinta che, se la Turchia fosse già membro dell’UE, il signor Erdogan, invece di lacrimogeni e getti urticanti, contro i chapulling farebbe sparare cioccolatini e caramelle!
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