Nel 2009, dopo che il Governo Berlusconi, in 12 mesi, era riuscito nell’impresa di portare il rapporto “debito / PIL” dal 103,6% del gennaio 2008, al 116%, l’UE aprì la “procedura d’infrazione per deficit eccessivo” nei confronti dell’Italia.
Da quel momento aumentarono le difficoltà per il nostro Paese, acuite anche dalla crisi economica internazionale.
Per rientrare nei parametri europei il governo Berlusconi sottoscrisse impegni che, però, non fu capace di rispettare.
Non solo, ma il governo, impegnato nel contrastare i guai giudiziari del premier, e posseduto dal furore di scialacquare denaro pubblico, proseguì nella scellerata crescita del rapporto “debito / PIL”, portandolo al 118,6%, nel 2010, ed al 120,1%, nel 2011.
Fu, a quel punto, che intervenne la BCE, con la ormai celebre missiva del 4 agosto 2011, per dettare al Governo Berlusconi gli interventi urgenti da attuare e le tassative scadenze entro cui realizzarli.
Una lettera alla quale Berlusconi non attribuì molto credito se, attorniato da fedelissimi zerbini e da avvenenti olgettine, continuò a negare che in Italia ci fosse una crisi.
Arrivò perfino a suscitare il sarcasmo internazionale quando, al termine del G20 di Cannes, in conferenza stampa ebbe la faccia tosta di dichiarare: “gli italiani vivono in un Paese benestante. I consumi non sono diminuiti, i ristoranti sono pieni, …”.
Era il 4 novembre 2011, dopo 8 giorni però, resosi conto di non essere all'altezza di rispettare gli impegni presi con l’UE, Berlusconi se la dava a gambe da Palazzo Chigi, rassegnando le dimissioni.
La fatale conseguenza fu che, per onorare gli impegni presi da Berlusconi con l’UE, tra dicembre 2011 e dicembre 2012 gli italiani si sono dovuti accollare le manovre lacrime e sangue del Governo Monti.
Alla fine, con i loro sacrifici gli italiani si sono meritata la chiusura della procedura d’infrazione, ed hanno riportata l’Italia tra i “paesi virtuosi”.
Questa lunga premessa era opportuna per comprendere quanto sia presente il rischio di ricaduta che sta correndo il nostro Paese, in queste settimane.
Infatti, chiudendo la procedura d’infrazione, la Commissione Europea e la BCE a chiare lettere hanno detto che l’Italia resta, comunque, “sorvegliata speciale”, e che dietro l’angolo potrebbe esserci il pericolo di una nuova procedura d’infrazione qualora il rapporto “deficit / PIL” dovesse sfondare nuovamente il tetto del 3%.
Questa volta gli effetti per il nostro Paese sarebbero ancora più dolorosi.
Per questo, al Governo Letta si richiedono equilibrio e buon senso nell’usare le scarse risorse disponibili per fronteggiare le vere priorità imposte dalla difficile situazione economica.
Purtroppo, però, nella sua compagine governativa è presente anche la cultura scialacquona del PdL, che gli italiani hanno già pagata molto cara sulla loro pelle.
Ecco perché, quando il vice presidente del consiglio, Angelino Alfano, arriva a dichiarare che l’abolizione dell’IMU “non è un capriccio ma è la bandiera del PdL”, conferma che a lui, a Brunetta, a Cicchitto, a Schifani, e naturalmente a Berlusconi, non interessa assolutamente nulla di affrontare le vere urgenze del Paese, dall’occupazione giovanile alla ripresa dei consumi, dalla riduzione del cuneo fiscale al rilancio delle piccole e medie imprese.
Sicuramente Grillo, con il suo linguaggio colorito saprebbe suggerire ad Alfano dove piazzarsi la bandiera.
È evidente che per Alfano & Co. le fanfaronate elettorali abbiano priorità sui bisogni reali degli italiani, soprattutto se, in casa PdL, si sta già tramando di far saltare il banco e tornare alle urne in autunno.
E' chiaro, altresì, che della scarsità di risorse disponibili l’ortodossa cultura berlusconiana se ne freghi, perché nel suo DNA c'è la inclinazione a mandare a carte quarantotto i conti pubblici.
D'altra parte, di fronte ad un nuovo sfacelo il PdL è convinto che si possa sempre reclutare un altro pompiere al quale affidare l’ingrato compito di spegnere l’incendio facendo soffrire gli italiani.
Il problema della mancanza di risorse riguarda anche la cancellazione dell’aumento dell’IVA, così, di fronte all’obiezione “non ci sono risorse”, un sempre più scriteriato Brunetta ha risposto con la consueta superficialità: “… ma toccherà a Letta trovare i soldi per la copertura”.
Perbacco, che risposta geniale!
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