Non so perché, ma dell’incontro che il Presidente della Repubblica ha voluto avere, ieri al Quirinale, con Silvio Berlusconi c’è qualcosa che non mi quadra.
- Perché, a sole quarantotto ore dalla sentenza emessa dal Tribunale di Milano per il “processo Ruby”, Giorgio Napolitano ha sentito il bisogno di invitare al Colle Berlusconi per avere un colloquio con lui?
- Perché, non lo aveva incontrato, invece, una settimana prima, quando Berlusconi ed i suoi zerbini lo accusavano di non essere intervenuto sui giudici della Consulta per evitare che respingessero il ricorso sul legittimo impedimento?
- Come mai il Quirinale, dopo il colloquio ha ritenuto opportuno affrettarsi a pubblicare una nota solo per dichiarare il “netto orientamento” di Berlusconi a “confermare il sostegno suo e del PdL” al Governo Letta?
- Ed ancora, come mai Angelino Alfano, ospite di “Porta a Porta”, si è sentito in dovere di precisare (excusatio non petita … accusatio manifesta!) che Berlusconi nell’incontro con il Capo dello Stato “non aveva nessuna richiesta da fare”?
Boh … spero proprio di sbagliare a pensar male!
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Siccome non sono un premio Nobel per l’economia, e neppure titolare di una cattedra presso la prestigiosa università di Harvard, sono stato assalito da mille dubbi ascoltando le parole di Enrico Letta, alla Camera, a proposito del “decreto occupazione”,.
In base a quali elementi Letta ha potuto affermare: “è un intervento significativo … servirà ad assumere in 18 mesi 200 mila giovani con una intensità maggiore nel centro Sud”?
Perché possano essere assunti 200 mila giovani, è imprescindibile che esistano 200 mila posti di lavoro disponibili e scoperti.
La realtà, però, è che da mesi, ogni giorno, ci sono imprese che cessano la loro attività e che, di conseguenza, cancellano posti di lavoro.
Ormai da quindici mesi ininterrotti, i dati ISTAT registrano implacabilmente un calo sia del fatturato che del portafoglio ordini delle imprese.
Mi sembra lapalissiano, quindi, che se calano sia il fatturato che il portafoglio ordini, i programmi produttivi si contraggano e la loro riduzione provochi un esubero dei posti di lavoro esistenti, creando disoccupazione e non occupazione.
Perciò mi sono posta qualche domanda.
- Prima domanda: a cosa serve incentivare le assunzioni se, di fatto, quello che manca è il lavoro?
- Seconda domanda: non sarebbe prioritario, or dunque, che il governo si preoccupasse di aumentare la domanda di beni e servizi, per generare lavoro?
- Terza domanda: per stimolare l’aumento della domanda non sarebbe indispensabile e prioritario dare maggiori disponibilità economiche ai potenziali consumatori?
Può darsi che la mia sia una logica troppo sempliciotta e banale, ma se operai, impiegati e pensionati avessero maggiori risorse da spendere, ad esempio grazie alla riduzione del cuneo fiscale, aumenterebbe la loro domanda, di beni e servizi, per soddisfare la quale sarebbe necessario incrementare i programmi produttivi e, di conseguenza, creare nuovi posti di lavoro.
Per questo, ipotizzare l’assunzione di 200 mila giovani, solo grazie ad incentivi, mi sembra proprio una bufala!
Salvo che Letta non congetturi, in modo diabolico, che, invogliate da incentivi che rendono meno costoso il lavoro dei giovani, le imprese decidano di assumere 200 mila giovani in sostituzione di 200 mila occupati, il cui lavoro ha un costo più elevato.
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