Domenica
sera, Fabio Fazio ha ospitato, in TV, Mario Monti, Presidente del Consiglio dimissionario
che però, da oltre 4 mesi è obbligato a restare ancora a Palazzo Chigi, a causa
dell’attuale stallo politico.
Pur
presidiando un governo dimissionario ma non sfiduciato, l’azione dei ministri è
circoscritta alla sola gestione degli affari correnti senza alcun potere,
quindi, per fare scelte propositive che affrontino i veri problemi che tormentano
il Paese.
Un’assurdità
tutta italiana.
Ma
torniamo all’intervista rilasciata domenica sera.
La
curiosità di Fazio Fazio, e non solo sua, era di comprendere se fossero fondate
le notizie giornalistiche che rivelavano la volontà di Monti di abbandonare la
politica, lasciando così orfana la formazione Scelta Civica, da lui creata a
fine dicembre dello scorso anno.
Dalle
risposte di Monti si è potuto capire, unicamente, che a lui non interessi
essere né presidente né segretario di Scelta Civica, ma che intenda, comunque,
continuare a fare politica per stimolare il partito a proseguire sulla strada
delle riforme.
Se
ho ben compreso, quindi, Scelta Civica, al momento, sarebbe una formazione
politica, oltre che in attesa di organizzarsi, anche acefala, pur se presente
in Parlamento con deputati e senatori.
Mi
fa sorridere e trovo insolito che un partito possa darsi da fare, anche se privo
di presidente e segretario, mentre “notti
dei lunghi coltelli” tormentano sia PD che Lega, scosse proprio da lotte intestine
per l’occupazione delle posizioni di vertice.
Prima
o poi, comunque, anche Scelta Civica riconoscerà l’esigenza di darsi un’organizzazione
e di eleggere sia il presidente che il segretario.
Nel
corso dell’intervista, tuttavia, rispondendo a Fazio, Mario Monti ha citati,
come esempio, due partiti che hanno fatto la storia della cosiddetta prima
repubblica, il Partito Liberale ed il Partito Repubblicano.
Un
flashback che, rispedendomi indietro con la memoria, mi ha consentito di
riflettere su come, dopo la prima repubblica, si sia degradato il modo di
intendere e fare politica.
Personaggi
come Ugo La Malfa, Giovanni Spadolini, Giovanni Malagodi, Enrico Berlinguer,
Valerio Zanone, Aldo Moro, Amintore Fanfani, Giorgio Almirante, per citarne
alcuni, nello scenario politico di oggi si sentirebbero come pesci fuor d’acqua.
Non
solo per la concezione che loro avevano dell’impegno politico ma, soprattutto, per
l’attenzione che ponevano ai problemi del Paese.
Per
carità, non voglio dire che loro non avessero scheletri negli armadi, come ha poi
rivelato “mani pulite”, però al loro confronto i politici di oggi sembrano poco
più che ladri di gallina preoccupati solo del loro tornaconto personale.
E
cosa dire, poi, delle modalità con cui gestivano la comunicazione politica?
Argomentavano,
comprovavano le loro affermazioni con dati e ragionamenti, avvertivano il
dovere di dimostrare e spiegare ogni proposta.
Era
una forma di comunicazione finalizzata a raggiungere le menti degli elettori e
non le loro pance.
Credo
che se oggi, qualcuno di queste personalità fosse costretto ad assistere ad una
concione sparaballe di Berlusconi, o ad un turpiloquio di Beppe Grillo, abbandonerebbe
sconvolto lo studio televisivo, con le mani nei capelli.
Cercare di giustificare banalmente con “ma i tempi sono cambiati”, sarebbe come affermare che noi italiani, una volta fossimo capaci di ragionare e giudicare, mentre oggi ci siamo ridotti ad essere creduloni imbesuiti.
Cercare di giustificare banalmente con “ma i tempi sono cambiati”, sarebbe come affermare che noi italiani, una volta fossimo capaci di ragionare e giudicare, mentre oggi ci siamo ridotti ad essere creduloni imbesuiti.
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