Osservando questo enigmatico
stallo dello scenario politico, ad oltre un mese dalle elezioni, mentre gli
italiani si struggono tra mille difficoltà, ho come la sensazione che il Paese
sia seduto sul cratere di un vulcano che, da un momento all’altro, possa deflagrare
con una eruzione epocale.
Con il trascorrere dei
giorni mi sono convinto che, nelle viscere di questo stallo, si
dimenino manovre ed armeggi destinati a mettere a soqquadro quel panorama
politico con il quale ci rapportiamo da anni.
È possibile che io sia
affetto da dietrologia ma mi appare evidente che stiamo vivendo giorni di una incertezza
così irreale da non convincere.
Partirei da un dato di
fatto: le urne hanno indicato che la sola contrapposizione tra berlusconismo ed
antiberlusconismo, che ha caratterizzati gli ultimi venti anni, non ha più
ragione di essere, nonostante i rigurgiti di alcune pulsioni nostalgiche che
ancora resistono.
Infatti, i due
principali antagonisti di questi anni, Bersani e Berlusconi, sono arrivati al
capolinea, dove ad attenderli hanno trovato Beppe Grillo con il suo M5S.
Nel PD, la vittoriosa
sconfitta di Bersani, alle elezioni, e la sua ottusa insistenza nel volere Palazzo
Chigi, hanno rinvigoriti i contrasti che si annidavano, da tempo, sotto la cortina
di un apparente armonia.
È di ieri la notizia
che un gruppo di senatori PD ha presentata una proposta di legge per l’abolizione
dei rimborsi elettorali, in aperto contrasto con l’orientamento della segreteria
del partito.
Una prova provata che nel
PD siano sempre meno gli sponsor di un governo Bersani.
Così, mentre il PD si lacera,
il rottamatore fiorentino, tenutosi alla larga dalle beghe interne, continua a scaldare
i motori per essere pronto ad entrare in pista non appena le condizioni fossero
propizie, ad esempio, con il ritorno alle urne tra qualche mese.
Ho l’impressione che, nella
testa di Renzi, si sia consolidato il progetto di un PD, o di un altro soggetto
politico, capace di navigare con la prua al centro per proporre, a tutti gli
elettori moderati, un’offerta riformatrice che vada oltre le arcaiche barriere
di destra e sinistra.
Un progetto inaccettabile
dalle correnti PD, più orientate a sinistra, con le quali Renzi avrebbe
difficoltà a dialogare.
È appunto per questo che Renzi strizzerà l’occhio anche agli elettori di Scelta Civica il cui leader, dopo
aver misurata sulla propria pelle l’asprezza del confronto politico, oggi non
veda l’ora di concludere il mandato di governo per rivolgere i suoi interessi
altrove, forse verso un incarico di prestigio a Bruxelles.
Non ritengo casuale
che a Renzi sia giunto l’endorsement
da Italia Futura, una componente di
Scelta Civica.
Sul fronte opposto, invece,
il futuro del PdL è inscindibilmente legato alla sorte di Berlusconi.
Se l’evoluzione del
quadro politico non permettesse a Berlusconi di ottenere un salvacondotto per
le sue pendenze giudiziarie, e se la Corte di Cassazione dovesse respingere l’istanza
di ricusazione dei giudici di Milano, i processi andranno a sentenza.
Oltretutto, se il
futuro governo dovesse, ad esempio, mettere in agenda una legge sul conflitto d’interessi
e norme sulla non eleggibilità, la carriera politica di Berlusconi si
concluderebbe anche senza le condanne.
Per questo, le due sole
opzioni elaborate dai consigli di guerra, riunitisi ad Arcore, prevedono o la
partecipazione del PdL ad un governo di larghe intese, così da inibire ogni
progetto legge che possa danneggiare Berlusconi, oppure il ricorso immediato
alle urne, oltre che per prevenire la nascita di un governo “ostile”, anche per impedire che, in
regime di prorogatio del governo
Monti, arrivino in Parlamento proposte di legge sgradevoli.
Una nuova campagna
elettorale, inoltre, aiuterebbe a bloccare i processi sommergendoli con
valanghe di legittimi impedimenti.
L’opzione del ricorso
immediato alle urne è, senza dubbio, quella preferita da Berlusconi, oltre che
per i motivi citati anche perché nuocerebbe al suo competitor più temuto,
Matteo Renzi.
Come scheggia
impazzita, infine, si muove il grillodipendente
M5S con azioni del tutto imprevedibili.
È presumibile che
Beppe Grillo non veda di buon occhio il ritorno immediato alle urne, perché si
presenterebbe agli elettori con il carniere vuoto, dovendo giustificare come, pur
con 163 parlamentari, non sia riuscito a portare a casa nessuna delle mille
promesse sbraitate sulle piazze.
Pur preoccupato per il
pericolo di perdere parte dei consensi, a causa del nulla di fatto da parte di
M5S, Grillo teme però di farsi omologare dal sistema, e per questo costringerà
M5S a proseguire nello sterile isolamento, fino a quando il potente pupazzaro che
lo manovra non gli ordini nuove mosse da fare.
Ha da passà ‘a nuttata … anche questa volta per il nostro Paese !
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